Scarsa tolleranza alla frustrazione

 

Gentile Chiaretta

torno a scrivere per la mia Amanda, due anni e mezzo di energia pura. L’ultima novità è il sistema che pare sia in sperimentazione di ottenere ciò che vuole rimettendo. Le dico subito che per ora non funziona, però alla lunga…

Mandy ha sempre pianto, per qualsiasi cosa, dal primo giorno (diciamo settimo, visto che la prima settimana l’ha passata in incubatrice). Voleva stare sempre in braccio, sempre attaccata a me, se aveva fame non avevo nemmeno un secondo di tempo: si doveva mangiare e subito. Sporca? cambio istantaneo del pannolino. Poi il giocattolo che voleva si doveva materializzare all’istante… e così fino ai giorni nostri.

Due anni e mezzo di lacrimoni e scenate teatrali per qualsiasi sciocchezza. Le ho provate tutte, quando era necessario il No fermo c’è sempre stato, poi aspettare che passasse, ignorare, andarmene in un’altra stanza…

Niente, lei ha un’arma vincente: dopo un’ora di pianto ininterrotto nei miei timpani, qualcosina sempre ottiene. C’è da dire che la mia prima figlia, Siria, 4 anni, non ha mai dubitato che un NO fosse un NO, anche se spiegato e non per forza categorico.

Sono sempre stata determinata e penso di esserlo anche con Mandy, ma pare che non funzioni. L’ultimo trucchetto è il vomito.

La sequenza inevitabile è: richiesta di qualcosa – o litigio con la sorella – pianto, tosse, conati, vomito. E non si sfugge! L’ultima volta mi ha fatto la doccia! La cosa si sta ripetendo con sempre maggior frequenza e ormai non riesco più a dare la colpa al muco, credo proprio che il piccolo ciclone sia una grande stratega.

Che fare per farla smettere con questi ricatti? Urge suggerimento!

Grazie per i Suoi preziosissimi consigli. Cari saluti, Sandra

Cara Sandra,

ho modificato il titolo della sua mail con una frase inequivocabile ma che mi permetto di scrivere perché è ciò che di più lampante mi si evidenzia immaginando Amanda dalla sua descrizione.

Ci sono individui che nascono più sensibili, più bisognosi di cure, contatto, attenzioni. Neonati che non tollerano la fame, il bagnato, la noia o di contro i troppi stimoli, che richiedono costantemente la presenza e l’attenzione di un adulto e che spesso diventano bambini che poco sopportano i no, le attese, le cose che non vanno come loro si attenderebbero.

Alcuni studiosi li chiamano bambini esigenti per sottolineare il fatto che non sono sempre e solo capricci, i loro. Per capire un bambino esigente bisogna fare un grandissimo sforzo di empatia e comprensione, cosa che riesce meno facilmente se è il secondogenito e a precederlo è stato un fratellino buono e ragionevole.

Questo sforzo di comprensione deve partire dal presupposto che il primo a soffrire della situazione è il bambino stesso, che si trova a dover gestire il suo compito di sviluppo con un carattere non facile, carattere che, ricordiamolo, non ha scelto lui di avere, ma con cui è nato.

Mi racconta che Amanda ha trascorso la prima settimana in incubatrice, immagino abbia avuto quindi problemi durante l’ultima parte della gravidanza o durante il parto; in ogni caso, anche solo una separazione dalla madre di un intera settimana (separazione anche sua da sua figlia, lo ricordi) può aver provocato questo bisogno estremo, questo desiderio e questa inquietudine.

Letta così, la caratteristica di Amanda ha tutt’altra tinta. Ovviamente il mio consiglio non va nella direzione del "dargliele tutte vinte" perché ha sofferto, ma nel dare regole e dire i NO che servono con un attenzione particolare a questo aspetto.

È molto difficile aver a che fare con figli così (il mio primogenito è così, lo è dalla nascita e tuttora che ha quasi 8 anni), ci mette alla prova e ci pone nella condizione di dover tirare fuori il meglio di noi stesse. È una sfida. Parli tanto con la piccola, la coccoli, la rassicuri, le stia vicino. E nei momenti di collera la lasci sfogare, pronta ad esserci se si dovesse mettere in pericolo, ma senza essere punitiva né recriminatoria.

Usi invece l’arma della risata, della comicità, del divertimento: le sorrida, la guardi con benevolenza anche quando strilla, perché ogni bimbo legge i propri stati emotivi nel volto dei genitori e da lì attinge per autodefinire se stesso. Ecco perché è importante che il rimando che la mamma offre sia positivo, sereno, rassicurante al massimo, specialmente nei momenti difficili. Non è successo niente. Glielo ripeta spesso con un sorriso.

Chiara Rizzello

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