Del sonno dei bambini e dei disturbi a esso correlati si è già scritto in questo sito, ma la frequenza con la quale si manifestano attualmente problemi di insonnia o di sonno disturbato nell’età evolutiva è tale da giustificare un ulteriore approfondimento.
Nel nostro paese, ma più in generale in tutte le nazioni industrializzate, i disturbi del sonno affliggono circa un terzo dei bambini, soprattutto della prima e della seconda infanzia e, di conseguenza, anche un terzo degli adulti, accudendoli, ne fanno le spese.
Negli ultimi vent’anni il fenomeno è stato in netto e costante aumento, probabilmente a causa delle discrepanze che si sono venute a creare tra le esigenze organizzative della giornata di un bambino soggetto agli attuali ritmi di vita frenetici e quello che in realtà dovrebbe essere il ritmo sonno veglia di un bambino al quale viene permesso di vivere uno stile di vita più naturale e consono alle sue esigenze reali.
I disturbi del sonno, se particolarmente intensi e mal gestiti, possono avere effetti negativi sullo sviluppo cognitivo, sull’umore, sulla capacità di attenzione e di concentrazione e sul comportamento del bambino, quindi sulla qualità della sua vita e di quella di tutta la famiglia.
La presa in carico di un disturbo del sonno nel bambino comincia da una approfondita anamnesi ipnologica preceduta, ovviamente, da una storia clinica completa. L’anamnesi ipnologica deve fornire informazioni sulla qualità del sonno del bambino, le caratteristiche del ritmo sonno-veglia nelle 24 ore, l’evoluzione del sonno dalla nascita al momento dell’osservazione, l’ambiente in cui vive e dorme il bambino. Bisogna poi conoscere il comportamento del bambino e dei genitori al momento dell’addormentamento e dei risvegli notturni, se sono presenti, e come si comporta il bambino nel sonno. Bisogna sapere quando e come si sveglia il bambino al mattino (ha difficoltà, è di buon umore, si sveglia spontaneamente o ha sempre bisogno di essere stimolato). Bisogna sapere se nella famiglia di origine sono presenti disturbi del sonno o disturbi ad esso associati come sbalzi di umore repentini, che rappresentano dei fattori di rischio per i disturbi del sonno del bambino. Bisogna poi conoscere le abitudini diurne del bambino: se è regolare nell’orario dei pasti, se il suo stile di vita, nel resto della giornata, è regolato o confusionario e imprevedibile. Bisogna anche sapere in quale momento della giornata il bambino è più sveglio e più attivo e che conseguenze ha il disturbo del sonno del bambino sulla qualità globale del sonno dei genitori.
Diversi sono i fattori che predispongono a un disturbo del sonno nel bambino: stile di vita stressante, problemi nell’attaccamento genitoriale (una figura materna ambivalente, emotivamente instabile, stressata, depressa oppure troppo severa o assente può creare insicurezza emotiva nel figlio che sviluppa per lungo tempo in lui una paura a dormire da solo).
I disturbi del sonno vengono attualmente classificati in otto categorie:
- Insonnie vere e proprie (per problemi comportamentali del bambino estremamente agitato, per problemi prettamente clinici come intolleranze alimentari, otiti, infezioni delle vie urinarie, problemi respiratori, ecc.)
- Disturbi respiratori durante il sonno come russamento o apnee notturne importanti
- Ipersonnie, cioè sonno molto profondo e tendenza a dormire molto a lungo
- Disturbi del ritmo circadiano con sonnolenza nelle ore diurne e ipereccitabilità serale e notturna
- Parasonnie come i terrori notturni, l’enuresi notturna, ecc.
- I disturbi del movimento durante il sonno come dondolii, sonnambulismo, ecc.
- Disturbi solo occasionali non ben definiti e inquadrabili
- Tutto quello che non rientra tra quanto ora elencato
Quando si decide di affrontare i problemi di sonno in un bambino è bene che entrambi i genitori accompagnino il bambino dallo specialista, di modo che possano essere valutate anche le dinamiche famigliari ed eventuali interazioni negative che possono favorire o mantenere il problema.
Oltre alla storia accurata del bambino e alla sua anamnesi ipnologica è bene intraprendere un colloquio con i genitori, fare un esame neurologico del bambino oltre all’esame clinico, una valutazione del suo sviluppo psichico e comportamentale, se necessario prescrivere alcuni esami chimici come emocromo e test di flogosi, esame urine, test allergometrici, visita otorinolaringoiatrica; si può poi procedere con la videoregistrazione di una notte di sonno (compito affidato ai genitori) ed eventualmente elettroencefalogramma e polisonnografia.
L’insonnia può essere definita come difficoltà iniziale ad addormentarsi o come difficoltà a mantenere il sonno (risvegli notturni frequenti). La descrizione che il genitore da di questi disturbi è spesso relativa alla fatica percepita dal genitore stesso a sostenere il problema: bisogna quindi saper andare oltre questa soggettività. Il problema del sonno è tale per il bambino sostanzialmente se influisce negativamente sul suo comportamento e sul suo umore diurno più che su quello dell’adulto che, comunque, se stressato, può anch’egli influire di rimando sull’umore del bambino e creare conflittualità.
Si definisce difficoltà di addormentamento un sonno che arriva non prima di mezz’ora dall’inizio dei tentativi di addormentamento. Si definisce difficoltà a mantenere il sonno la presenza di frequenti risvegli notturni, più di tre o quattro, con latenza di almeno trenta minuti prima di riaddormentarsi. Oltre a questi due disturbi vi possono essere i risvegli precoci, nelle primissime ore del giorno, senza la capacità di riprendere a dormire. I tre disturbi elencati possono essere definiti insonnia se si presentano almeno tre volte alla settimana per alcune settimane di seguito.
Tutti questi disturbi del sonno riconoscono una reale causa organica solo in un quinto dei casi e anche meno. Nei restanti casi si possono riconoscere cause genetiche o errate interazioni tra bambino e genitore che mette in atto comportamenti poco corretti al momento dell’addormentamento o dei risvegli notturni (cullare in braccio, dare da bere o da mangiare, dormire nel lettone, accorrere a ogni richiamo, ecc.).
Nei primi due anni di vita i disturbi del sonno possono interessare anche un terzo dei bambini, dai tre anni in poi, la percentuale scende al 15% e si mantiene piuttosto stabile negli anni.
Insonnie riguardanti il primo anno di vita
I piccoli lattanti hanno una organizzazione delle funzioni cerebrali durante il sonno ancora immatura. I loro cicli di sonno sono più brevi, si susseguono più frequentemente durante la notte e la durata complessiva delle fasi di sonno profondo è decisamente inferiore rispetto al bambino più grande. Hanno anche esigenze nutritive frequenti, soprattutto se allattati al seno, visto che con il latte materno lo stomaco si svuota molto velocemente, pertanto i risvegli notturni, per loro, sono quasi fisiologici se la loro frequenza non è eccessiva. Ma per capire se un lattante con risvegli notturni sta organizzando una vera e propria insonnia e se in futuro andrà incontro a problemi di sonno bisogna osservare la sua capacità di riaddormentarsi velocemente e autonomamente dopo ogni risveglio senza l’intervento dei genitori. Uno o più risvegli, nella prima infanzia, sono normali, ma molti bambini hanno la capacità di riaddormentarsi da soli mentre altri sono genitore-dipendenti e chiamano. A un anno, circa il 70% dei bambini, se non si accorre subito ai loro richiami, ha la capacità di riaddormentarsi da solo. È bene che le mamme sappiano questo e imparino a non accorrere al minimo richiamo pena l’altissima probabilità di trasformare il loro figlio, che potrebbe essere per sua natura un bambino che si autoconsola benissimo, in un bambino cosiddetto “segnalatore”, che chiama a ogni occasione. Queste mamme troppo solerti e apprensive, di solito, mettono nel lettino, quando non nel lettone, i loro bimbi già addormentati in braccio e altrettanto spesso cedono alla tentazione di allattarli anche quando non ve ne sarebbe bisogno per poi lamentarsi del piccolo tiranno che succhia loro la vita. Il ritorno alla teoria dell’allattamento ad oltranza e della tetta come consolazione a ogni problema ha creato, al fianco di una nuova e illuminata consapevolezza dei vantaggi dell’allattamento materno, una eccessiva dipendenza della madre dal suo ruolo unico e insostituibile: un ammirevole e positivo tornare a metodi naturali e salutari sia per la mamma che per il bambino, certo, ma non da tutte le mamme vissuto con quell’equilibrio e quel buon senso indispensabili per una corretta gestione della crescita psicologica del proprio figlio.
Nel primo anno di vita, l’insonnia può legarsi a due tipologie di disturbi:
disturbo di inizio del sonno per associazione, che si verifica quando l’addormentamento può avvenire solo in presenza di certi oggetti o circostanze (presenza di un genitore, uso del biberon, porgere il seno, ecc.). In questo caso i risvegli notturni sono in numero fisiologico ma il bambino si riaddormenta solo se vengono ripristinate le condizioni ambientali dell’addormentamento iniziale (sempre la mamma, sempre il biberon, ecc.). Questo problema si risolve attuando il metodo dell’estinzione graduale del condizionamento giudicato errato o eccessivo;
sindrome da eccessiva ingestione notturna di liquidi: il bambino si sveglia tutte le notti almeno tre volte e non si riaddormenta se non beve complessivamente almeno 300, 400 cc di latte o camomilla o acqua. Anche in questo caso è ben attuare un decondizionamento graduale, sapendo comunque che fino al sesto, settimo mese, i risvegli notturni per fame possono essere fisiologici, soprattutto se il bambino non è stato ancora svezzato. Il decondizionamento si deve quindi attuare dopo questo periodo, a svezzamento iniziato già da alcune settimane. Per decondizionare il bambino dall’assunzione di liquidi è bene proporgli quantità sempre inferiori di liquido (20 cc in meno ogni volta e anche più), dare liquidi o tisane sempre meno zuccherate e alternare il biberon o il seno con il ciuccio, sempre gradatamente. Alla fine troverà un po di acqua nel biberon ad un solo risveglio notturno.
Insonnie dopo il compimento del primo anno fino all’età scolare
Disturbo da inadeguata definizione delle regole e del limite oltre il quale il bambino non può andare: i genitori hanno dificoltà a stabilire e a fare rispettare delle regole al momento dell’addormentamento e di conseguenza il bambino rifiuta di andare a letto ad un orario determinato oppure rifiuta di rimanerci tutta la notte. E’ un disturbo di natura prettamente relazionale che va affrontato con un colloquio con i genitori e magari facilitato da un farmaco ipnoinduttore, almeno per le prime settimane. Bisogna dire però che le necessità attuali portano entrambe i genitori a stare lontani da casa e dal bambino per molte ore al giorno, la sera diventa quindi l’unico momento di socializzazione per tutta la famiglia riunita ed è giusto che il bambino vi partecipi. Ciò non toglie che le regole non devono mai mancare, magari posticipando di mezz’ora il momento di andare a letto e approfittanto dell’occasione di stare tutti assieme per spegnere il televisore, anche se trasmette solo cartoni o programmi adatti ai bambini, e intrattenersi con i bambini parlando, scherzando e giocando con loro.
Insonnia da cause psicologiche e paura di addormentarsi: nel corso del suo sviluppo, il bambino deve imparare a gestire da solo il delicato passaggio dalla veglia al sonno trovando da sé, anche se con la dovuta gradualità, strategie e rituali rassicuranti e autoconsolatori (oggetto transizionale, ciuccio, ninna-nanna, musica ecc.). Una eccessiva ansia da separazione deve essere valutata precocemente con l’ausilio anche di uno specialista che può aiutare il genitore a focalizzare un momento chiave, un trauma, un evento stressante, uno stile di attaccamento genitoriale particolare che può esserne la causa per lavorare sul problema e porvi rimedio.
Insonnie causate da condizioni mediche: sono decisamente meno frequenti (1/5) rispetto alle insonnie da cause comportamentali. Danno insonnia, ovviamente, le famigerate coliche dei primi tre mesi. Il 90% dei bambini che, verso la fine del primo anno di vita, soffrono ancora di numerosi risvegli notturni, hanno sofferto di coliche nei primi tre mesi di vita. Nel periodo successivo alla fine delle coliche molti bambini continuano a presentare risvegli notturni e spesso i loro genitori non attuano con loro una corretta igiene del sonno e continuano a comportarsi come facevano nei primi mesi attuando le stesse strategie (cullamento, prendere in braccio il bambino, attaccarlo al seno, ecc.) che sembravano idonee ed efficaci per le coliche. Questa stretta correlazione tra disturbi del sonno e coliche ha fatto ipotizzare in questi bambini una alterazione nella secrezione di melatonina, ormone ipnoinducente con variazioni circadiane che sarebbe responsabile, assieme ad altri ormoni, del mantenimento di un corretto ritmo sonno-veglia. In questi bambini, i farmaci risolutivi per le coliche dei primi mesi diventano sempre meno efficaci ed è spesso necessario ricorrere a farmaci ipnoinducenti se non alla prometazina.
L’insonnia da allergia o intolleranza alimentare si manifesta di solito con dfficoltà ad iniziare il sonno ma anche con frequenti risvegli notturni. Assieme a questi sintomi il bambino presenta agitazione psicomotoria, difficoltà di concentrazione nelle ore diurne associata a sonnolenza, a volte asma, eczema e disturbi gastrointestinali. Una volta eliminato l’alimento responsabile, il sonno si ripristina piuttosto velocemente, di regola al massmo entro poche settimane.
L’otite è spesso una causa organica di insonnia misconosciuta. Non è, infatti, un’otite acuta con dolore spontaneo anche diurno e febbre a dare insonnia, ma un’otite media catarrale cronica che può manifestarsi con pochissimi sintomi, a volte solo con una ipoacusia rivelabile soltanto con indagini audiometriche e con insonnia inspiegabile.
Anche i bambini asmatici possono avere sonni disturbati: ciò sembra legato alla variazione circadiana della funzionalità polmonare. Il flusso aereo presenta, infatti, un suo massimo verso le 4 del pomeriggio e un suo minimo verso le 4 del mattino. Nei bambini asmatici con una desaturazione cronica di ossigeno del 10%, questa ulteriore riduzione circadiana fisiologica dell’attività respiratoria comporta una ulteriore riduzione della concentrazione di ossigeno che procura loro un senso di agitazione e li induce al risveglio.
Come si può curare l’insonnia in età evolutiva?
Bisogna, ovviamente, trattare prima di tutto le cause organiche, se ve ne sono. Poi si devono applicare i sani principi di igiene del sonno. In terza battuta si possono utilizzare interventi comportamentali e infine, sempre in associazione con i precedenti, si possono usare, in modo molto prudente e limitato, sotto stretto controllo medico, alcuni farmaci sedativi o ipnoinducenti.
I principi di igiene del sonno sono tutte quelle condizioni o pratiche che promuovono un sonno tranquillo e ristoratore. Esse includono regolarità nell’ora di addormentamento e anche di risveglio, in conformità con il tempo necessario alle varie età per avere un sonno ristoratore, la restrizione di bevande o cibi eccitanti nelle ore serali e l’applicazione di regole di igiene ambientale e nutrizionale che facilitano il sonno. In particolare:
evitare di giocare e divertirsi facendo scatenare il bambino ed eccitandolo nelle tarde ore serali (smettere, se possibile, un’oretta prima di cena).
Evitare di mandare o portare a letto il bambino dopo le 22-23 e di svegliarlo o lasciarlo dormire oltre le otto di mattino.
Mantenere regolarità sia negli orari di sonno e di sveglia che nell’orario dei pasti.
Fare dormire il bambio in ambiente tranquillo non rumoroso, poco illuminato, ben areato, arieggiato da poco e poco riscaldato (massimo 20°).
Non coprire tropo il bambino e, possibilmente, non rincalzare le coperte in modo stretto.
Bevande eccitanti come coca-cola, thè, cioccolata, caffè, bevande o cibi contenenti anche piccole quantità di sostanze alcolice, devono essere sospesi molte ore prima di andare a letto (darle solo fino alle primissime ore di pomeriggio). Anche cibi eccessivamente dolci o pasti con un eccesso di proteine forniscono una carica energetica eccessiva all’organismo e non conciliano il sonno.
La camera del bambino non deve essere troppo ricca di stimoli e di colori vivaci e sarebbe bene non tenere sempre a portata di mano e di vista del bambino carillon e giochi che possono indurre eccitazione e stimolare la loro attenzione.
Nessun apparecchio che emetta onde elettromagnetiche dovrebbe essere lasciato acceso nella camera del bambino quando dorme e, se possibile, dovrebbero essere usati al di fuori della camera da letto perché possono creare una insonnia da associazione o risultare attività stimolanti.
Anche il bagnetto può risultare eccitante per alcuni bambini: in questi casi sarebbe meglio praticarlo nelle prime ore del giorno o al massimo nel pomeriggio ma non di sera.
Il bambno non deve bere tisane o liquidi di altro genere per addormentarsi. Anche se il latte, al seno o al biberon, è una pratica sempre molto gradita e spesso veramente efficace per indurre il sonno, essa andrebbe gradatamente eliminata nel momento che non riveste più una necessità nutritiva perché diventa essa stessa un condizionamento.
I sonnellini diurni devono avere una durata ragionevole e il bambino dovrebbe essersi già risvegliato al calare del sole.
Associate a queste regole di igiene ambientale, vi posono essere delle tecniche comportamentali efficaci nel trattamento dell’insonnia infantile. I principali interventi sono i seguenti:
Estinzione: è un metodo difficilmente accettato dai genitori perché faticoso e vissuto come “poco umano”: semplicemente non si accorre ai richiami del bambino e se scende dal suo letto per entrare in quello dei genitori lo si riporta indietro ogni volta senza troppe parole e senza sgridarlo. E’ un metodo spesso fallimentare perché viene quasi sempre interrotto molto presto con ritorno ai comportamenti precedenti sia da parte del bambino che dei genitori.
Più ragionevole è il metodo della estinzione graduale: consiste nel cercare di ottenere il comportamento desiderato tramite piccole conquiste successive. I bambini che non andrebbero mai a dormire si mettono a letto, il primo giorno quando vogliono loro e ogni sera qualche minuto prima fino ad arrivare all’orario giusto più ragionevole. Lo stesso principio si applica quando si vuole abituare il bambino gradatamente ad addormentarsi non più in braccio alla mamma o nel lettone. E’ praticamente il metodo Estivill ma i tempi possono essere determinati dal genitore purché il comportamento vada sempre in una stessa direzione. Ha dei tempi di attuazione molto lunghi e spesso il genitore, anche in questo caso, si stanca prima della sua conclusione e prima di avere ottenuto i risultati sperati, anche se inizialmente lo accetta con una certa facilità.
Apprendimento discriminato: consiste nello stabilire, al momento dell’addormentamento, una routine fissa in modo tale che il bamino impari ad associare all’addormentamento dei rituali speciali, determinati eventi che si ripetono ogni volta. In tal modo il “mezzo” di addormentamento non sono più i genitori o la poppata o il biberon ma diventa il “rituale particolare” come la favola, l’oggetto transizionale, la ninna-nanna, la lucina notturna che si accende solo quando il bimbo deve dormire, il mettere a posto e a letto tutti i giochini coprendoli, magari, con uno straccetto e via discorrendo compreso il ciuccio se non se ne abusa troppo.
Rinforzo positivo: si può usare solo con bambini che si avvicinano ai tre anni, con i quali è possibile interagire verbalmente. Ogni volta che si ottiene un risultato, per esempio si è svegliato alcune volte di meno rispetto al solito, oppure si è addormentato più velocemente, oppure non è sceso dal suo lettino per infilarsi nel lettone, si loda il bambino e ci si dimostra molto felici. Si può promettere un piccolo regalo o una gratificazione ad ogni acquisizione positiva. Di giorno si va, per esempio, nel negozio dove si comprerà il regalino assieme al bambino promettendo di acquistarlo se non chiamerà la notte o non entrerà nel letto dei genitori. Al momento di andare a letto si ricorderà la promessa e si lascerà il bambino nella sua stanza. Se il bambino si sarà comportato bene, e solo in quel caso, si andrà a comprare il regalo, altrimenti no. Si ripeterà questo comportamento per quattro o cinque volte consecutive estensibili ad una settimana al massimo, allungando ogni volta, cioè il secondo regalo il bambino lo avrà se si sarà comportato bene per due notti consecutive, poi per tre notti e così via.
Anche l’educazione preventiva dei genitori si è dimostrata utile nell’affrontare correttamente i disturbi del sonno dei bambini, anzi, informare i genitori su questo argomento in via preventiva si è dimostrato utile proprio per prevenire il disturbo stesso, evitando alcuni comunissimi e frequentissimi errori che i genitori, in perfetta buona fede, avrebbero potuto commettere.
Quando tutte le strategie elencate fin’ora risultano inefficaci oppure quando un genitore ha difficoltà ad applicarle, in ultima analisi, prima che il disturbo del sonno si cronicizzi, si può ricorrere alla terapia farmacologica. I farmaci più comunemente usati sono gli antistaminici (niaprazina), alcune volte le benzodiazepine, gli antidepressivi triciclici, la melatonina e il triptofano, che è un aminoacido contenuto in buona quantità nel latte.
I disturbi da eccessiva sonnolenza diurna: la narcolessia
E’ un disturbo che dura tutta la vita ed è molto invalidante e anche pericoloso. Non si conosce l’origine ma si sa che è legata ad un disturbo della fase di sonno REM, quella fase durante la quale si formano i sogni: i bambini narcolettici presentano una eccessiva sonnolenza diurna, delle allucinazioni ipnagogiche, degli attacchi cataplettici e spesso una paralisi nel sonno. E’ una malattia prevalentemente degli adulti ma può esordire anche in modo misconosciuto nell’età infantile. I bambini che ne sono affetti si addormentano a scuola sul banco, davanti alla tv e hanno grosse difficoltà a svegliarsi al mattino. Sono frequentissime le difficoltà di apprendimento scolastico. La sonnolenza diurna può manifestarsi con tanti microsonni che distraggono il bambino dalle lezioni scolastiche e che creano in lui grosse difficoltà a seguire il programma scolastico. Se misconosciuto, il problema viene etichettato come difficoltà di apprendimento o come disturbo comportamentale. Spesso gli attacchi cataplettici di sonno improvviso si esprimono con mancanza improvvisa di forza muscolare e tremore alle gambe, molto spesso indotti da stress emotivi. Meno frequenti sono le allucinazioni al momento dell’addormentamento: il bambino vede strane figure geometriche prima di addormentarsi e le paralisi al risveglio: il soggetto, al risveglio mattutino, è impossibilitato a muoversi benché sia già sveglio e vigile. La narcolessia infantile è piuttosto rara ma è un disturbo che rende il bambino insicuro e schivo e implica spesso ritardo di apprendimento. E’ bene diagnosticarlo in tempo perché può portare alla depressione.
Disturbi respiratori nel sonno: le apnee ostruttive
Sono molti i disturbi respiratori notturni dei bambini che comportano una cattiva qualità del sonno e, di conseguenza, disturbi comportamentali diurni come sonnolenza, facile irritabilità, distrazione a scuola e difficoltà di concentrazione ed apprendimento. La sindrome delle apnee notturne ostruttive è definita dalla presenza di episodi di completa o parziale o prolungata ostruzione delle vie aeree superiori durante il sonno con persistenza dell’attività dei muscoli respiratori, cioè sforzi respiratori per mantenere comunque la respirazione anche in assenza di flusso aereo oro-nasale associata a desaturazione di ossigeno e ad aumento della anidride carbonica. Nel bambino la sindrome si manifesta con una vasta gamma di sintomi ed una loro ampia variabilità. Essa colpisce in media il 3% dei bambini tra i due ed i cinque anni.
I sintomi maggiori di questa sindrome sono i seguenti:
- russamento abituale e persistente da almeno due mesi
- pause respiratorie e apnee notturne abituali e persistenti
- difficoltà a respirare con respiro notturno rumoroso persistente
I sintomi minori sono:
- russamento solo occasionale e intermittente
- pause respiratorie e apnee notturne solo occasionali e intermittenti
- difficoltà nel respiro notturno occasionale e intermittente
- deficit di attenzione e scarso rendimento scolastico
- iperattività diurna
- eccessiva sonnolenza diurna
Vi sono poi dei segni, delle evidenze che giustificano questi disturbi: anch’esse si possono suddividere in maggiori e minori. I segni maggiori sono:
- l’ipertrofia delle tonsille e delle adenoidi
- i dismorfismi cranio-facciali e le anomalie del retrofaringe come la microretrognazia, il palato ogivale e alcune malocclusioni dentali.
I segni minori sono l’obesità e lo scarso accrescimento staturo-ponderale
Per fare diagnosi di vero disturbo respiratorio notturno devono essere presenti almeno un sintomo maggiore oppure almeno due sintomi minori oppure un sintomo maggiore e uno minore. Si impone soltanto un atteggiamento di attesa nel caso sia presente soltanto un sintomo minore.
I problemi comportamentali conseguenti ad un disturbo respiratorio notturno vero sono sovrapponibili al disturbo di iperattività-disattenzione con conseguente rischio evolutivo verso un più importante disturbo dell’apprendimento.
Come si intuisce, data la loro complessità, questi problemi possono essere affrontati in modo compiuto solo in multidisciplinarità, cioè in centri specializzati dove il problema può essere preso in carico da più figure professionali.
Sonnambulismo, risvegli confusionali e terrori notturni
Alla base di questi disturbi vi è un incompleto risveglio dopo una prima fase di sonno. Il bambino può gridare e mostrarsi particolarmente agitato (terrori notturni) oppure può alzarsi dal letto e compiere atti illogici non finalizzati, oppure può risvegliarsi solo parzialmente in preda a confusione e avere molta difficoltà a svegliarsi del tutto anche se sollecitato dal genitore. In tutti i casi, al suo risveglio, non ricorda nulla di quanto avvenuto poche ore prima. Qualche volta questi disturbi compaiono solo quando il bambino ha febbre o ha la vescica piena o per alcuni giorni ha dormito meno del solito ed è particolarmewnte stanco.
Caratteristiche dei terrori notturni: si tratta di risvegli parziali ad esordio improvviso con intensa agitazione ed espressione di terrore sul viso, sudorazione, pallore, tachicardia, tachipnea e dilatazione pupillare. Il bambino urla in modo inconsolabile, non riesce a svegliarsi e non riconosce i genitori. Insorgono di solito nella prima parte della notte, nelle prime due o tre ore dopo l’addormentamento, durano di solito pochi minuti, hanno una incidenza dell’1% della popolazione infantile, vi è elevata famigliarità. I risvegli confusionali hanno caratteristiche simili ai terrori notturni ma durano più a lungo, anche più di mezz’ora, non portano ad una grande agitazione, colpiscono anche più del 10% della popolazione infantile e riconoscono anch’essi una elevata famigliarità. Il sonnambulismo si manifesta con azioni finalistiche o meno del bambino che ne è in preda, come camminare, aprire il frigo e mangiare, uscire di casa persino aprire un armadio o una finestra, ecc. Compare nella prima parte della notte, dura una diecina di minuti, di solito non procura agitazione, il bambino non ricorda nulla al risveglio, si manifesta nei bambini più grandicelli e nei pre adolescenti e ha anch’esso una elevata famigliarità.
Che fare? Se gli episodi sono sporadici e le azioni compiute non pericolose è bene tranquillizzare il genitore, consigliargli misure preventive di sicurezza per evitare incidenti (blocco delle finestre e della porta, rimuovere ostacoli nelle stanze ecc.), consigliare tutte le misure di igiene del sonno sopra elencate, non svegliare il bambino, praticare, se già grandicello, tecniche di rilassamnento prima di addormentarsi (training autogeno, yoga per bambini, massaggio infantile) e, nei casi impegnativi, praticare i “risvegli programmati”, svegliare, cioè, il bambino, 15 minuti prima dell’ora in cui si suppone debba verificarsi l’episodio, visto che sia i terrori notturni che il sonnambulismo compaiono sempre in orari molto regolari e prevedibili, due ore circa dopo l’addormentamento.
Se gli episodi sono più di uno a settimana oppure se sono tali da far pensare a rischio di incidenti, si impone un approccio farmacologico: si usano solitamente le benzodiazepine, il clonazepam e l’imipramina. L’azione di questi farmaci si esplica sostanzialmente sulla riduzione di durata della fase di sonno molto profondo, ad onde lente e sulla soppressione del sonno REM, almeno nelle prime ore della notte, visto che gli episodi compaiono proprio durante la fase di sonno molto profondo, al limite con la fase di sonno REM durante la quale si sviluppano i sogni (vedi altro articolo sul sonno presente sul sito).
L’enuresi notturna è caratterizzata da una o più minzioni involontarie in un mese, durante il sonno, in bambini di età superiore a 5 anni, in assenza di patologie che potrebbero giustificare una alta frequenza delle minzioni come il diabete mellito, il diabete insipido, una infezione delle vie urinarie o l’epilessia. La perdita di urine si manifesta soprattutto nella prima parte della notte, ma può avvenire a tutte le ore. Il sonno dei bambini enuretici non presenta caratteristiche patologiche. La percentuale di bambini enuretici è alta: 30% a 4 anni, 15% a 5 anni, 10% a 6 anni, 3% ancora a 12 anni, 1% a 15 anni. Ne sono maggiormente affetti i maschi fino a 10-11 anni. Si definisce primaria una enuresi di un bambino che non ha mai imparato a trattenere volontariamente le urine o vi è riuscito solo per un brevissimo periodo, mentre si definisce secondaria una enuresi che ricompare dopo un periodo di almeno 6 mesi di totale continenza sia diurna che notturna. All’origine dell’enuresi secondaria vi sono spesso motivi psicologici come gelosia verso un fratellino nuovo arrivato, inserimento all’asilo o a scuola, tensioni e liti in famiglia e tra i genitori. E’ un problema transitorio suscettibile di rapida soluzione dal momento che si individua e si supera il problema psicologico. Solo circa il 2% delle enuresi notturne riconoscono una base organica (infezioni o malformazioni alle vie urinarie ecc., malattie neurologiche, metaboliche ematologiche). L’enuresi, pur non essendone strettamente legata, si associa spesso ad altri disturbi del sonno come terrori notturni, oppure alle apnee ostruttive come ai disturbi di natura psichiatrica (autismo). Il trattamento dell’enuresi primaria, non associata, cioè, ad altre patologie, si inizia dopo i 5 anni ed è sia di tipo comportamentale che farmacologico. Come farmaci si usano soprattutto la desmopressina e l’imipramina. Come terapia comportamentale si consiglia di ridurre l’ingestione di liquidi tre ore prima di dormire, non enfatizzare troppo il problema e non responsabilizzare e colpevolizzare più di tanto il bambino; fare esercizi di aumento della capacità vescicale e di continenza diurni aspettando alcuni minuti prima di far pare la pipì al bambino dal momento che sente lo stimolo (aumentare gradualmente i minuti ogni volta); far fare la ginnastica vescicale che consiste nell’interrompere più di una volta il flusso vescicale volontariamente durante la minzione; esercitare il rinforzo positivo con gratificazioni ad ogni successo notturno; risvegli programmati per farlo urinare ad orari fissi, ogni 4 ore (molto faticoso e mal accettato soprattutto dai genitori); allarme acustico posto sulle mutandine che segnala l’inizio della minzione (fastidioso, quasi abbandonato come sistema); nei casi con importanti problemi psicologici, psicoterapia.
Disturbi del sonno che si manifestano nella fase REM del sonno: gli incubi
Si tratta di sogni a contenuti terrificanti che avvengono solitamente nell’ultima parte della notte e svegliano il bambino che li ricorda, li racconta (a differenza del pavor notturno) e quando si sveglia il bambino è ben orientato e riconosce i genitori, la sua stanza ecc. Il contenuto degli incubi varia con l’età: può riguardare mostri, cadute dall’alto, aggressione da parte di animali feroci ecc. Di solito gli incubi sono in relazione con avvenimenti che hanno stressato o turbato il bambino. I genitori vanno rassicurati e va loro spiegato che il disturbo, di solito, non dura più di due o tre anni. Quando gli incubi sono molto frequenti e il loro contenuto ricorrente è bene rivolgersi ad uno specialista: spesso gli incubi ricorrenti sono la prima se non l’unica spia del profondo disagio psicologico di un bambino vittima di abusi.
A volte i disturbi del sonno dipendono da una alterazione del ritmo sonno-veglia, luce-buoi, quel ritmo circadiano che regola tutte le nostre funzioni biologiche e la loro alternanza in base alle varie ore della giornata, cioè del nostro adattamento all’ambiente.
In condizioni normali, vi è una fase di attività tra le 5 e le 8 del mattino; una riduzione dell’attività dalle 11 alle 14; una nuova fase di attività dalle 17 ale 20 e una fase di riduzione prima dell’attività poi della vigilanza dopo le 20, dalle 23 alle 5 di mattina. I ritmi luce-buio, gli orari scolastici e lavorativi, l’orario dei pasti regolano i nostri equilibri interni, ma l’alternanza luce-buio è il fattore più importante per la regolazione dei meccanismi interni regolatori del sonno. Per questo motivo è importante esporre spesso alla luce il neonato e il lattante e non farlo dormire in una stanza troppo oscurata durante i riposini diurni al fine di indurgli ritmi sonno-veglia simili a quelli adulti in un ragionevole lasso di tempo. Al di là dei condizionamenti sempre possibili, ognuno di noi ha un suo ritmo circadiano costituzionale e preferenziale che deve essere presto riconosciuto sin dai primi tempi e, se possibile, assecondato. Ma se il ritmo del bambino non è congeniale alle normali attività diurne, sia per eccessiva e precoce sonnolenza serale e conseguente risveglio mattutino troppo anticipato, sia per eccessiva irrequietezza serale e conseguente risveglio mattutino ritardato o difficoltoso, è bene porvi rimedio con un graduale condizionamento o ad andare a letto 15 minuti più tardi ogni sera se il bambino tende ad avere sonno troppo presto per poi svegliarsi di mattina troppo presto, oppure, se il bambino la sera non andrebbe mai a dormire, si dovrebbe, paradossalmente, ritardare il sonno di almeno mezz’ora ogni sera mantenendo i risvegli mattutini alla stessa ora fino a fargli saltare una notte di sonno per poi metterlo a dormire la sera successiva all’ora stabilita con la certezza che si addormenti subito data la sicura stanchezza. Da quel momento ci sono buone probabilità che mantenga un ritmo più regolare. Tutti questi esperimenti sono sicuramente difficili da attuare ma hanno dati risultati sperimentati.
Movimenti particolari durante il sonno
Movimenti periodici degli arti inferiori: è un disturbo relativamente frequente negli adulti ma almeno un quinto di loro riferisce di aver sofferto di questo problema sin dall’infanzia. Si tratta di brevi scosse cloniche ai muscoli delle gambe della durata di pochi secondi che si ripetono a distanza piuttosto ravvicinata durante le prime fasi del sonno nonREM. I bambini che presentano questo problema sono spesso iperattivi con deficit di memoria e di attenzione e altrettanto spesso sono bambini che non vorrebbero mai andare a letto.
Sindrome delle gambe senza riposo: il soggetto sente una irresistibile urgenza di muovere le gambe anche senza motivo, a volte accusa formicolii, a volte dolori vaghi che nei bambini vengono spesso associati ai dolori di crescita. Sono disturbi che riconoscono una certa famigliarità, proprio come i dolori di crescita e a volte si associano ad anemia da carenza di ferro (sideremia e ferritina bassa). L’impulso a muovere spesso le gambe doloranti può incidere sulla qualità globale del sonno e, a lungo andare, la deprivazione di un sonno ristoratore può avere dei riscontri sulla personalità del soggetto e portare a depressione anche importante.
Movimenti ritmici del sonno: sono dei movimenti ritmici e stereotipati che interessano principalmente la testa e il collo del bambino, compaiono ad intervalli regolari di qualche secondo fino a 2 minuti e durano in media alcuni minuti. Quando compaiono possono presentarsi per tutta la notte. Sono piuttosto caratteristici di bambini tra i 6 e i 9 mesi e possono durare mesi per poi scomparire al compimento del secondo anno di vita. Non vanno inibiti; a volte scompaiono se si fa ascoltare al bambino una musica ritmica con ritmo della stessa frequenza dei suoi dondolii. Quando risultano molto disturbanti per il sonno del piccolo si possono somministrare benzodiazepine a periodi intermittenti.
Molte problematiche psichiche influenzano la qualità del sonno dei bambini: di solito si tratta di periodi conflittuali con una figura genitoriale, mentre, per esempio, un bambino che sperimenta una carenza di cure e di attenzioni, cioè una situazione di abbandono, tende a dormire molto e a vivere il sonno come struttura protettiva e processo compensatorio delle carenze affettive sperimentate durante il giorno.
Anche la storia della gravidanza e del parto possono influire sulla qualità del sonno del bambino: taglio cesareo, parto difficoltoso, depressione o stress in gravidanza sono spesso presenti nella storia dei bambini con disturbi di sonno precoci (più di un terzo dei bambini con disturbi precoci del sonno hanno sofferto di qualche problema in epoca perinatale).
La relazione tra stress e sonno è un problema complesso perché lo stress, di qualsiasi genere esso sia, influenza la psiche sia della madre che del bambino e influisce sulle modalità di attaccamento della diade madre-bambino con sviluppo di problematiche materne che si ripercuotono sul bambino e viceversa. Periodi di separazione precoce dalla madre per ospedalizzazione, prematurità, soggiorno in incubatrice o patologia materna, sviluppano insonnia e risvegli notturni frequenti nei bambini che si risolve solo con il ripristino del contatto stretto madre-bambino. Tali problematiche creano un imprinting di ansia e insicurezza che non è sempre facile far superare anche dopo che si è attuato il riavvicinamento alla madre.
Anche l’allontanamento forzato di un genitore o la sua morte producono ansia e depressione e frequenti disturbi del sonno così come, al contrario, uno stato di deprivazione affettiva per carenza di relazione o di cure o per comportramenti di abuso sul minore. Una approfondita valutazione dei disturbi del sonno è inoltre fondamentale per porre diagnosi di disturbo post-traumatico da stress. Anche eventi traumatici come una guerra, un terremoto, un uragano, provocano lunghi periodi di sonno disturbato nel bambino.
E’ quindi fondamentale non sottovalutare, non trascurare e cercare di inquadrare velocemente, magari con l’ausilio di specialisti competenti, tutti i disturbi relativi alla sfera del sonno del bambino perché un atteggiamento tendente a sottovalutarli o troppo fatalista può ritardare la comprensione di problematiche sottostanti magari serie e che potrebbero diventare di difficile soluzione se cronicizzate.
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Gentile Daniela,
da questo articolo mi sembra che lei concordi con il metodo dell’estinzione graduale e metta in guardia i genitori dall’accorrere ai richiami dei bambini durante la notte. Cosa ne pensa di tutti i libri che affermano esattamente il contrario? Come quelli pubblicati dal Bambino Naturale del Leone Verde. E degli studi di Tortorella e Moschetti? Ci terrei proprio alla sua opinione, che è per me molto autorevole. Ho spesso seguito le sue indicazioni ed i suoi consigli e non nego di essere rimasta sorpresa rispetto a questa sua posizione, anche perchè in due articoli di questo sito sembra dare informazioni con orientamenti diversi.
Spero in una sua risposta.
Valentina