Quando è ancora più difficile essere madre

Tessa e LupNon voglio essere polemica.

Sono venuti a fare il sopralluogo per accordarci il contributo annuale per la non autosufficienza.
È lo stesso per cui stanno scioperando i malati di Sla: tra loro c’era una mamma, una ragazza che portava il suo bimbo di 5 anni.

Ho guardato quella foto e ho pianto.
Ho pianto per il suo e il mio dolore.
Per il senso di abbandono che ci nutre ogni giorno.
Ho pianto per quella coperta che teneva calde le gambe immobili di quel bambino che avrebbe potuto essere mia figlia.

 

Io non andrò a Roma, ma vorrei fare un regalo a chi vuole togliere tutto.
Vorrei che passasse 10 minuti – dieci- con la mia bambina, di giorno.

Poi vorrei che tornasse in una sera come queste, quando, badando a lei che non dorme, faccio la lista del piano di battaglia per l’inverno.
Medicine: celo.
Aspiratore: celo.
Sonde per la Peg: celo.
Traverse per il letto: celo, ma dato che noi aborriamo gli ospedali le abbiamo fatte con lenzuola a due piazze fioriti e colorati.

Tutto ciò pregando di riuscire anche questo mese a sfangarla, e ringraziando il cielo per i super nonni che ci ha dato.

Io penso che un pomeriggio e una notte con uno qualunque dei nostri bambini male non farebbe a nessuno, perché chi non vede e non tocca con mano non crede che si possa vivere con dignità e con gioia in mezzo a tutto quello che le famiglie dei bambini “gravemente speciali” affrontano ogni giorno.

Non ci sono feste e festini.
Non ci sono tour politici.
C’è solo la speranza che domani sia vivibile

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