La vera storia del Rap

graffiti

Ascoltando Fabri Fibra sono giunta a una conclusione e voi sapete che, quando io giungo ad una conclusione, vuol dire Alea iacta est.

Non credo proprio che il rap sia nato nelle strade dei ghetti americani. 
Il rap è nato nelle case dei ghetti americani, ad opera delle mamme dei ragazzi dei ghetti americani. 
Le percussioni hanno poi preso il posto dello sbattere di pentole sui tavoli e di ramazze sui battiscopa. 
La protesta sociale ha preso il posto della protesta materna.

La faccia incazzata è rimasta e le andature claudicanti da nervo sciatico infiammato sono state sostituite da balli snodati. Anche l’abbigliamento “sto pe’ casa” è immutato.

Quanti rap canto io ogni giorno! E non sono molto diversi da quelli che cantava mia madre:

RAP DISPERATO, SCANSATI CHE SCOPPIO

Io lavo, sgrasso e stiro tutto il santo giorno,
quasi quasi prendo un volo senza ritorno.
Le tue impronte digitali mi devastano i vetri
e quando piove, sullo zerbino, non ti pulisci mai i piedi.

RIT: Stai sempre a rompereeeeee, vatti a riporreeeee!! ( 2 volte)
(qui la musica è melodiosa e bisogna fare mossette sgallettate)

Stai sempre chiuso in quella stanza, poi hai paura che ti cresca la panza,
mi racconti che studi e allora perché ti chiudi?
I prof. vorrebbero che ti ascoltassi le lezioni, 
ma a me sembra che in quella testa ci siano solo canzoni.

RIT.

Anche la mia dolce bambina fa casino e disordine,
mi chiede le figurine, le Barbie e le gonnelline,
ma vieni qui che ti insegno questo rap stonato,
tanto tra qualche anno, toccherà a te intonarlo.

RIT.

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