Difficoltà nel controllo sfinterico

Cara dottoressa Daniela, premetto che scriverò anche alla psicologa del nostro sito, per avere un parere da un altro punto di vista. Le scrivo per chiederle un consiglio su come comportarmi con mia figlia Sofia, di quasi 4 anni (di cui le ho già parlato in precedenza). Sofia è una bambina solare e allegra. Ama molto fare le cose da sola e ama chiacchierare, ballare e cantare. E’ estroversa e le piace stare in compagnia. E’ una bambina sensibile, capace di commuoversi perché Cenerentola sposa il suo Principe o piangere perché pensa che qualcuno stia litigando e invece “bisogna volersi bene”. E’ anche una bambina a tratti pigra e dormigliona e fa fatica a concentrarsi a lungo su una cosa statica (come il disegno ad esempio). Quest’ultimo aspetto è migliorato molto durante questo primo anno di scuola materna.

Sofia è la nostra primogenita. Quando aveva 2 anni è nato il suo fratellino, una nascita che lei ha accolto con gioia e come se fosse una seconda mamma (senza che noi facessimo nulla per responsabilizzarla oltre a ldovuto con il fratellino). Ha avuto momenti di intensa gelosia ma rivolti soprattutto a me e mai al papà (al quale si è attaccata ancora più di prima) o al fratellino. Sofia andava al nido quando è nato Leonardo e ha continuato a frequentarlo, perché le piaceva e soprattutto per non cambiarle la routine quotidiana (tolti i primi giorni quando ero in ospedale e appena arrivata a casa e ha festeggiato con nonni e papà!)

Abbiamo proposto a Sofia di togliere il pannolino dopo che è nato il fratellino. Sofia aveva 2 anni e 2 mesi e partecipò con entusiasmo: continuava a dirci che lui era piccolo, ma lei era grande e quindi aveva le mutandine come la mamma. In circa 2 mesi, tutto sembrò funzionare bene.

Arriviamo al punto. Ogni tanto Sofia non riesce a tenersi pulita e questo è sempre stato un po’ il suo punto debole. Succede che faccia pipì addosso o, peggio, cacca addosso, e a posteriori riesco sempre a trovare un motivo: un periodo di stanchezza, una malattia in arrivo, una cosa che la innervosisce (tipo l’inizio della scuola materna oppure il mio rientro al lavoro dalla seconda maternità). Però la situazione è diventata di difficile gestione per noi, perché succede anche a scuola quando non vuole mollare l’altalena oppure a casa se non vuole lasciare i cartoni animati. Oppure più volte in un giorno.

Il nostro problema è: come comportarci con lei quando succedono queste cose?

Abbiamo sperimentato tanti atteggiamenti: comprensione nel dire “non ti preoccupare, succede, è un incidentino”, rammarico nel dire “ecco, hai rovinato le mutandine nuove belle che ti piacevano tanto”, disapprovazione nel dire “se non riesci a staccarti dai cartoni animati, allora non li guarderemo più” … il primo risultato è stato che siamo passati alle bugie. E’ capitato che, fatta un po’ di cacca addosso, mentisse spudoratamente per ore (alla maestra a scuola in un caso, ma anche a me) e continuasse a fare le sue cose normalmente …fino ad essere scoperta (a quel punto con mutandine conciate da buttare e culetto arrossato). Allora abbiamo cambiato tattica, puntando sul fatto che a papà e mamma si può dire tutto e non si debbano dire le bugie, che preferiamo sentire la verità e che non ci arrabbieremo per un incidentino. A quel punto però …. ad esempio ieri mi dice ridendo “eh sì mamma io te lo dico perché non è bello dire le bugie e perché mi hai promesso che non ti arrabbi per la pipì, comunque ho le mutandine bagnate ma sai un incidentino può succedere” con le manine allargate come per dire “non ci posso fare nulla io”. Il che sembra una presa in giro, no?

In questi giorni ho notato una novità, ovvero che si sta facendo strada una specie di primissima vergogna perché quando succede qualcosa di simile, Sofia tende a nascondersi o a stare sempre ferma in un posto a giocare. Devo far leva su questa vergogna?

Non solo: mi chiedo se da un punto di vista strettamente fisiologico o patologico ci possa essere un motivo per cui questo accada. Tempo fa la nostra pediatra ci aveva prescritto esami delle urine per escludere infezioni alla vescica che contribuissero a queste difficoltà, ma risultò tutto negativo. E’ passato molto tempo e comunque gli episodisi ripetono, quindi personalmente escluderei una cistite o simili. Ma è possibile che non senta chiaramente gli stimoli?

Ha qualche consiglio da darci?

Grazie in anticipo!
Patrizia

Cara Patrizia, per il problema dell’incontinenza di Sofia che mi sottoponi, la psicologa saprà certamente darti una risposta esauriente. Io mi limiterò a raccontarti due esperienze vissute, molto diverse fra loro, non per trarre conclusioni ma come spunto di riflessione sull’argomento, e a darti alcuni consigli pratici che, in linea di massima, hanno dimostrato di funzionare.

La prima storia riguarda un bambino di sei mesi, vivace, intelligente e in ottima salute, figlio di genitori ecologisti e velisti appassionati. Alla vigilia di una lunga vacanza in barca a vela e con il loro primo bambino, appunto, di appena sei mesi, il grosso cruccio di entrambi i genitori era caricare la barca con tonnellate di pannolini che, tra l’altro, dopo l’uso, avrebbero potuto smaltire solo al loro arrivo in un porto. Si misero quindi di buona lena ad insegnare al piccolo, poche settimane prima di salpare, al suono dell’universalmente conosciuto pss.. pss.., come urinare e, poco dopo, come defecare in modo più congeniale ad un “neo-crocierista” che si rispetti. I risultati furono tanto eccellenti quanto inaspettati (data l’età precocissima), e il bimbetto, a sei mesi appena compiuti, conobbe il vasino e il suo uso corretto prima ancora della posizione seduta!

Passarono gli anni e un bel giorno mi ritrovai i genitori a studio per un consiglio: il loro primogenito, che nel frattempo aveva compiuto otto anni, ogni notte bagnava il suo letto, e questo costituiva un grossissimo problema perché desideravano iscriverlo ad un corso di vela residenziale durante il quale avrebbe dovuto dormire in camerate assieme ad altri coetanei e il bambino si vergognava da morire del suo problema. Visto che l’età lo consentiva fu instaurata una terapia farmacologia che di solito da risultati velocemente e fu iniziato un lungo percorso di ricondizionamento che dette i suoi frutti definitivi solo due anni dopo.

Passò ancora del tempo e, durante un mio viaggio in India, notai che tutte le giovani mamme indiane usavano portare i loro bimbi completamente nudi, dato il caldo, elegantemente avvolti in un lembo del loro bellissimo sari ( si scrive così?). Mi venne spontaneo chiedere loro come facessero a non essere completamente zuppe e maleodoranti la sera quando il sari stesso veniva svolto a terra e diventava coperta e lenzuolo. Una di loro mi rispose sorridendo che il problema non sussisteva in quanto il prolungato contatto con il corpo del bimbo pelle a pelle permetteva loro di intuire il momento in cui stavano per urinare o defecare: un attimo prima bastava scostare il bimbo dal corpo e i bisogni sarebbero caduti in terra senza sporcare gli abiti (sic!).

Tra questi due esempi estremi si colloca il nostro comune sentire e quello che di solito avviene nei bambini delle nostre società.

Il controllo sfinterico, mediamente, si attua tra i due anni e mezzo e i tre anni, tenendo conto di tutte le variabili da bambino a bambino alle quali si assisterebbe se i bambini, appunto, fossero lasciati liberi di trovare spontaneamente i loro tempi. Questo perché solo allora essi prendono coscienza della facoltà che hanno di controllare volontariamente le loro funzioni sfinteriche e si dimostrano interessati alle sensazioni che provano trattenendo, cioè contraendo, e lasciando invece andare via, cioè rilassando: cioè solo allora realizzano che le funzioni riguardanti gli sfinteri possono, non solo essere ormai controllate volontariamente, ma per di più possono produrre anche piacere. Si tratta del passaggio dalla fase del piacere orale (ciuccio, dito in bocca, oggetti portati alla bocca), alla fase del piacere anale, ben descritte da Freud.

Quando si condiziona un bambino a comandare i propri sfinteri prima di questo periodo, si ottiene, si, lo scopo di educare, ma forse non si ottiene lo scopo di educare al piacere, cioè di fare vivere come piacevole una funzione che il genitore, spesso, per insegnarla al bambino, motiva con il piacere di raggiungere la pulizia, o di diventare come i grandi, oppure di potersi permettere biancheria e mutandine, appunto, più eleganti e accattivanti.

Questo non capire fino in fondo il significato dell’acquisizione della continenza sfinterica può portare, appunto, ad una acquisizione, come dire?, un po superficiale, appicicaticcia, come una bella e noiosa poesia classica che gli insegnanti fanno imparare a memoria prima ancora che l’alunno abbia la maturità per assimilarne la profonda bellezza: il bambino, lì per lì, è fiero di sapere così tutto alla perfezione ma quasi sempre, con gli anni, dimentica e solo se si riprende la poesia da adulti si ha la possibilità di ricordarla per sempre.

Detto ciò, di solito il controllo sfinterico inizia con il controllo della defecazione. Il bambino che porta ancora il pannolino, un bel giorno, spontaneamente, comunica con atteggiamenti gesti e/o parole che sta per fare la cacca. All’inizio succede quando l’ha già fatta ma non ha importanza. Questo è il momento per proporgli il vasino o il wc con il riduttore: solito momento di tranquillità, qualche giochino o qualche libro con figure e quando lo scopo è ottenuto, molti ringraziamenti per il “regalino” che ha voluto fare, incoraggiamenti per continuare così e complimenti vari ecc. ecc.

Il genitore o chi accudisce il bambino deve mostrarsi soddisfatto e contento, solo dopo può essere inculcato il concetto di igiene abituando il bambino a essere lavato e a lavarsi dopo i bisogni e facendogli prendere coscienza del luogo dove è bene fare le proprie funzioni e di come è più bello, più pulito e più opportuno comportarsi come un bambino più grande piuttosto che rimanere piccolino (non sempre è opportuno dire “grande” in assoluto, non sempre i bambini hanno tutta questa voglia di crescere anche quando sembra che sia così).

Il controllo della pipì, di solito, si acquisisce un po più tardi, prima di giorno poi di notte. Per ottenerlo può essere opportuno, per un periodo, portare il bambino sul vasino o sul wc ad intervalli regolari, diciamo ogni tre o quattro ore, anche se non avverte la necessità di urinare. Imparerà così che anche se lascia per un momento il suo gioco o il suo cartone preferito non succede poi nulla di grave, impara ad essere mentalmente più elastico e a capire che le cose non spariscono se lui si allontana per un attimo, che quando tornerà non avrà perso nulla o quasi del gioco e via discorrendo. Prenderà poi coscienza della sua funzione sfinterica sin dall’inizio: imparerà a rilassare lo sfintere vescicale per verificarne la conseguenza dell’emissione della pipì, potrà giocare sul fatto che contraendo di nuovo il flusso di pipì si arresta e sentirà di poter governare il suo corpo a piacimento. Questo lo renderà sicuro di molte cose: sicuro di poter trattenere la pipì senza più bagnarsi, sicuro di riprendere il gioco preferito dopo la breve interruzione, sicuro che il mondo non scompare quando lui si assenta e che i suoi amichetti sanno aspettarlo, abituato alla sua normale funzione e non vergognoso, quando sarà un po più grande, di comunicare alla maestra il suo bisogno (quanti bambini alla scuola materna fanno il laghetto sotto alla sedia per la vergogna di comunicare alla maestra il loro problema davanti a tutti o semplicemente per paura di lasciare il gruppo rassicurante per raggiungere il bagno!), sicuro e abituato a stare anche da solo in un luogo (il bagno) che lui ancora mal conosce dal punto di vista del wc anche se fino ad ora ha sguazzato nella vasca e combinato guai aprendo l’acqua del bidet.

Insomma, solo cercando, come genitore, di capire quale profondo significato ha per un bambino l’acquisizione del controllo sfinterico, si riuscirà ad incoraggiare e sostenere questo momento di crescita nel modo più coerente e definitivo; momento che ha dei tempi da rispettare tanto quanto delle modalità di accompagnamento facilitanti da attuare, e a comandare tutto ciò, la messa in campo del solito cocktail vincente fatto di pazienza, intuizione, sensibilità, buon senso, informazione, amore e, come sempre, tanta tanta fiducia e rispetto delle potenzialità intrinseche a tutti i bambini.

Quando un bambino già abituato a non sporcarsi sembra regredire e non controllarsi più è bene capire se si è voluto cominciare troppo presto (per la maturità di quel singolo bambino intendo), magari per problemi organizzativi legati al lavoro della mamma o all’inserimento a scuola, se il bambino stesso, con la sua regressione vuole comunicare un disagio o semplicemente la voglia di attenzioni o la voglia di rimanere piccolino (l’arrivo del fratellino o della sorellina può esserne certamente la causa) o se semplicemente l’accompagnamento del bambino in questa sua nuova acquisizione non sia o sia stato troppo frettoloso e magari un po distratto e al bambino sia stata comunicata, anche in modo subliminale, una fretta e un’ansia non certo congeniali al sereno superamento di questa delicata fase di transizione e di maturazione.

Comunque, tranquilla, ricominciando da capo e con un po di pazienza, tutto si risolve, e questa volta, di solito, la “poesia” non si dimentica più.

Un caro saluto, Daniela

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