Tonsillectomia?

Buonasera Dott.ssa,
sono Gloria, la mamma di Lorenzo.
Questa è la terza lettera che le scrivo e sono sempre più confusa.
Lorenzo ha 3 anni e mezzo e continua ad ammalarsi da quando aveva pochi mesi: febbre alta periodicamente e sempre tantissimo catarro che finisce in broncopolmonite.
Abbiamo fatto moltissime cose (come le ho già raccontato nella prima email) per capire quale sia la causa, ma non arriviamo mai a nulla.
A settembre è stato ricoverato nel reparto d’immunologia pediatrica di Brescia, dove prima di fare ulteriori indagini ci hanno consigliato di togliere le tonsille diagnosticando una PFAPA.
Ci hanno detto che probabilmente l’intervento non sarà risolutorio, ma il tentativo è doveroso.
Ora siamo in lista urgente per l’intervento ma i tempi a Brescia sono lunghissimi. Nel frattempo (su consiglio della specialista che ci ha seguito a Brescia) siamo stati da 2 specialisti in ORL della nostra città perchè l’operazione fatta a Verona ci sarebbe sicuramente più comoda, entrambi hanno sconsigliato l’intervento e non hanno quindi accettato di operarlo.
Noi siamo molto titubanti, incerti e confusi.
Siamo stanchi di vedere Lorenzo stare male e girare per ospedali inutilmente, ma non vogliamo sottoporlo ad una inutile tortura.
Lei ha qualche idea in proposito?
Grazie, Gloria.

In caso di PFAPA accertata – febbre periodica con faringite aftosa e adenopatia cervicale – l’esperienza dice che in circa l’80% dei casi, benché la malattia non sia dovuta alla presenza di batteri patogeni nelle tonsille, la tonsillectomia è in grado di ridurre in modo significativo se non annullare del tutto gli episodi febbrili ricorrenti. Però si tratta di una constatazione empirica, visto che le tonsille non sono infette e che, comunque, tale sindrome sarebbe destinata comunque a scomparire attorno all’età scolare senza bisogno di eliminare le tonsille.

In realtà le linee guida del Ministero della Salute non hanno ancora avvallato l’intervento di tonsillectomia come rimedio agli episodi febbrili ricorrenti. Pertanto, il dilemma se togliere o meno le tonsille in caso di pfapa continua a prestarsi ad opinioni diverse e discordanti e la decisione di intervenire chirurgicamente, riflettendo maggiormente, si dovrebbe limitare ad alcuni casi specifici, in particolare ai casi in cui gli episodi febbrili del bambino sono piuttosto gravi e soprattutto con una sintomatologia mal gestibile in famiglia per i più svariati motivi come, per esempio, bambino che appare molto sofferente quando ha la febbre, genitori che per impegni di lavoro o situazioni famigliari o culturali particolari non riescono a gestire convenientemente questi episodi ricorrenti del loro figlio o quant’altro. La decisione se intervenire o meno, quindi, non è dell’otorino, in quanto l’otorino, rendendosi conto che il bambino con FPAPA non ha tonsille malate o cronicamente infette ma solo tonsille che si ingrossano molto durante gli episodi febbrili per poi tornare ad assumere un aspetto normale, difficilmente accetterà, dal suo punto di vista, di intervenire togliendole, anche perché nessuna linea guida, come ho detto, glie lo impone attualmente. Ma l’otorino non vede il bambino tutte le volte che si ammala come fa il pediatra curante, quindi non credo che possa avere il quadro chiaro della situazione. La diatriba, quindi, rimane ed è spiegabile da quanto ho detto.

Ci si trova davanti alla situazione in cui il pediatra, che non è abilitato a togliere le tonsille, consiglia l’intervento mentre l’otorino che dovrebbe in pratica eseguire l’intervento non ne vede la necessità. In questi casi è facile che, nell’attesa che le due figure professionali si mettano d’accordo, il bambino cresca fino ad arrivare all’età in cui gli episodi di PFAPA scompaiono spontaneamente, risolvendo così da solo in modo non traumatico la situazione. Che fare allora? Prima di tutto bisogna essere certi della diagnosi di PFAPA perché altre malattie si possono manifestare con febbre che ritorna ogni 3 o più settimane e sintomi di flogosi delle prime vie respiratorie, ingrossamento dei linfonodi cervicali, ecc. Se, per esempio, questi episodi così descritti si associano ad infiammazione delle vie respiratorie come bronchite o broncopolmonite oppure a più o meno ricorrenti infezioni cutanee come ascessi, si dovrebbe pensare alla neutropenia ciclica che è una malattia genetica nella quale, periodicamente e spontaneamente si abbassa il numero dei globuli bianchi e di conseguenza si abbassano anche le difese immunitarie con comparsa quindi, periodica, di febbre associata ad una infezione di solito batterica. Se, invece, gli episodi ricorrenti ciclici di febbre si associano a dolori addominali vomito e diarrea o anche ad uno solo o due di questi sintomi, si dovrebbe pensare alla sindrome da iper IgD, anch’essa familiare e se la febbre non fosse accompagnata da segni di infiammazione alle mucose come catarro, gola arrossata, ecc., si dovrebbe pensare alla febbre mediterranea familiare. Se il bambino sopporta bene il farmaco, si potrebbe pensare di trattarlo, durante gli episodi febbrili, con cortisone che di solito funziona meglio di antipiretici o antinfiammatori e se il fatto di vederlo malato in modo così ricorrente può essere da voi genitori ben gestito e nello stesso tempo se il bambino non mostra di essere particolarmente provato da questi suoi episodi febbrili, io non lo farei operare perché comunque le tonsille costituiscono sempre una difesa contro le infezioni e nello stesso tempo si sa che anche dopo l’intervento vi è una percentuale non del tutto trascurabile di bambini con PFAPA che continuan imperterriti ad ammalarsi. Ma se tu o voi genitori non ce la fate più a vedere il vostro bimbo continuamente sotto stress e non avete più voglia di aspettare altri due anni o giù di lì che gli episodi scompaiano, l’intervento può dare una speranza di guarigione nell’80% dei casi, pertanto si tratterebbe di cercare un altro otorino più compiacente che accetti di intervenire.

Un caro saluto, Daniela

 

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