Il controllo: impariamo a lasciarci andare

girl-775342_640Sono anni che mi sento ripetere da psicologi, terapeuti e counselor che per essere felici bisogna lasciare andare e smettere di controllare tutto.
Ma più me lo ripetevo nella testa – senza capirne assolutamente il significato – più mi attaccavo alle cose e alle situazioni.
Per non parlare della sofferenza che pativo quando mi rendevo conto che, non solo non potevo controllare niente, ma non sapevo nemmeno come lasciare andare che le cose andassero come dovevano andare.
E dove dovevano andare, poi? Cosa diavolo significava? Che dovevo lasciare andare a rotoli il mio matrimonio? Che dovevo lasciare che mi licenziassero senza provare niente?
Il buio totale.

Poi ho iniziato a leggere dell’intuito, dell’ascoltare se stessi, del fatto che esiste un disegno più grande, che tutto è perfetto.
Tutte quelle frasi fatte come: “Quando si chiude una porta, si apre un portone”, “Non tutto il male viene per nuocere” e via discorrendo, forse significavano che il cambiamento non deve portare necessariamente dolore. Che il dolore si manifesta solo se io lo vivo nella resistenza. Che se accetto quello che la vita mi propone e lo prendo come un insegnamento, non solo non ne soffro, ma mi fa addirittura stare bene perché è quello che mi serve e perché, se così non fosse, moriremmo di noia noi e le nostre stramaledette abitudini. Non usciremmo mai, insomma, da quella che io chiamo la zona comfort.
Questo, è il miracolo della resa.

Credo che “porgi l’altra guancia” che volesse proprio significare questo; Gesù cercava di trasmetterci simbolicamente il segreto della non resistenza e dell’assenza di reazione. Il suo interesse in questa affermazione – come del resto per tutte le altre – era riferito alla realtà interiore.

Se ascolto il mio intuito, se quando qualcuno mi fa una proposta sento un leggero restringimento alla bocca dello stomaco, ringrazio e dico no.
Ma se mi sembra che il cuore mi si stia letteralmente allargando, allora sì che devo andare, sì che devo accettare gioiosamente!
Perché molto probabilmente, se saprò cogliere il buono, quella strada mi porterà cose belle.

Su questo pianeta patriarcale e dominato dal maschile, rinunciare è considerato alla stessa stregua di fallire. Ma non si tratta affatto di questo. Si tratta di imparare ad affidarsi e di chiedersi il perché di ciò che ci accade.

Se lo capisci, lo puoi cambiare. Altrimenti lo subisci e basta. Altrimenti ti fai guidare dalla paura. La paura di sbagliare, la paura di perdere ciò che hai, la paura che qualcuno invada il tuo piccolo giardino. Ma si tratta di paure create solo dall’ego. Questo perché l’ego crede che si sia separati gli uni dagli altri. Quindi non fa altro che attaccare, difendere, discutere ed essere costantemente in guardia.
Ogni tanto… lasciamolo riposare questo ego. Lasciamo che sia altro, e non solo la nostra mente, a prendere il comando.
Si è sempre considerato l’apprendimento come una funzione lineare diretta dall’intelletto, ma fare qualunque cosa in modo lineare è estremamente lento rispetto al farlo spaziando e usando l’intuito.

Lasciamo da parte tutto quello che ci hanno inculcato: l’errore, la punizione, il peccato.
Peccare era un termine usato dagli arcieri, che significava “mancare il bersaglio”. Risultato: bisognava riprovare. Peccare quindi, significava che eravamo diretti dove non volevamo andare. Ugualmente, il pentimento implicava che una persona si voltasse e andasse in un’altra direzione.
Semplicemente.
L’universo non ci ha mai imposto alcuna punizione perché è totalmente imparziale.
Lo scopo è di rendere gli uomini liberi, in primo luogo da se stessi.

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