Insonnia e attaccamento morboso alla mamma

Gent.ma Dott.ssa,
Le richiedo un parere su una questione che riguarda mio figlio di 23 mesi, di natura psicologica e non fisica. Fin da piccolo, e solo per rari momenti in cui stava male e voleva dormire in braccio, si è sempre addormentato nel suo lettino con il suo orsetto e ahimè con frequenti risvegli notturni, con pianti infiniti…
Da un paio di settimane la situazione si era stabilizzata, come segue: ora vuole unicamente addormentarsi nel lettone, con me accanto, e si sveglia di notte ma mentre prima non ci alzavamo e riprendeva a dormire, lagnandosi per cinque minuti massimo ora comincia a piangere anche per un’ora e appena vede entrare uno di noi nella sua stanza vuole venire nel nostro letto e cosa peggiore dormire in braccio…
È estenuante, mi creda, capisco non dormire i primi mesi per coliche, denti, febbri, ecc. ma alla sua età non dovremmo stabilizzarci in una routine? Dorme una volta sola al nido, e la mattina va svegliato per cui non è propriamente un insonne. Cosa possiamo fare?
Questo atteggiamento ha coinciso con un attaccamento morboso a me, che prima non manifestava, e con un iniziale rifiuto del cibo (ho letto che in questa fase è tipico iniziare a fare i capricci per il cibo, anche se sono preoccupata perché rifiuta i cibi che ha sempre mangiato). Consideri anche che lavoro a tempo pieno e sono in attesa del secondo, per cui ho un carico di stanchezza maggiore.
Cerchiamo di non accontentarlo e portarlo nel lettone ma ci sono notti che non smette finché noi esausti cediamo. A volte si mangia anche il latte che lo placa e lo riaccompagna nel sonno, è come se per lui la giornata iniziasse alle quattro del mattino e a volte chiede di vedere i cartoni, oppure messo accanto a me mi chiama con insistenza. Insomma, dottoressa, il sonno per me ora è di primaria importanza, ma come possiamo risolvere la questione dei risvegli?
Grazie e attendo un Suo consiglio.
 

Molto probabilmente il bimbo “sente” l’arrivo del fratellino, anche se le sue ansie sono ancora poco o nulla razionalizzate e in gran parte inconsce. Per di più, il tuo lavoro a tempo pieno in periodo di gravidanza, sicuramente, ti stanca e questa stanchezza sarebbe sufficientemente sopportata se, tornando a casa, non dovessi occuparti del bimbo e continuare a essere disponibile nei suoi confronti come un tempo, ma questo non è possibile: così la tua stanchezza si accumula e forse anche un modo di essere un po’ ambivalente, nuovo agli occhi del bimbo che ha sempre creduto e pensato che la mamma fosse tutta per sé e non dovesse mai dividerla con altri. Aggiungi a questo la difficile età dei due anni e la miscela esplosiva è servita.
Ti consiglio di tenere duro e prenderti i tuoi spazi: riporta il bimbo nella sua stanza e nel suo lettino, parla con lui, gioca con lui, ma stabilisci sempre dei tempi e dei limiti a questa disponibilità: del resto sono limiti che il bimbo dovrà fatalmente accettare fra non molto, tanto vale che si abitui sin d’ora. Devi cominciare a farti sentire e a essere un po’ severa: il bimbo deve capire che non tutto gli è dovuto ma che coccole e tempo per lui, da ora in poi, è bene che vengano meritati.
I suoi capricci sul mangiare sono una richiesta di attenzione in un momento in cui percepisce un grosso cambiamento nella sua vita e il vago pericolo di dovere dividere lo spazio con un fratello o una sorella, ma anche in un periodo in cui la mamma è a lungo lontana per lavoro, quindi, in parte ha ragione lui e in parte hai ragione tu.
Stabilisci, quindi, delle regole chiare e dei tempi regolari per ogni avvenimento della giornata: in quei momenti ti mostrerai completamente disponibile, allegra, affettuosa, coinvolgente e gratificante, ma nello stesso tempo dovrai prepararlo al fatto che questi momenti abbiano inevitabilmente una fine, anche se ricominceranno il giorno dopo.
Il momento della fine del gioco o della coccola va preannunciato dicendo, per esempio, che fra dieci minuti dovrà tornare nel suo lettino, poi lo ripeterai dopo cinque minuti, poi, finito il tempo, anche se a te sembrerà di essere esageratamente rigida, dovrai essere coerente con quanto preannunciato e dovrai portare il bimbo nel suo letto in ogni caso.
Aspettati, ovviamente, grosse tragedie, ma sappi che negli urli di protesta di un bimbo, molto dipende dal sentimento di frustrazione per non essere accontentato, anche se l’intensità del pianto farebbe pensare a una vera disperazione. L’esperienza della frustrazione, quando necessaria e non eccessiva e soprattutto quando durante il giorno vi sono molti momenti gratificanti, è utile per la crescita dell’autonomia del bimbo e non va evitata.
Vedrai che se saprai tenere duro e sarai convinta di andare nella giusta direzione, il miglioramento del comportamento del bimbo non si farà attendere e se così sarà, nulla vieta di premiarlo e di lodarlo ogni volta che si comporta bene.
Però ti consiglio di farti aiutare in questo cammino educativo: tutta la famiglia si deve responsabilizzare in questo senso, compresi i papà, che sono, sì, molto più impegnati e coinvolti di un tempo nell’accudimento dei figli anche in tenerissima età, ma che non devono mai dimenticarsi che questo loro atteggiamento di disponibilità non li esime dallo svolgere il loro ruolo insostituibile di padri, idonei ad accompagnare e affiancare il figlio soprattutto nei momenti più critici di crescita della sua personalità: cambiare i pannolini, dare la pappa e fare la spesa sono gesti teneri ed encomiabili che per troppi secoli sono stati delegati unicamente alle figure femminili della famiglia, ma questo non significa che chi si comporta in modo tanto disponibile sia esentato dai precipui doveri del suo ruolo di padre che, comunque, delle regole e dei no è giusto che impari a dettare.
Un caro saluto,
Daniela
 

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