Lo sviluppo della vista nei bambini

occhiSi sente dire spesso: “per essere dei buoni genitori bisogna riuscire a vedere il mondo con gli occhi del proprio bambino”. Ed è vero: quella particolare, esclusiva empatia che caratterizza il rapporto di una madre con il proprio figliolo si basa proprio sulla capacità che ha un genitore amorevole di mettersi in sintonia con i bisogni e gli stati d’animo più profondi del suo piccolo, anticipando,se possibile, ogni richiesta e desiderio prima ancora che vengano espressi. L’amore di mamma, così come spesso anche quello di papà, sanno fare questi miracoli. Questo da un punto di vista psicologico.

Vi siete però mai chiesti come vede realmente il mondo un bimbo dal momento che apre gli occhi per la prima volta in sala parto, e ancor prima, quando si trastulla mollemente nel grembo, fino a quando diventa grande? Vi siete mai chiesti cosa realmente vede in quell’istante magico in cui per la prima volta fissa come rapito gli occhi trepidanti ed emozionati di quella che molto probabilmente già intuisce essere la sua mamma? E sapete come procede mese per mese lo sviluppo della sua vista? Vedeva già nell’utero? Si: la funzione visiva si sviluppa sin dai primissimi mesi di età gestazionale.

Il nervo ottico si forma addirittura già alla settima settimana di E.G., e poco dopo, con grande rapidità, si formano tutte le cellule che compongono i tre strati della retina; e anche se le palpebre, appena si formano, restano chiuse fino alla 26° settimana, ora si sa che la vista funziona già anche ad occhi chiusi. Con l’ecografia si può infatti notare che già a 20 settimane il feto localizza le sue manine quando passano per caso davanti al viso e tende a voler afferrare il cordone ombelicale, non solo con determinazione e voluttà, ma anche con una precisione di movimento che non sembra dovuta al solo caso. Addirittura a 16 settimane, in occasione di una amniocentesi, il feto ha delle reazioni di fuga, di stress e di paura alla sola penetrazione dell’ago nel liquido amniotico anche senza essere stato minimamente toccato.
Sempre verso la 26° settimana, una luce intensa ed improvvisa posta sull’addome materno suscita gesti interpretati come disagio e fastidio: nasconde il viso e la sua frequenza cardiaca aumenta.
Alla nascita e per tutto il primo mese ha grosse difficoltà a mettere a fuoco visi e oggetti che si pongono nel suo campo visivo e vede distinti i particolari solo ad una distanza fissa compresa tra i 20 ed i 30 cm dai suoi occhi; tutto il resto, più vicino o più lontano che sia, è percepito immerso in una fitta nebbia e con contorni sfumati. Non distingue ancora i colori ma solo i forti contrasti, il bianco ed il nero con solo alcune sfumature di grigio. E questo non perché non siano già presenti sulla retina (fovea) i coni, quelle particolari cellule deputate alla percezione dei colori, ma semplicemente perché i fotorecettori della retina sono ancora “ciechi”, incapaci di discriminare tra le diverse lunghezze d’onda che caratterizzano gli stimoli luminosi colorati, incapaci perché mancano ancora alcune cellule retiniche in grado di “paragonare” tra loro i colori (unico modo per discriminarli), in particolare rosso, verde e blu, e sono ancora immature funzionalmente le vie nervose deputate al riconoscimento e all’elaborazione dello stimolo luminoso a livello della corteccia cerebrale.

Nonostante queste grosse limitazioni il neonato sembra comunque sforzarsi enormemente a sopportare luci intense cercando di non chiudere le palpebre e di fissare tutto quanto riesce a percepire nitidamente: capezzolo, bocca e occhi della madre in particolare, visto che ormai si sa per certo che predilige le forme tondeggianti e non quelle spigolose.

Spesso un neonato di pochi giorni sembra rispondere bene agli stimoli, mostra di riuscire a localizzarli quando sono sufficientemente intensi da attirare la sua attenzione, ma si tratta solo di un’abilità innata, non finalizzata né intenzionale. Si tratta di un semplice riflesso, il riflesso di fissazione, come tutti i riflessi innati, propedeutico a funzioni più finalizzate e volontarie, ma pur sempre solo un riflesso.

Dopo le prime 4-6 settimane, a causa di un costante esercizio di messa a fuoco e di una veloce maturazione funzionale dell’apparato visivo, mette a fuoco oggetti più lontani di 30 cm (lampadario, fonti luminose distanti) e riconosce piano piano tutti i colori a cominciare dal rosso, dal verde e dal blu. Il suo campo visivo è ancora ristretto, circa 40 gradi, il ché significa che ha difficoltà a percepire oggetti molto laterali rispetto alla direzione del suo sguardo, ma segue in modo sempre più intenzionale un oggetto in movimento che ha di fronte con movimenti degli occhi sempre meno a scatti e sempre più fluidi, il che dimostra che l’elaborazione a livello corticale dell’immagine visiva matura velocemente e rende il bimbo in grado di cominciare a vedere gli oggetti nel loro insieme e non solo come un insieme di particolari. Per fare un esempio, non vede più il viso materno come un insieme di 2 occhi e di una bocca ma inizia la percezione anche dei contorni del viso e dei capelli (per il primo mese si può non andare dal parrucchiere!)

Rimane però ancora una scarsa acuità visiva: per intenderci, se gli si presenta davanti agli occhi un foglio con tante strisce bianche e nere alternate, il limite di larghezza delle strisce sotto al quale non riuscirà più a distinguerle separatamente ma vedrà un colore grigio uniforme è 40 volte più alto rispetto ad un adulto. L’acuità visiva maturerà poi rapidamente fino a 6 mesi e più lentamente in seguito per diventare simile a quella adulta solo a sei anni. Un tessuto mille-righe è spesso percepito come tinta unita da un bambino molto piccolo.

Verso il terzo mese, vedendo ormai bene anche da lontano, discriminando tutti i colori e riuscendo a muovere il capo anche indipendentemente dal tronco, con una funzionalità corticale assai sviluppata, il bambino diventa un vero esploratore con lo sguardo: tutto lo attira, non solo gli oggetti a lui vicini o famigliari. Inizia l’osservazione degli oggetti ad uno ad uno per identificarli, catalogarli e soprattutto ricordarli. Distingue ormai bene le forme nel loro insieme e non solo i loro particolari separatamente ed esprime chiaramente le sue preferenze. Matura la sua coordinazione motoria, muove gli occhi in modo sempre più sincrono con movimenti continui e non a scatti orizzontali (segno che la rappresentazione mentale dell’oggetto si fa sempre più strada e i muscoli oculomotori funzionano sempre meglio); scompare il riflesso di fissazione dell’oggetto dei primi giorni, fissa quindi gli oggetti in modo volontario e non obbligato, dimostra una netta preferenza per i volti più che per gli oggetti, soprattutto se a lui familiari e per i capelli che incorniciano il viso.

Tra il 4° e il 6° mese gli occhi sono a metà del loro sviluppo definitivo. Riuscendo ormai ad afferrare gli oggetti alla portata delle sue mani, migliora enormemente la coordinazione vista-movimento. Vede ormai tutti i colori e mette a fuoco a parecchi metri di distanza. Ha finalmente acquisito una buona percezione della profondità e riesce a valutare con buona precisione la distanza che lo separa da un oggetto. Riconosce tutti i visi famigliari, le loro varie espressioni e sfumature emotive. Ha ottime capacità relazionali.

Tra il 7° e l’8° mese è ormai padrone dei suoi occhi e, da buon detective, a lui non sfugge nemmeno un dettaglio di quello che succede attorno a lui. Sa ormai dare una identità a tutto quello che conosce e crede nella esistenza degli oggetti anche quando fuori dalla sua portata visiva. Esplora lo spazio nella sua nuova posizione seduta, strisciando e gattonando e si affinano velocemente le sue sinergie tra competenze visive e motorie.

A un anno vede tutto in modo nitido con contorni ben definiti e colori molto vivi, percepisce quasi tutte le sfumature e le riconosce. Ma la vera rivoluzione visiva è l’acquisizione della tridimensionalità!

Eh si, perché prima di allora il bambino vedeva tutto e sempre meglio, ma ogni cosa per lui era piatta e priva di spessore. Ora finalmente il mondo gli appare in rilievo!

A questa acquisizione ha contribuito molto la sua capacità di manipolare gli oggetti, le sue esperienze sono un chiaro esempio di transmodalità sensoriale: le acquisizioni sensoriali dovute ad un senso, il tatto, per es., contribuiscono alla rappresentazione mentale dell’oggetto nella sua globalità affinando e maturando anche altri sensi, come la vista. La visione tridimensionale viene chiamata stereopsi e dipende essenzialmente dall’acquisizione della visione binoculare: se si fissa un determinato oggetto con entrambe gli occhi, al momento di includerne un altro, più vicino o più lontano che sia, l’immagine di quest’ultimo si fisserà sulla retina in due punti diversi nell’uno e nell’altro occhio formando due immagini che la corteccia cerebrale poi decodificherà e risintetizzerà in un’unica immagine tridimensionale.

A due anni l’acuità visiva di un bambino è la metà di quella di un adulto (alla nascita era solo un decimo). Camminando ormai speditamente, sviluppa sempre più la percezione dello spazio e contemporaneamente, molto importante, anche quella del tempo, essendo lo spazio null’altro che il tempo necessario per andare dal punto A più vicino al punto B più lontano, che lui già percepisce più lontano grazie alla visione tridimensionale. La sua capacità di fissare un oggetto e di discriminarne tutti i dettagli è al massimo.

Tra i 2 e i 4 anni vede circa i 2/3 di un adulto e a tre anni può finalmente effettuare una visita oculistica sovrapponibile a quella di un adulto.

Sempre in questo periodo compare una nuova importantissima acquisizione: il bambino riesce finalmente a dissociare i movimenti della testa da quelli degli occhi e di ogni colore percepisce finalmente tutte le sfumature.

A 6 anni, finalmente, raggiunge i 10 decimi e vede come un adulto.

Per favorire il corretto sviluppo della sua visione un bambino va stimolato sempre moltissimo: dalla nascita lo si deve guardare spesso negli occhi per catturare la sua attenzione in un gioco di sguardi dalle mille sfumature non solo oculistiche ma psicologiche e affettive; la culletta o il lettino andrebbero spostati spesso in punti diversi della casa per modificare i suoi “punti di vista” e la sdraietta andrebbe usata quanto prima affinché non sia costretto a contemplare il soffitto a lungo.

Come controllare il corretto sviluppo della funzione visiva nel bambino?

Con controlli oculistici preventivi periodici in momenti chiave dello sviluppo visivo, cioè alla nascita, a 6 massimo 9 mesi, a un anno e mezzo e prima di iniziare la scuola elementare. Se si salta il controllo dei 18 mesi se ne può fare uno a 3 anni ma un’età importante sono anche i 5 anni.

Quali sintomi devono preoccupare un genitore e spingerlo ad un controllo specialistico anche al di fuori di queste età?

E’ opportuno verificare sempre:

  • Che il movimento degli occhi sia regolare (pur con le differenze tipiche delle età come i movimenti orizzontali a scatti delle prime settimane), sincrono e presente in tutte le direzioni;
  • Che il bambino manifesti interesse per l’ambiente che lo circonda, in particolare per gli oggetti che gli si sottopongono fissandoli e seguendoli nello spazio;
  • Che le pupille siano in asse e abbiano uguale dimensione tra loro (anche se eventuali strabismi, se non eccessivi e soprattutto non tendenti ad aggravarsi ma a ridursi, sono frequenti nel primo anno);
  • Che non siano presenti movimenti anomali o scosse (nistagmo) degli occhi;
  • Che il bambino sia in grado di orientarsi anche con un occhio bendato (se già grandicello);
  • Che non siano presenti anomalie macroscopiche sia delle palpebre che dei bulbi oculari (bulbo sporgente o troppo piccolo);
  • Che la posizione del capo non sia tendenzialmente deviata da un lato (torcicollo oculare) ma allineata all’asse del corpo (come nello strabismo patologico); che, per intenderci, per fissare un oggetto di fronte a lui non debba essere costretto a girare il collo da un lato e gli occhi dall’altro;
  • Che uno dei due occhi o entrambe non mostrino una lacrimazione eccessiva e procurino fastidio al bambino (qualche volta una lacrimazione eccessiva, soprattutto alla luce intensa, può essere sintomo di glaucoma);
Inoltre è importante che il bambino acquisisca precocemente una corretta coordinazione occhio-mano quando è in grado di impugnare una matita.

Quando un bambino impara a disegnare, nei primi tempi muove la matita sul foglio con movimenti grossolani che partono dalla spalla; pian piano matura la capacità di effettuare movimenti sempre più precisi che gli permettono una migliore esecuzione di quanto ha in mente di disegnare: movimenti che partono dal braccio, poi dal gomito, dal polso e infine solo dalle dita.

Dai due anni in poi va insegnato al bambino ad impugnare la matita correttamente, con le prime tre dita e con la punta a non più di due, tre centimetri dalla mano. Devono poi stare dritti davanti al tavolino o al foglio perché una eccessiva flessione del tronco in avanti oltre la posizione perpendicolare non solo rende più faticoso il disegnare ma squilibra la coordinazione occhio-mano e squilibra in questo modo anche il processo visivo perché il capo troppo in avanti sul foglio o troppo vicino riduce l’illuminazione del foglio anche di molto, soprattutto sull’occhio opposto alla mano che impugna la matita e si rischia di sopprimere anche parzialmente la capacità di vedere con entrambi gli occhi.

Molti pediatri di famiglia hanno ormai la consuetudine di effettuare controlli screening ai loro piccoli assistiti, ma una riflessione su questa funzione così importante e dalle implicazioni così vaste non è forse mai di troppo.

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