Anche nei bambini sotto i 12 anni di età, i disturbi alimentari stanno aumentando la propria diffusione. Il dottor Giorgio Ioimo, psicologo e psicoterapeuta presso il suo studio di Firenze, ci aiuta a far luce sulle cause e sulle possibili soluzioni per questo fenomeno.

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Dott. Ioimo, come si sono evoluti nel corso degli ultimi anni i disturbi alimentari?
Fino a poco tempo fa si riteneva che la bulimia, l’anoressia e tutti gli altri disturbi del comportamento alimentare fossero prerogative del periodo adolescenziale, con una prevalenza nettamente femminile. Negli ultimi anni, tuttavia, lo scenario si è modificato, e purtroppo in peggio. Oggi sono molto più frequenti, infatti, i casi di bambine e di bambini sotto i 12 anni, o addirittura sotto i 10 anni, che devono fare i conti con questi problemi. Si stima che nel nostro Paese un under 12 su 10 abbia a che fare con un disturbo alimentare, una delle mie specialità che descrivo anche sul mio sito web.
Quali sono le responsabilità della società nei confronti di questo fenomeno?
Si può ipotizzare che in una società che attribuisce un valore sempre più importante all’aspetto fisico tenda a diminuire l’età media in cui si presentano i sintomi iniziali dei disturbi alimentari. In tutto solo in Italia ci sono più o meno 300mila bambini coinvolti: e se è vero che la maggior parte è di sesso femminile, è altrettanto innegabile che i maschi non mancano, diversi dei quali addirittura con disturbi di elevata gravità. Il comportamento selettivo è il disturbo alimentare più comune tra i piccoli: succede, in particolare, che i soggetti decidano di non mangiare alcune tipologie di cibo per concentrarsi unicamente sulle altre.
Su che cosa si basa il comportamento selettivo?
Non sempre vi sono dei criteri razionali alla base di questa scelta: per esempio ci si può basare sulla consistenza degli alimenti, e quindi si mangiano solo i cibi morbidi e non quelli duri, preferendo unicamente le pappine e i frullati, che sono semisolidi; oppure si fa riferimento al colore degli ingredienti, magari evitando tutto ciò che è verde, perché ricorda la verdura. In altri casi ancora si preferisce esclusivamente il cosiddetto junk food, con un predominio di hamburger, merendine dolci e patatine: il tripudio di grassi e zuccheri.
Ma non è normale che i bambini abbiano delle preferenze in fatto di cibo? In fondo anche gli adulti mangiano solo alcuni alimenti e ne evitano altri.
Una selettività anche spiccata è accettabile sino ai quattro anni di età: questo è il limite dopo il quale è bene iniziare a preoccuparsi se un bambino o una bambina manifestano una particolare ritrosia nel mangiare cibi che non hanno mai assaggiato in precedenza. Dai quattro anni in poi, in sostanza, i piccoli dovrebbero essere liberi e desiderosi di sperimentare gusti e profumi inediti. In tal senso, un ruolo di primo piano è quello che deve essere svolto dalle mamme e dai papà: i genitori non devono lasciarsi scoraggiare dai rifiuti iniziali ma dovrebbero insistere riproponendo le pietanze che in passato non sono state accettate, ovviamente evitando i metodi coercitivi.
Come si manifesta il disturbo di alimentazione selettiva?
Per riconoscere un disturbo di questo genere è fondamentale prestare attenzione a come si comporta il bambino a tavola: se con il passare del tempo le restrizioni aumentano sempre di più, è necessario che scatti un primo campanello di allarme. Meglio non badare, invece, al peso o alla struttura corporea, pensando che se il bambino cresce bene non ci sono problemi. Le carenze nutrizionali, infatti, possono essere visibili anche dopo molto tempo, perché – per esempio – un apporto modesto o nullo di vitamine non dà evidenze immediate, ma sul lungo termine.
Dott. Ioimo, quali sono gli altri disturbi che richiedono specifiche precauzioni?
Il disturbo da rifiuto pervasivo di cibo non è un fenomeno molto comune, ma deve essere gestito con la dovuta cautela per la pericolosità delle conseguenze che può generare. I bambini che manifestano tale disagio non accettano di mangiare e, soprattutto, si rifiutano di bere. Come si può facilmente intuire, ne derivano condizioni di disidratazione e problemi di crescita che possono richiedere un ricovero in ospedale e che possono essere curati solo con terapie elaborate e prolungate. Infine, vale la pena di tenere in considerazione la disfagia funzionale, che è l’effetto di un trauma connesso all’alimentazione, come succede tipicamente dopo che un bambino ha rischiato di soffocare per colpa di un boccone non ingerito correttamente.
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