Cause e rimedi per l’ittero dei neonati

3605457011_3737d38c90Più della metà dei bimbi  (il 60% circa dei nati a termine e l’80% circa dei prematuri), dopo alcuni giorni e, a volte, solo dopo alcune ore dalla nascita, cambia il colorito della pelle che tende a diventare gialla. Questo fenomeno viene comunemente denominato “ittero fisiologico del neonato” proprio perché, nella stragrande maggioranza dei casi, riconosce come causa alcune situazioni metaboliche tipiche delle primissime settimane di vita che non si riscontreranno più in seguito. Tuttavia, a volte, a questi meccanismi fisiologici possono sovrapporsi o sostituirsi delle cause patologiche che fanno aumentare l’ittero fino a valori non più considerati normali per l’età e soprattutto lo fanno aumentare ad una velocità maggiore rispetto alla norma tanto da renderlo, a volte, potenzialmente pericoloso a causa degli effetti tossici che potrebbe avere sul sistema nervoso centrale. Per tale motivo, l’ittero di un neonato non deve mai essere trascurato né sottovalutato ma bensì monitorato fino a quando non si è sicuri che sia entrato in una fase decisamente decrescente e abbia assunto valori che non destano più preoccupazione.

Come e perché si verifica l’ittero in un neonato?

L’ittero si manifesta con la colorazione giallastra della pelle, delle mucose e delle sclere, cioè della parte bianca del bulbo oculare: esso dipende dall’accumulo nel sangue di una sostanza chiamata bilirubina che è il prodotto del metabolismo, cioè il prodotto di scarto dell’emoglobina. Il cambiamento di colorito del neonato inizia a manifestarsi quando la concentrazione di bilirubina nel suo sangue raggiunge valori attorno a 5-7 mg/dl, che per un adulto sarebbero molto alti ma che sono perfettamente nella norma per un neonato. L’emoglobina, da cui deriva la bilirubina, è una molecola contenuta nei globuli rossi responsabile del trasporto dell’ossigeno dai polmoni a tutto il resto del corpo. Il neonato nasce con un numero altissimo di globuli rossi paragonato a quello dell’adulto: circa 6 milioni paragonati ai 4-5 milioni dell’adulto e la durata media della loro vita è decisamente inferiore rispetto a quella dei globuli rossi adulti per svariati motivi tra i quali il fatto di contenere una emoglobina detta “fetale” diversa da quella dell’adulto. Queste differenze sono il risultato dell’adattamento dell’organismo fetale a vivere bene anche nell’ambiente uterino, povero di ossigeno. Per far fronte a questa carenza, il feto aumenta il numero dei suoi globuli rossi e sintetizza una emoglobina  che ha una maggiore avidità nei confronti dell’ossigeno rispetto all’emoglobine di tipo adulto, cioè è capace di succhiare ossigeno sottraendolo al sangue materno con un meccanismo competitivo. Dopo la nascita, con l’inizio della respirazione polmonare di aria più ricca di ossigeno, queste due caratteristiche del sangue fetale non servono più ed è per questo che il neonato elimina gradualmente l’inutile eccesso di globuli rossi resi, tra l’altro, più fragili dalla presenza dell’emoglobina fetale e sostituisce quest’ultima con emoglobina di tipo adulto. Questo processo di distruzione fa accumulare molta bilirubina, sostanza che, per essere eliminata, deve prima subire un processo di coniugazione con un enzima prodotto dal fegato, la glicuronil transferasi. La bilirubina non coniugata continua a circolare libera nel sangue, legandosi più o meno all’albumina che è una proteina del sangue in attesa di essere coniugata e poter quindi essere eliminata dall’intestino con le feci e dai reni con le urine. Il fegato di un neonato non è, però, subito pronto e capace di produrre in quantità sufficiente l’enzima necessario: per far ciò ha bisogno di alcuni giorni di lavoro e nel frattempo la bilirubina che si produce continuamente non può che accumularsi.

Quali caratteristiche deve avere l’ittero di un neonato per essere considerato fisiologico?

Deve rendersi evidente non prima della seconda o terza giornata di vita (un ittero già presente in prima giornata non può mai dirsi fisiologico anche se lieve); deve raggiungere il suo massimo in 5° giornata di vita con valori compresi tra 8 e 12 mg/dl di bilirubinemia (15 se il neonato è prematuro) e deve poi iniziare a decrescere fino a non essere più evidente alla fine della seconda settimana di vita; nel corso della sua ascesa iniziale, la bilirubinemia non deve mai aumentare più di 5mg/dl nell’arco delle 24 ore; la bilirubina che sta aumentando deve sempre essere di tipo libero, cioè non coniugata con l’enzima epatico specifico. Di conseguenza devono essere monitorati con attenzione e non più considerati fisiologici tutti gli itteri neonatali che si manifestano con caratteristiche diverse.

L’intensità della colorazione gialla della cute non corrisponde sempre al valore reale della bilirubinemia: essa è influenzata dallo stato di idratazione del neonato, dal colorito di fondo della sua pelle, dalla percentuale di bilirubina non coniugata legata alle proteine plasmatiche, dalla capacità che hanno alcune componenti lipidiche della pelle di legare il pigmento sottraendolo al circolo sanguigno e da altri fattori.

L’ittero tende a manifestarsi inizialmente sul viso, sulle sclere, sulle mucose, per poi interessare, ora dopo ora, via via, collo, braccia, tronco, gambe. Si può dire che fintanto che la pelle del neonato non si colora uniformemente di giallo, l’ittero deve considerarsi ancora in fase crescente. Per evidenziarlo si può esercitare col dito una leggera pressione sulla cute per farla impallidire: in quel punto la colorazione gialla sarà più facilmente percepita nella sua intensità reale.

Oltre ai motivi sopra elencati, esistono alcune situazioni particolari che possono contribuire ad accentuare un ittero fisiologico. Esse possono essere:

  • un parto indotto farmacologicamente con l’ossitocina
  • il diabete materno
  • il sesso maschile
  • la sindrome di Down
  • l’ipotiroidismo del neonato
  • la policitemia, ossia l’aumento del numero dei globuli rossi
  • l’appartenenza ad alcune razze come quasi tutte quelle asiatiche e le sud americane
  • la prematurità
  • la somministrazione di alcuni farmaci come  la vitamina K 
  • la familiarità per ittero fisiologico
  • un forte calo ponderale neonatale
  • la sofferenza perinatale

Inoltre, alcune non rare conseguenze di una fase espulsiva del parto un pò difficoltosa come la formazione di un cefalo ematoma o la presenza di ecchimosi e petecchie sul viso (entrambi sono raccolte o stravasi di sangue da riassorbire quindi emoglobina in più da smaltire) possono contribuire ad aumentare o sostenere dei valori alti di ittero comunque fisiologico.

Ma vi sono altre situazioni esterne al bambino che possono  prolungare o intensificare l’ittero neonatale senza che possa essere considerato patologico: per esempio il digiuno prolungato nelle prime ore o nei primi giorni di vita quando si vuole alimentare il bambino esclusivamente con il latte materno e la mamma tarda ad avere la montata lattea e quando non si danno liquidi o latte artificiale in sostituzione per evitare che il bimbo si abitui alla tettarella. In questo caso l’ittero dipende da una scarsa produzione di feci e di quella flora batterica intestinale che contribuisce allo smaltimento della bilirubina ma che si sviluppa soltanto quando l’intestino è pieno di latte e dal fatto che, non assumendo liquidi in abbondanza, anche le urine sono scarse. Il digiuno prolungato favorisce, inoltre, il riassorbimento della bilirubina già presente nell’intestino e già coniugata.

Un altro motivo di ittero, in questo caso non del tutto fisiologico ma comunque non preoccupante, è l’ittero da latte materno. Esso da segno di sé, di solito, alla fine della prima settimana di vita quando si osserva che l’ittero di un neonato allattato al seno, dopo avere seguito un andamento regolare nei primi giorni, non tende a diminuire nella seconda settimana ma si mantiene stabile se non addirittura in lieve costante aumento. L’ittero da latte materno può durare da tre settimane a tre mesi e anche di più. Si tratta di un ittero a bilirubina non coniugata in quanto la causa è l’interferenza che hanno alcune sostanze ormonali in esso contenute sul legame della bilirubina con l’enzima epatico. In pratica, sia la bilirubina che queste sostanze del latte materno vengono coniugate con lo stesso enzima epatico che, quindi, risulta ulteriormente insufficiente per coniugare e permettere così lo smaltimento della bilirubina. La diagnosi di ittero da latte materno è semplice e, se il medico la ritiene necessaria, consiste nella  osservazione della netta riduzione dei valori di bilirubinemia dopo due giorni di sospensione dell’allattamento al seno. Ove non si desideri sospendere l’allattamento materno, basta che la mamma si tiri il latte e lo faccia bollire prima di darlo al bimbo: la bollitura inattiva le sostanze responsabili dell’ittero da latte materno. Una volta rassicurati dalla diagnosi, l’allattamento al seno potrà riprendere anche se l’ittero, ovviamente, ricomincerà ad aumentare un pò.

Ma non tutti gli itteri neonatali possono essere considerati fisiologici: alcuni non lo sono e vengono denominati itteri patologici. Gli itteri patologici rientrano essenzialmente in due categorie principali: quelli dovuti ad una eccessiva distruzione dei globuli rossi, definiti itteri emolitici e che riconoscono cause intrinseche o estrinseche al globulo rosso stesso e gli itteri non emolitici dovuti principalmente ad un difetto enzimatico o ad una incapacità  di coniugazione della bilirubina oppure ad una impossibilità di eliminare attraverso la bile una bilirubina per il resto correttamente coniugata, di solito per problematiche anatomiche intrinseche al fegato (atresia delle vie biliari)

Rientrano tra gli itteri emolitici quelli dovuti ad incompatibilità di gruppo tra madre e feto nei quali l’anomala distruzione dei globuli rossi del feto e, dopo la nascita, del neonato, dipende dalla presenza nel sangue materno di anticorpi da lei stessa prodotti contro i globuli rossi del feto, anticorpi che vengono poi trasmessi al feto stesso. Questo si verifica quando alcuni antigeni presenti sui globuli rossi fetali, per esempio l’antigene Rh oppure l’antigene A o B, oppure antigeni analoghi di alcuni sottogruppi sanguigni meno noti vengono trasferiti nel sangue materno durante la gravidanza attraverso fisiologiche microlesioni della barriera placentare. Se sui globuli rossi materni non è presente lo stesso antigene che caratterizza il gruppo sanguigno del feto, l’organismo materno non riconosce come proprio il sangue fetale e contro di esso produce anticorpi con l’intenzione di distruggerlo. Questi anticorpi ritornano nella circolazione del feto per la stessa via utilizzata per uscirne e innescano una reazione distruttiva nei confronti dei suoi globuli rossi. Un tempo, una reazione di questo tipo tra una madre Rh negativa, cioè priva dell’antigene Rh e un fero Rh positivo, cioè con presenza di questo antigene sulle sue emazie, dava luogo a patologie molto serie sin dalla vita fetale. Per fortuna, da anni ormai è possibile attuare una specifica prevenzione iniettando a tutte le donne Rh negative che hanno messo al mondo o anche solo abortito un feto Rh positivo specifiche immunoglobuline che vanno a neutralizzare gli anticorpi anti Rh rimasti nel suo circolo sanguigno evitando così conseguenze in caso di una successiva gravidanza di un feto anch’esso Rh positivo. La malattia emolitica neonatale da incompatibilità Rh non ha, infatti, luogo in occasione della prima gravidanza con nascita di un figlio Rh positivo ma solo in successive gravidanze, sempre che il feto sia nuovamente positivo.

Lo stesso meccanismo immunologico è alla base dell’ittero neonatale dovuto ad incompatibilità 0-A o 0-B o 0-AB, cioè in caso di madre di gruppo 0 con figlio di gruppo A o Bo AB, indipendentemente dalla presenza o meno del fattore Rh. Ma si tratta, di solito, di reazioni molto meno gravi . Per fortuna, perché non esiste prevenzione specifica con immunoglobuline in questo tipo di incompatibilità.

Vi sono, poi, altri itteri neonatali dovuti ad un eccesso di emolisi dei globuli rossi che hanno origine da un difetto enzimatico del globulo rosso stesso, dalla presenza al loro interno di una emoglobina patologica e varie altre situazioni che possono rendere il globulo rosso più fragile del normale.

Come si può intervenire su un ittero neonatale?

Innanzitutto bisogna premettere che la bilirubina non è una sostanza con effetti esclusivamente tossici per il neonato: essa possiede anche un interessante effetto antiossidante ad azione protettiva sullo stress cellulare e Dio solo sa se il parto non costituisce stress per il neonato! Essa non va, quindi, sempre demonizzata perché fintanto che si mantiene entro valori ragionevoli può essere utile proprio in un periodo in cui il neonato di sostanze antiossidanti protettive non solo ne produce poche ma ne assume anche molto poche fintanto che il latte materno non è a disposizione. D’altra parte, un meccanismo biochimico fisiologico non nasce mai per caso: quando la natura lo predispone, di solito, vi è sempre un motivo anche se non è sempre facile scoprirlo.

Quando, però, la bilirubina raggiunge valori non più accettabili o preoccupanti vi sono sistemi validi per favorirne lo smaltimento.

Il rimedio principale è la fototerapia, cioè l’esposizione della cute del bambino alla  radiazioni ultraviolette, solari o artificiali che siano, specialmente quelle con lunghezza d’onda compresa tra 420 e 470 nm o poco più. Le radiazioni ultraviolette modificano la composizione chimica della bilirubina rendendola meno pericolosa e meno tossica per il sistema nervoso centrale ma soprattutto idonea ad essere smaltita da intestino e reni anche senza essere prima stata coniugata con l’enzima epatico.

Durante la fototerapia il bambino rimane nudo o seminudo con gli occhi protetti da appositi occhialetti o bendaggi morbidi in un lettino ben riscaldato oppure in incubatrice e la lampada a raggi UV (di luce bianca o azzurra ma preferibilmente bianca) viene posta sopra di lui ad una distanza predefinita ( mediamente 80 cm). Normalmente, se l’ittero non è troppo elevato e consente la periodica sospensione della fototerapia,  può continuare ad essere allattato al seno periodicamente anche se non a richiesta, cioè ogni volta che lo desidera . Esistono anche lampade portatili costituite da una lastra-cuscino sulla quale viene adagiato il neonato che può, in questo modo, essere tenuto in braccio senza sospendere la fototerapia e continuare a stare nella stessa stanza della mamma.

Alla fototerapia devono sempre essere associate una corretta idratazione e una sufficiente alimentazione proprio per mantenere attivi i meccanismi che permettono alla bilirubina di essere eliminata dall’organismo (produzione di feci e di urine in quantità adeguata).

L’associazione della fototerapia con una terapia farmacologica che stimoli l’attività enzimatica del fegato, cioè la glicuroconiugazione della bilirubina (luminal o altri farmaci) non viene praticamente più attuata in quanto, a tutt’oggi, di efficacia non ancora del tutto provata.

In caso di itteri di particolare gravità, quando la fototerapia da sola non riesce a ridurre in modo adeguato la velocità di incremento della bilirubinemia tanto da far supporre, con appositi calcoli, che possa raggiungere livelli pericolosi in breve tempo (incremento orario uguale o maggiore di 1/ora), si deve ricorrere alla exanguinotrasfusione, cioè al ricambio totale o parziale del sangue del bambino. Raggiunti determinati livelli di guardia, infatti, una bilirubina non coniugata, soprattutto se non legata nemmeno all’albumina plasmatica, potrebbe riuscire ad attraversare la complessa barriera ematoencefalica, specie se il neonato è prematuro o affetto da altre complicazioni e accumularsi in determinate strutture situate alla base dell’encefalo (tronco encefalico, bulbo, ponte, nuclei della base), determinare un ittero nucleare e compromettere in modo serio lo sviluppo motorio e psichico del neonato. L’ittero nucleare è caratterizzato prevalentemente da una iniziale sindrome ipotonica con iporeattività che nel tempo evolve quasi sempre in spasticità con un ritardo psicomotorio associato di entità variabile. Il danneggiamento più frequente e comune dovuto all’ittero nucleare si ha, però, a carico del nervo acustico che può essere permanentemente danneggiato con conseguente sviluppo di sordità percettiva . I danni neurologici  sono solo in parte curabili con adeguate terapie riabilitative

Piuttosto recentemente si sono fissati i limiti di pericolosità che l’ittero non deve mai superare per evitare i problemi cerebrali: essi sono più elastici di quanto si credeva un tempo e vengono attualmente fissati in valori di bilirubina libera di 25 mg/dl anziché 20 per i neonati a termine e 18 mg/ dl nei prematuri che hanno una barriera ematoencefalica più permeabile e meno strutturata di quella dei neonati a termine. Moltissimi fattori influenzano il passaggio della bilirubina attraverso la barriera ematoencefalica: per questo motivo esistono da tempo protocolli e linee guida molto particolareggiati e universalmente adottati che mettono in relazione i valori di bilirubinemia libera con l’età espressa in ore di vita del bambino e in settimane di gestazione, col peso, con la velocità di incremento orario della stessa, lo stato metabolico clinico del neonato permettendo così di stabilire l’indirizzo terapeutico da adottare caso per caso, cioè attesa, fototerapia, exanguinotrasfusione, ecc.

Tutto questo permette attualmente di tenere sotto controllo praticamente qualsiasi tipo di ittero patologico prima che esso possa portare conseguenze al neonato.

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