Ogni cosa a suo tempo

Buonasera Dottoressa,

le scrivo per dirle che, dopo tre mesi, ho risolto il problema di mia figlia che aveva l’incubo della mensa della scuola materna; ora, dopo le vacanze va alla scuola materna tranquillamente e rimane tutto il giorno dalle 9 alle 16  senza problemi.

All’inizio la ritiravo alle 12.30 come mi avevano suggerito le maestre, poi un giorno è voluta rimanere a pranzo  e, da allora, la lasciavo fino alle 13.30; dopo le vacanze per esigenze mie ho chiesto se potevo lasciarla sino alle 15 e ho visto che è rimasta tranquillamente senza problemi, quindi il lunedi ho chiesto di farla uscire alle 16 come tutti gli altri bimbi. Ogni cosa a suo tempo. Ha compiuto i tre anni domenica, magari prima non era pronta.

La ringrazio per la sua disponibilità

Distinti saluti

Ogni problema che un bambino può manifestare nel corso del suo sviluppo emotivo deve sempre essere visto in un’ottica evolutiva: ai bambini bisogna dare fiducia, oltre che tempo. Lo sforzo di un buon genitore è quello di proiettare sempre il proprio figlio nel futuro, in un certo senso immaginandolo per come e per cosa diventerà più che concentrandosi nella osservazione di com’è attualmente.

Se questo sforzo immaginativo sarà in positivo, il bambino assorbirà questo ottimismo e svilupperà una sana fiducia in sé stesso in quanto il comportamento e lo stato d’animo del genitore, come fosse uno specchio, gli rimanderà una immagine di positività che il bimbo saprà fare sua e dalla quale non si separerà più.

Se, invece, il genitore darà troppo spazio ai sentimenti di empatia nei confronti del piccolo, soffrendo con lui e sviluppando la stessa ansia che in quel momento gli sta comunicando il figlio, dando ad essa troppo spazio mentale, questo stato d’animo rimanderà al bambino inesorabilmente una immagine di fragilità e di dipendenza che potrebbe diventare il triste colore di fondo della sua personalità adulta.

I bambini sviluppano lentamente e con fatica il senso del tempo che scorre e il senso del futuro: per loro la vita si svolge in un eterno presente, fatto di attimi che si susseguono senza un solido filo conduttore ad unirli tra loro. Hanno bisogno di una guida adulta per imparare a proiettarsi nel futuro e a non fissarsi nel presente come sarebbero tentati di fare per non affrontare la fatica di crescere – che noi adulti abbiamo in parte, per fortuna, dimenticato. Solo l’adulto che sarà in grado, in un certo senso, con il suo ottimismo,di mostrargli quale bella persona diventerà da grande, potrà dire di essere stato un buon genitore, un genitore maturo per il suo ruolo.

Genitori, si sa, non si nasce, ma si diventa; però non si comincia ad essere genitore solo in occasione della nascita di un proprio figlio: si comincia piano piano, sin da bambini, assimilando gradatamente la figura e l’esempio dei propri genitori, nel bene o nel male e da quel momento, trascorrono alcuni decenni prima di essere chiamati, a propria volta, a svolgere questo ruolo. È in questi decenni che deve cominciare la preparazione.

Pertanto, ogni genitore chamato ad educare il proprio figlio deve svolgere questo ruolo con la doppia ottica di aiutare un bambino a crescere educandolo a sua volta a diventare un buon genitore quando sarà il momento, indipendentemente dal fatto se avrà o meno, a sua volta, dei figli.

Solo se capirà questo meccanismo potrà dire di avere compiuto fino in fondo il proprio dovere.

Un caro saluto, Daniela

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