Che profilassi adottare nelle scuole contro la scarlattina

Gentile dottoressa,
insegno in una scuola dell’infanzia, negli ultimi mesi si sono verificati diversi casi di scarlattina, in alcuni bambini si è ripetuta più volte.
Cosa possiamo fare, come possiamo agire per il bene dell’intera comunità nel rispetto di tutti?
È vero che possono esserci portatori sani?
Anche noi insegnanti dobbiamo fare il tampone? Se sì quale?
Scusi per le tante domande.
Cordiali saluti

La scarlattina è una malattia batterica altamente contagiosa e diffusibile dovuta ad alcuni ceppi di streptococco beta emolitico di gruppo A che ha due picchi di diffusione all’anno, uno in tardo autunno – inverno e un altro in primavera.

Attualmente, con la relativa modificazione dei ritmi stagionali, i due picchi tendono a confondersi così come l’uso più precoce, diffuso e tempestivo della terapia antibiotica appena sorge il sospetto o la certezza della malattia fa si che il germe staziona meno a lungo nel soggetto colpito, da una parte favorendo la guarigione e prevenendo le temute complicanze glomerulonefritiche e reumatiche, ma dall’altra ostacolando il processo di formazione di anticorpi specifici duraturi in quantità idonea a proteggere l’individuo stesso contro una successiva infezione analoga (i ceppi di streptococco contenenti una tossina eritrogenica responsabile del tipico esantema scarlattinoso sono più di uno e la scarlattina, quindi, può tornare più volte anche in uno stesso individuo).

A questo si aggiunge la consuetudine più diffusa ora che in passato, di inserire i bambini anche molto piccoli, in età pre scolare in comunità per le mutate esigenze della famiglia (la scarlattina, rara sotto i due anni di vita, ha il suo picco massimo tra i tre e i sei anni) e delle norme meno restrittive di riammissione in comunità dei bambini colpiti e tutto ciò contribuisce a dare la sensazione di una recrudescenza della malattia stessa con la necessità di ripensare le norme igienico sanitarie e di prevenzione attualmente in vigore per tentare di arginare la diffusione delle epidemie.
Riguardo alla prevenzione di questa malattia, bisogna sapere che essa si manifesta dopo un periodo di incubazione che va da due a cinque giorni durante i quali i germi annidati nelle prime vie respiratorie del soggetto colpito si moltiplicano senza dare sintomi se non negli ultimi due giorni prima della comparsa del tipico esantema: sono questi i giorni in cui il soggetto diventa contagioso, difficilmente prima.

Il contagio avviene attraverso il muco dei primi colpi di tosse oppure attraverso la diffusione delle microgoccioline di saliva che si emettono quando si parla e si respira. Una incubazione così breve e una contagiosità così alta rendono difficili i provvedimenti di prevenzione che dovrebbero contemplare:

  • allontanamento del soggetto sospetto dalla comunità
  • immediato accertamento della diagnosi mediante tampone rapido e, ovviamente, visita medica
  • immediato inizio di idonea terapia antibiotica da prolungarsi per almeno 10 gg
  • immediata denuncia alle autorità sanitarie della malattia da parte del medico curante
  • possibilmente rientro in comunità posticipato di almeno 3 gg rispetto alle attuali norme che prevedono che il soggetto malato possa rientrare dopo sole 48 ore dall’inizio della terapia antibiotica idonea, cioè rientro dopo almeno 5 gg.
  • controllo clinico immediato di tutti i soggetti che sono venuti in contatto con il bambino malato e segnalazione immediata dei soggetti ancora apparentemente asintomatici ma che presentano una qualche obiettività sospetta come faringe o tonsille particolarmente arrossati i quali andranno fatti visitare dal medico curante che dovrà decidere sull’opportunità di praticare anche a loro un tampone faringeo di controllo. Questi soggetti sospetti, se possibile, in periodo di massima epidemia di scarlattina, dovrebbero rimanere a casa per uno o due giorni (norma non scritta, quindi difficilmente applicabile).

Il tampone faringeo per la ricerca di streptococco in eventuali portatori sani o nei soggetti che hanno avuto stretti e prolungati contatti con il soggetto che ha sviluppato la malattia non è attualmente prescritto ma il controllo quotidiano di tutti i bambini della stessa classe del bambino malato per almeno tre giorni consecutivi, incluse le maestre e a giorni alterni per almeno due o tre volte a tutti gli altri bambini della scuola potrebbe evidenziare dei casi sospetti, se non per allontanarli, quantomeno affinché vengano affidati ai genitori e al loro medico curante e venga loro, eventualmente praticato un tampone di controllo o eventualmente una terapia antibiotica di profilassi (scelta esclusiva del medico curante).
In realtà questi controlli sono già fortemente consigliati nei soggetti che convivono con il bambino malato che, se portatori di streptococco, andrebbero profilassati con antibiotico per due o tre giorni anche in assenza di sintomi clinici soprattutto se il bambino in questione è un soggetto a rischio per malattia reumatica oppure sta sviluppando una glomerulonefrite post streptococcica, ma non credo che vengano estesi alla comunità scolastica perché sarebbe una operazione complessa.

Attualmente le faringiti streptococciche, diagnosticate con la visita clinica e/o con il tampone, vengono allontanate dalla comunità per poco tempo, potendo rientrare dopo sole 24 ore dall’inizio della terapia antibiotica specifica: questi casi, a mio avviso, dovrebbero rientrare dopo almeno 48 ore per essere certi che l’antibiotico abbia reso innocui i batteri.
Vi sono poi le importantissime norme igieniche ambientali da adottare nelle scuole e nelle comunità che consistono nell’uso rigoroso di salviette, asciugamani, tovaglioli e possibilmente anche bicchieri e stoviglie a perdere monouso, inclusi i teli dei fasciatoi, la sanificazione quotidiana accurata di tutti gli ambienti scolastici con prodotti sanificanti idonei e non con i soliti detersivi, con particolare riguardo alle superfici toccate dai bambini come banchi, tavoli mensa, bagni, wc, cucine, l’aerazione idonea degli ambienti dove soggiornano i bambini almeno una volta nella mattinata e una volta di pomeriggio per un tempo sufficientemente lungo calcolato in base al rapporto superficie finestre e cubatura aula e, ultima enunciata ma prima cosa da attuare, insegnare ai bambini a lavarsi le mani molto spesso e molto bene e più volte al giorno.

Per arginare il diffondersi delle epidemie di scarlattina si potrebbe, quindi, fare di più, però in una comunità è necessario seguire le regole scritte perché iniziative singole, anche provenienti da fonti autorevoli, difficilmente verrebbero accettate, soprattutto se confliggono con la necessità dei genitori di affidare i loro bambini nelle ore di lavoro e soprattutto oggi che il taglio alle spese sanitarie ha penalizzato anche la figura del medico scolastico, una volta ben più presente di oggi nelle scuole e negli asili.

Pertanto una riflessione sulle norme di prevenzione sanitaria nelle comunità, su una loro modificazione, ove necessario o quantomeno sulla vigilanza della corretta applicazione delle norme vigenti è sempre un argomento attuale, così come utilissimi sarebbero, a mio avviso, dei corsi periodici di aggiornamento di tutto il personale insegnante su temi di ordine sanitario e non solo didattico o pedagogico, proprio per mantenere alto il livello di educazione e prevenzione sanitaria in un momento di restrizione e riduzione della sorveglianza medica capillare attuata un tempo da medici presenti quasi quotidianamente nelle scuole stesse e negli asili.
Un caro saluto, Daniela

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