Le allergie e le intolleranze alimentari

Alimenti allergizzantiGli alimenti possono generare reazioni avverse per molti motivi.

Esistono reazioni allergiche propriamente dette, sempre dovute a meccanismi immunologici e generalmente dose-dipendente, che si manifestano con sintomi spesso eclatanti, a poca distanza dall’assunzione dell’alimento e non sempre a carico del solo apparato gastroenterico (per esempio: non solo diarrea e dolori addominali nell’allergia al latte vaccino ma anche eczema e asma ecc.).

Vi sono reazioni da intolleranza che, a loro volta, possono essere suddivise in reazioni pseudoallergiche, come nelle intolleranze alimentari dovute agli additivi e ai conservanti contenuti spesso nei cibi incriminati e non propriamente all’alimento in se stesso, e reazioni dovute alla impossibilità di digerire un certo alimento per la mancanza, nell’organismo, di alcuni enzimi necessari per la digestione dell’alimento stesso (intolleranza al latte per mancanza di lattasi, enzima che scinde il lattosio e permette la sua digestione, intolleranza a certa frutta per mancanza di fruttosio-1-fosfato aldolasi, intolleranza al glutine, ecc.)

E infine vi sono reazioni dovute a sostanze tossiche contenute nell’alimento (microbi, inquinanti ambientali, tossine di alcuni funghi velenosi, pesticidi e sostanze chimiche agro-alimentari di vario genere ecc.)

Come si vede, quindi, le cause scatenanti una reazione avversa da parte di un alimento sono moltissime e in costante aumento e, in realtà, quelle di origine veramente allergica sono una minoranza: una vera allergia alimentare è frequente solo nella prima infanzia.

Nell’infanzia, allergici al latte vaccino o all’uovo o al pesce sono all’incirca il 5% dei bambini sotto i due anni di età. Ma, essendoci spesso una risoluzione spontanea graduale del problema con il passare degli anni dai due anni di vita in poi, verso i 10 anni la percentuale di bambini allergici è sovrapponibile a quella degli adulti. Si risolve soprattutto l’allergia al latte e derivati mentre può persistere quella per la frutta come tendono ad emergere sempre nuove allergie, come quelle alle arachidi e alla frutta secca con guscio in genere, in rapporto al maggior consumo di quest’ultima contenuta spessissimo in dolciumi e merendine preconfezionate.

Nell’adulto, i casi di vera e propria allergia alimentare sono pochi, sicuramente meno dell’1% della popolazione, mentre tendono progressivamente a verificarsi sempre nuove intolleranze.

Tra le vere reazioni allergiche degli adulti vi sono quelle per alcuni frutti e alcuni vegetali, spesso associate ad allergie a pollini stagionali con i quali si innescano reazioni allergiche di tipo crociato a causa della similitudine antigenica presente tra alcuni pollini e alcuni vegetali.

Le allergie aumentano proporzionalmente al consumo dell’alimento che ne è responsabile: da quando anche nel nostro paese si coltivano i kiwi, originari della Nuova Zelanda, i casi di allergia a questo frutto sono aumentati esponenzialmente, così come stanno aumentando le allergie alla pesca, alle noci, alla mela, al pomodoro e al sedano.

Ma allergie e intolleranze sono sempre esistite: descrivono allergie al latte di mucca e di capra Ippocrate nel 4° secolo avanti Cristo e Galeno nel 2° secolo dopo Cristo. Nel 18° secolo, con l’avvento di un’alimentazione più ricca di proteine, si segnalano crisi asmatiche dopo assunzione di pesce e uova, ma le nuove tecniche di ricerca immunologia permettono lo studio scientifico di queste patologie solo da pochi decenni.

Parlare di allergie e intolleranze alimentari significa fare chiarezza su un problema che attualmente interessa mediamente il 3% della popolazione adulta e il 6% di quella infantile. Tali percentuali, negli ultimi decenni, sono in continuo aumento con una tendenza che non accenna affatto ad invertirsi, anzi.

Teoricamente, qualsiasi alimento può produrre reazioni allergiche. In ordine di frequenza, gli alimenti più a rischio sono: latte vaccino, derivati del latte e uovo. Seguono pesce, soprattutto il merluzzo, frutta, compresa quella secca, come arachidi, kiwi, mele, pesche, banane, meloni, noci, nocciole, mandorle, vegetali come sedano, pomodoro, basilico, semi di sesamo, cereali e legumi come grano, mais, orzo, segale, soia, piselli e infine molluschi, sia di mare che di terra (lumache).

La cottura, in certi casi e per certi soggetti, può influire sull’allergenicità di alcuni cibi: il calore degrada, infatti, alcune proteine e sostanze allergizzanti rendendole innocue. Può però succedere anche il contrario: la cottura può, infatti, determinare la formazione di neoallergeni non esistenti negli alimenti crudi.

Gli allergeni più attivi e più frequentemente responsabili di reazioni allergiche sono quelli definiti “stabili”, cioè poco modificabili dalla cottura o dall’esposizione al calore: sono soprattutto la beta-lattoglobulina del latte, l’ovalbumina del bianco dell’uovo e alcuni allergeni delle arachidi e del merluzzo.

Nella stragrande maggioranza dei casi, per quanto riguarda l’allergia vera e propria, si è allergici ad un solo alimento ma non mancano i casi di allergie a più alimenti in uno stesso individuo.

Se alcuni test allergologici danno allergia a più alimenti, questa deve essere comprovata  con i sintomi soggettivi riferiti in seguito al consumo di questi cibi e con le prove da scatenamento prima di escludere tutti i cibi incriminati dalla dieta.

In caso di vera allergia, i sintomi si possono manifestare anche solo odorando l’alimento o toccandolo. Non è così per le intolleranze.

Alimenti di origine animale responsabili di allergia

  • Latte vaccino: l’allergia alle proteine del latte vaccino rappresenta, in assoluto, la più frequente fra tutte le allergie alimentari. Nei bambini sotto i due anni, anche escludendo tutte le forme di intolleranza e quindi non di vera e propria allergia, essa sfiora il 6% della popolazione. In oltre il 50% dei casi, la vera allergia alle proteine del latte vaccino si manifesta entro il primo mese di vita e il restante 50% entro il terzo mese. Però, quand’anche grave e precoce, essa tende a migliorare notevolmente dopo il secondo anno e a scomparire entro i primi dieci anni di vita. È quindi rara, anzi rarissima, nell’adulto, benché, a volte, può comparire anche in tarda età: in questi casi, però, dura tutta la vita e può dare anche reazioni extra-intestinali gravissime come shock anafilattico alla sola inalazione di alcuni allergeni come la beta-lattoglobulina. Sono casi rarissimi e si riscontrano, di solito, nei soggetti che per lavoro sono quotidianamente a contatto con grandi quantità di allergene (addetti alla mungitura, operai di industrie casearie, ecc.)

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  • Albume d’uovo: è la seconda causa di allergia alimentare dopo le proteine del latte vaccino. Anch’essa tende a diminuire con l’età e diventa rarissima nell’adulto. Per tale motivo si consiglia l‘introduzione dell’uovo solo al compimento del primo anno di vita, iniziando solo con il tuorlo, meno allergizzante, ben cotto e in piccole quantità, per arrivare a un tuorlo intero cotto alla coque solo dopo settimane e all’uovo intero, compreso l’albume, ancora più avanti. La cottura, infatti, modifica notevolmente la struttura di alcune proteine dell’uovo, soprattutto del tuorlo, quindi il tuorlo si può introdurre “liquido” prima dell’albume che, comunque, essendo composto da proteine contenenti allergeni “stabili”, oltre a dover, sicuramente, essere mangiato sempre ben cotto, non modifica di molto la sua allergenicità con la cottura.
  • Pesce: il pesce più allergizzante è il merluzzo, ma la metà dei soggetti allergici al pesce lo è a qualsiasi pesce mentre l’altra metà solo ad alcuni. I pesci maggiormente incriminati, oltre al merluzzo, forse perché i più comuni sulle nostre mense, sono il nasello, la sogliola, il rombo, il dentice, il pesce persico, il tonno, le aringhe e le anguille. Sono tutti pesci di mare. I pesci di acqua dolce, generalmente, infatti, sono meno allergizzanti, quindi spesso ben tollerati da soggetti allergici ai pesci di mare. La particolarità dell’allergia alle proteine del pesce è quella di manifestarsi anche con minime quantità: sono segnalati casi di reazioni allergiche gravi solo per aver leccato la striscia di colla di una busta, contenente, appunto, colla di pesce. A volte, si crede erroneamente di essere allergici al pesce, quando invece l’allergia può essere dovuta soltando alla presenza di un parassita del pesce, un nematode, un microscopico vermetto saldamente fissato alla pelle del pesce, l’Anisakis simplex, che una cottura poco accurata non distrugge. L’abitudine di mangiare pesce crudo, introdotta da noi da altre culture, sembra aumentare questo tipo di allergia. Bisogna comunque precisare che alcune allergie riferite direttamente alla carne di pesce non sono vere allergie bensì o reazioni di tipi tossico da ingestione di pesce avariato (ben nota è la sgombrotossicosi), oppure reazioni cosìdette pseudoallergiche in quanto molti pesci contengono sostanze che, se ingerite, provocano liberazione di istamina, oppure contengono essi stessi istamina, come il tonno in scatola o il pesce essiccato: l’istamina provoca gli stessi sintomi di una reazione allergica, essendo essa stessa prodotta e liberata da alcune cellule dell’organismo (mastociti) durante la reazione allergica.
  • Crostacei: gamberi, aragoste, granchi, granseole possono scatenare reazioni allergiche anche forti, soprattutto respiratorie oltre che gastrointestinali e, spesso, i soggetti allergici ai crostacei lo sono anche ai Dermatofagoidi (polvere di casa o polvere varia).
  • Molluschi di mare: ostriche, cozze, vongole, telline, cannolicchi, tartufi di mare sono i molluschi più spesso incriminati, molto meno i calamari, le seppie e i polipi. Anche in questi casi vi può essere allergia crociata con i Dermatofagoidi.
  • Carni: tra le carni, quella di maiale è la più allergenica, anche se i casi di vera e propria allergia sono rari. A questo proposito, è bene ricordare che la carne di animali che vivono in stalla o in allevamenti numerosi possono contenere alte dosi di antibiotici, soprattutto penicillina, somministrati agli animali per prevenire malattie infettive o contagi. La carne di maiale è la più a rischio di contenere tale antibiotico: i soggetti allergici alla penicillina devono quindi assumerla con attenzione. Discorso diverso sono, invece, gli insaccati, che di solito non provocano facilmente allergie vere e proprie ma reazioni pseudoallergiche a causa di additivi, conservanti o coloranti.

Rarissime sono le allergie alle carni di cavallo o di coniglio: si tratta, di solito, di allergia crociata al pelo di questi animali. Altrettanto rare sono le vere allergie alle carni di pollo o di altri uccelli. L’allergia al pollo, di solito, si manifesta in soggetti allergici anche all’uovo e quasi mai isolatamente. Le reazioni allergiche alle carni di volatili sono dovute quasi sempre a reazione crociata con l’allergia alle piume.

Per ultimi vanno elencati i rari casi di allergia alle chiocciole (erroneamente chiamate lumache in quanto le lumache non hanno guscio mentre le chiocciole che si mangiano si). Anche in questi casi, i soggetti allergici lo sono anche ai Dermatofagoidi.

Alimenti di origine vegetale responsabili di allergia

  • Leguminose: le arachidi sono le leguminose che danno allergie in aumento esponenziale in questi ultimi anni. L’abitudine di consumarne, nel nostro paese, ci viene dai paesi anglosassoni. L’abitudine di consumarle tostate aumenta la loro allergenicità, contrariamente ad altri modi di cucinarle come la bollitura o la frittura,, tipici dei paesi asiatici dove, nonostante l’altissimo consumo, i casi di allergia sono rari. In una casistica inglese accreditata, le arachidi sono responsabili dell’85% delle allergie alimentari dei primi tre anni di vita! Le manifestazioni cliniche dell’allergia alle arachidi possono essere orticaria, rinite o asma, ma non vanno sottovalutati casi più gravi di shock anafilattico e edema laringeo che possono essere anche letali. Le reazioni crociate con altri tipi di frutta secca non sono rare e i soggetti allergici alle arachidi andrebbero sempre testati per tutti gli altri tipi di frutta secca. Gli allergeni delle arachidi passano nel latte materno e possono sensibilizzare il lattante a rischio che, una volta cresciuto, con facilità mangerà a sua volta frutta secca o dolci che le contengono rischiando reazioni allergiche anche serie. Per tale motivo si consiglia vivamente alla madri di bambini con famigliarità per allergia, quindi genericamente predisposti ad allergie di vario tipo, di curare molto attentamente la loro alimentazione durante l’allattamento rifuggendo il più possibile, non solo dai cibi notoriamente a rischio, ma anche da prodotti alimentari elaborati del commercio come merendine, dolci e biscotti preconfezionati industriali e via dicendo che possono contenerli anche e soprattutto in forma occulta. Molto più rare sono le allergie ai legumi come fagioli, lenticchie, piselli, ceci,ecc., che sono, al contrario, frequenti nei paesi asiatici che ne fanno consumo pressoché giornaliero. Cosa diversa dall’allergia è, invece, il favismo, che comporta gravi reazioni emolitiche con distruzione massiva dei globuli rossi alla sola inalazione di allergeni provenienti dalle fave (deficit enzimatico dei globuli rossi).
  • La soia è un altro legume allergizzante e il 30% dei bambini allergici al latte vaccino che assumono latte di soia in sostituzione diventano presto allergici anche alla soia. Frequenti sono reazioni allergiche respiratorie o cutanee in lavoratori a contatto con i semi della soia (mulini, città portuali dove si commercia la soia, ecc.).
  • Alcune gomme naturali contenute, per es., nei semi di carruba, oppure la gomma di guar, la gomma arabica e quella d’acacia, vengono utilizzate come additivi alimentari, addensanti ecc. e possono scatenare allergie.
  • Tra la frutta, la mela è il frutto che, in assoluto, da più frequentemente manifestazioni allergiche. E’ seguita dalla pesca, pera, prugna, albicocca e ciliegia. I sintomi possono essere gastroenterici ma spesso sono a carico del cavo orale come infiammazioni o stomatiti. I soggetti allergici a questi frutti lo sono spesso anche a certi pollini come la betulla.
  • Il concetto che la fragola sia un frutto molto allergizzante va ora sfatato. E’ rara, infatti, una vera allergia da fragole: quando compare orticaria in seguito ad ingestione di fragole, spesso il sintomo dipende dal fatto che la fragola contiene istamina, sostanza nota per essere responsabile delle reazioni cutanee di tipo orticarioide. Si tratterebbe quindi di una pseudo-allergia e non di una allergia vera e propria e si presenta, di solito, dopo ingestione di notevoli quantità di questo frutto, non dopo una sola fragola, come succede nella vera allergia.
  • Un’altra allergia in forte aumento è quella al kiwi. I soggetti allergici al kiwi lo sono spesso anche alle graminacee, alla parietaria e al lattice, nonché ai semi di sesamo, al peperoncino e alla segale.
  • Noci, mandorle e pistacchi danno meno spesso allergie ma i soggetti allergici spesso lo sono anche ai pollini della betulla e del nocciolo.
  • L’allergia alla banana è rara e spesso associata a quella al melone, all’anguria, al cetriolo e alla zucchina, cioè alle cucurbitacee. L’allergia all’avocado è spesso una pseu-doallergia: il frutto è contenuto spesso in prodotti cosmetici e contiene istamina che, com’è stato già detto, scatena manifestazioni cutanee di tipo orticarioide.
  • More e gelsi possono dare allergia in soggetti allergici alla parietaria.

Eccezionali sono le vere allergie agli agrumi, soprattutto al succo degli agrumi: alcune dermatiti da contatto possono scatenarsi in seguito al contatto della pelle con alcuni composti oleosi aromatici della buccia, dei semi e dei fiori (rinocongiuntiviti, orticaria). Però le rutarie, cioè le piante di agrumi, contengono le furocumarine, che sono sostanze capaci di provocare fenomeni cutanei di fotosensibilizzazione.

  • Ananas e papaia molto raramente danno allergie ma contengono una sostanza, la bromelina, che viene impiegata frequentemente nell’industria farmaceutica. Pertanto, i soggetti allergici all’ananas o alla papaia devono sempre controllare la composizione dei farmaci che vengono loro prescritti per evitare che contengano la bromelina.
  • Cetriolo e melone sono raramente responsabili di allergie, ma i soggetti allergici spesso lo sono anche all’anguria, alla zucchina e alla banana.
  • Il sedano rappresenta uno degli alimenti più frequentemente responsabile di allergia negli adulti. Reazioni crociate si possono avere con il finocchio, il prezzemolo e l’anice.
  • Cavoli, crescione, ravanelli, rafano, broccoli, cavolfiore, possono dare reazioni crociate con il pomodoro.
  • Il pomodoro è raramente allergizzante ma contiene sostanze che liberano istamina, quindi può dare pseudo-allergie.
  • L’aglio, nei soggetti predisposti, da reazioni crociate con cipolle e asparagi.
  • Allergia al pistacchio si può osservare nei soggetti allergici alla parietaria e all’anacardio, spesso usato nell’industria alimentare (dolci, gelati, mortadella).
  • L’allergia alimentare alla farina di frumento è rarissima e nulla ha a che vedere con l’allergia ai pollini del frumento che presentano antigeni diversi dai chicchi, così come un soggetto allergico alle graminacee non è allergico ai prodotti a base di farina e nemmeno al polline della farina. Però un soggetto allergico alla farina di frumento lo è facilmente anche all’orzo e all’avena.
  • Rarissime poi sono le allergie alla senape, al sesamo, al basilico (reazione crociata con il sedano) e ad altre erbe aromatiche.
  • Il cioccolato non è allergizzante ma contiene tiratina che è una sostanza liberatrice di istamina, quindi può dare manifestazioni di tipo orticarioide pseudo-allergiche.
  • Il pomodoro, importato dal Perù agli inizi del 16° secolo, è ora la più importante specie orticola coltivata in Italia. Le allergie al pomodoro sono frequenti, così come le pseudo-allergie, visto che contiene sostanze liberatrici di istamina. Ma il pomodoro contiene anche nichel, perciò è sconsigliato nei soggetti allergici a questo metallo.
  • Eccezionali sono i casi di allergia all’uva, più frequenti quelli di allergia ai datteri o alla noce di cocco, soprattutto nei soggetti allergici ad altri frutti con guscio come mandorle o castagne.
  • Rarissimi i casi di allergia ai pinoli e quasi tutti in soggetti allergici al polline dei pini.
  • Particolare interesse desta attualmente il miele così come tutti i derivati dalla pappa reale che promettono miracoli come integratori alimentari. I soggetti affetti da pollinosi devono stare molto attenti quando assumono queste sostanze.
  • Vino e birra sono raramente allergizzanti.
  • Interessante è invece il capitolo sugli additivi alimentari: i coloranti come il rosso carminio ha potere allergizzante mentre altri coloranti possono dare solo pseudo-allergie.

Le reazioni allergiche si manifestano spesso in bocca, con gonfiore delle labbra, stomatite, fino all’edema del laringe, sulla cute, con eczemi o comparsa di orticaria e angioedema, ai bronchi con asma e infiammazione bronchiale, nel tratto gastroenterico con dolori addominali, diarrea, ecc., e infine, con sintomatologia grave e generalizzata come shock anafilattico.

Quando compare l’allergia?

Abbiamo detto che quasi tutti gli alimenti sono potenzialmente allergizzanti. Come mai, allora, solo una percentuale relativamente piccola di soggetti presenta sintomi di allergia? Esistono, nell’organismo, meccanismi difensivi, sia immunologici che non immunologici, che impediscono la sensibilizzazione verso gli allergeni alimentari. Se questi meccanismi vengono meno, o semplicemente vengono superati dalle molecole antigeniche dell’alimento, queste ultime possono attraversare la barriera costituita dalle cellule immunocompetenti e raggiungere gli strati più profondi della mucosa dell’intestino, i linfonodi e la milza, fino ad arrivare ai vasi sanguigni, dando così luogo alle reazioni allergiche specifiche.

I meccanismi non immunologici di difesa dagli allergeni alimentari sono la barriera gastrica, con la sua secrezione di succhi gastrici e di acido cloridrico, il muco secreto sia a livello dei bronchi che di tutte le altre mucose compreso l’intestino e gli enzimi pancreatici e intestinali deputati alla digestione dei cibi e dei loro allergeni per renderli innocui e più facilmente assimilabili o eliminabili.

Tra i meccanismi di ordine immunologico vi sono gli anticorpi e, per prime, le immunoglobuline A secretorie che verniciano tutta la mucosa sia dell’apparato respiratorio che intestinale contribuendo a formare una barriera protettiva per impedire il passaggio dell’allergene.

Oltre alle immunoglobuline A vi sono gli immunocomplessi che si formano tra antigeni e immunoglobuline A: le IgA catturano l’antigene e lo trasportano in luoghi dove può essere distrutto.

La comparsa dell’allergia si ha quando questi due sistemi difensivi vengono scavalcati con un meccanismo di by-pass e le molecole allergizzanti riescono ad arrivare in circolo. Qui possono succedere due cose: o vengono gradatamente neutralizzate da altri anticorpi circolanti come IgG o si legano agli anticorpi IgE formando immunocomplessi responsabili di tutte le manifestazioni allergiche ben note. La produzione di questi immunocomplessi è sorvegliata da tutto il restante sistema immunitario: quando tendono ad eccedere in quantità vengono neutralizzati e le reazioni allergiche che potrebbero provocare, ridotte al minimo. Nei soggetti cosìdetti atopici, predisposti alle manifestazioni allergiche, invece, questa neutralizzazione è scarsa e gli immunocomplessi IgE-allergene si accumulano producendo i ben noti sintomi, almeno nei primi anni di vita, visto che tutte  o quasi tutte le manifestazioni allergiche dei primi due tre anni di vita tendono a decrescere col tempo. Sembra che tutto dipenda dalle cellule responsabili della memoria immunitaria che, invece di produrre selettivamente cellule in grado di contrastare l’attività degli immunocomplessi IgE – allergene, come avviene nei soggetti normali, producono cellule con attività facilitante  la formazione di tali immunocomplessi. L’incontro tra questi immunocomplessi con recettori specifici di cellule di vario tipo come i mastociti provoca l’attivazione di queste cellule che liberano nel circolo sanguigno delle sostanze che sono responsabili di tutti i fenomeni tipici dell’allergia.

Tutti questi meccanismi biochimici specifici delle reazioni allergiche vere (in realtà molto più complessi di quanto esposto qui) si svolgono fuori dalle cellule. Vi sono però altri meccanismi che possono scatenare reazioni simili: sono processi intracellulari, molto più lenti dei precedenti e responsabili delle pseudo-allergie o intolleranze. Sembra che un determinato allergene, oltre che formare immunocomplessi con le immunoglobuline E, con tutte le conseguenze descritte, possa venire in contatto con determinate cellule immunocompetenti (linfociti T) e, la prima volta, sensibilizzarle. I linfociti T sono responsabili della memoria immunitaria, si “ricordano” quindi, di questo contatto e, se tornano in contatto con l’allergene una seconda volta, sono capaci di reagire scatenando reazioni a catena di tipo tossico e lesivo sulle cellule con le quali vengono in contatto.

I fattori che predispongono  all’allergia sono vari: alcuni sono di ordine genetico, altri di ordine ambientale (esposizione ad elevate concentrazioni di allergeni), altri, infine, sono solo facilitanti come malattie infettive intercorrenti o patologie metaboliche.

Per quanto riguarda i fattori genetici, si sa che il 50% dei soggetti allergici proviene da una famiglia con casi di allergia. Se uno dei genitori è allergico, soprattutto la madre, la percentuale di rischio che il bambino lo diventi è del 60%, se entrambe i genitori sono allergici la percentuale sale all’80%.

L’influenza genetica è quindi certa. Vi sono geni che predispongono in generale all’allergia e geni che influenzano la risposta delle immunoglobuline E in presenza di certi antigeni o allergeni.

Altra condizione predisponente all’allergia è il deficit di immunoglobuline A, le sentinelle del nostro organismo, che proteggono tutte le parti del nostro corpo che sono in contatto con l’esterno (bocca, faringe, laringe, bronchi, esofago, stomaco, intestino, vagina). Vi sono molti tipi di IgA: di alcune specie vi può essere un deficit congenito, di altre un deficit transitorio, tipico dei primi 3-4 anni di vita, periodo in cui i bambini si ammalano spesso.

Tra i fattori endocrini influenzanti l’allergia, c’è da dire che nei maschi le forme allergiche, alla pubertà, migliorano e il contrario succede nelle femmine. In menopausa le sindromi allergiche, di solito, scompaiono. Durante il ciclo mestruale si accentuano.

Nei soggetti atopici si è notata una eccessiva produzione di sostanze ossidanti e una relativa insufficienza di antiossidanti. Vi sono poi tutte le influenze che la psiche può avere sul sistema immunitario e le influenze del sistema neuroendocrino. Anche fattori fisici come lo sport e in generale l’attività fisica, l’esposizione alla luce, che aumentano le difese immunitarie, mentre il freddo le riduce, influenzano molto le reazioni allergiche.

Quali sono le manifestazioni cliniche più comuni delle allergie alimentari?

Lo shock anafilattico è la manifestazione più grave: è caratterizzato da improvviso calo pressorio e perdita di coscienza, edema del laringe e dell’ugola e broncospasmo, prurito, eritema, congiuntivite, orticaria, angioedema, nausea, vomito, diarrea e crampi addominali. Responsabili di questo grave quadro sintomatologico possono essere veleni di insetti, farmaci e alimenti. Ultimamente anche il lattice e pollini con relative reazioni crociate con vari alimenti, spesso di preparazione industriale contenenti allergeni “nascosti” cioè non dichiarati in etichetta. Nei paesi anglosassoni sono soprattutto le arachidi e le noci, nel nostro paese, per gli adulti, alcuni vegetali e certi frutti, nei bambini il pesce e il latte.

In soggetti predisposti e sensibilizzati, l’ingestione di un particolare alimento provoca, dopo pochi minuti massimo un’ora, liberazione massiva di sostanze chimiche che agiscono sui vasi sanguigni alterandone le pareti e rendendole permeabili: in questo modo le sostanze plasmatiche circolanti passano nel tessuto cellulare circostante e il circolo sanguigno si riduce anche del  40% con scarsa possibilità di mettere in atto tutti quei meccanismi compensatori di cui l’organismo dispone in circostanze analoghe. E’ quindi necessario e vitale un intervento medico e farmacologico d’urgenza.

I sintomi dello shock anafilattico sono pressione bassissima, quasi non misurabile, polso debole e frequente, pallore, perdita di coscienza fino al coma e disturbi sia respiratori che gastroenterici. Il paziente, a causa della grave ipotensione non urina più e presenta pallore estremo con estremità cianotiche. Molti esami ematochimici risultano alterati così come l’elettrocardiogramma.

Un altro sintomo di allergia alimentare è l’orticaria-angioedema: alimenti, farmaci o additivi sono le sostanze responsabili e la reazione compare, di solito, dopo poche ore dall’ingestione della sostanza. La stessa reazione si può verificare per semplice contatto, ma in questo caso, solo dopo pochi minuti dall’avvenuto contatto. Erompono sulla pelle chiazze rosa o biancastre, grandi e rilevate, circondate da cute di solito rossastra e pruriginosa. Quando la o le tumefazioni cutanee arrossate sono particolarmente estese e comprendono anche il tessuto sottocutaneo si parla di angioedema o edema angioneurotico o orticaria gigante. A volte, le forme più gravi di orticaria, sono precedute da una sensazione di malessere e astenia. La loro localizzazione può essere ovunque, sulla pelle e sulle mucose, e quando interessa la mucosa gastrointestinale si manifesta con dolori anche forti tanto da simulare un problema acuto chirurgico.

L’asma bronchiale e la rinite allergica sono altri due sintomi comuni nell’allergia vera: difficoltà prevalentemente espiratoria, tosse secca insistente, espettorato schiumoso, denso, biancastro ne sono i sintomi più classici che si manifestano dopo breve tempo dall’ingestione del cibo responsabile e possono durare da poche ore a alcuni giorni, per ripresentarsi poi ogni volta che l’alimento viene reintrodotto. Di solito i soggetti che presentano crisi asmatiche in seguito ad ingestione di alcuni alimenti hanno costituzionalmente una predisposizione al broncospasmo in seguito a stimoli fisici come freddo o smog o allergeni comuni come polvere di casa o semplice esercizio fisico o stati ansiosi. Frequentemente, assieme alla crisi asmatica, compaiono rinite con abbondante muco fluido e trasparente e congiuntivite con bruciore e lacrimazione agli occhi.

L’ingestione di certi frutti o di certe verdure può scatenare la sindrome allergica orale dopo pochi minuti, caratterizzata da bruciore e prurito al palato, edema delle labbra e a volte della glottide, stomatiti e irritazioni alla lingua. Succede a chi è affetto da allergia alle graminacee quando assume, per es., pomodoro, melone o anguria.

Un altro sintomo di allergia alimentare, soprattutto nei lattanti, è la gastroenterite acuta con vomito diarrea e dolori addominali dopo ingestione di latte vaccino. La sintomatologia compare dopo minuti o poche ore dall’ingestione del latte, la diarrea è liquida o mucosa ed è accompagnata da vere e proprie coliche gassose. La mucosa intestinale, se il problema non viene individuato velocemente, può lesionarsi e non assolvere più alle sue funzioni sia digestive che di assorbimento dei cibi: il bambino non cresce più di peso e può andare incontro ad una vera sindrome da malassorbimento.

Le sindromi allergiche non IgE mediate, non dovute, quindi, alla produzione di immunocomplessi allergene-immunoglobuline E, si presentano con le caratteristiche della celiachia, di una gastroenterite cronica più che acuta, accompagna o meno da sintomi cutanei e/o polmonari.

Morbo celiaco o enteropatia da glutine o celiachia: è una malattia gastrointestinale dovuta alla ipersensibilità (non allergia) alla alfa-gliadina, una delle quattro frazioni di cui si compone il glutine, il quale costituisce l’80% delle proteine della farina di frumento. La classificazione di questa malattia è ancora incerta: alcuni la classificano come malattia autoimmune. Colpisce la popolazione infantile tra 1 e 3 anni e tra i 20 e i 30 anni. Se ne stima un caso ogni 200 soggetti circa. In Italia, solo i celiaci diagnosticati sono oltre 35.000 ma a questi si devono aggiungere i numerosissimi casi non diagnosticati. In questa malattia le reazioni che si sviluppano sono di tipo cellulo-mediato, come nelle intolleranze alimentari. Sono implicati i linfociti T che,a contatto con il glutine, libererebbero sostanze tossiche per l’intestino.

I sintomi della celiachia sono diarrea con steatorrea, cioè con presenza eccessiva di grassi non assimilati nelle feci, anemia anche grave dovuta a carenza di ferro e di acido folico, infiammazione alla lingua, crampi, formicolii, ecc. Il bambino può presentare arresto di crescita e scarsa mineralizzazione ossea.

Moltissimi sono, però, i casi di celiachia con pochi sintomi e per di più aspecifici come anemia macrocitica, astenia, depressione, disturbi dispeptici vari con difficoltà digestive aspecifiche, presenza di alopecia areata (perdita di capelli a chiazze) orticaria cronica.

Si parla poi di celiachia solo potenziale in quei soggetti che hanno markers genetici caratteristici e che sono, quindi, solo predisposti. In un certo numero di celiaci conpare la dermatite erpetiforme di Duhring, con sospetta patogenesi autoimmune, con eruzione cutanea polimorfa con pomfi, orticaria, eritemi vari e bolle, spesso pruriginosa, un po dappertutto sul corpo.

Alcune enteropatie da glutine , però, sono solo transitorie, spesso secondarie ad alterazioni infettive della mucosa intestinale: queste ultime si risolvono con gli anni, contrariamente alla vera celiachia

Le allergie intestinali possono anche dare delle gastroenteropatie croniche caratterizzate da generica inappetenza, nausea, vomito, dolori addominali, diarrea, calo ponderale e arresto o rallentamento di crescita. Alcune analisi del sangue, in questi casi, dimostrano aumento dei globuli bianchi eosinofili, elevati livelli di immunoglobuline E con valori che aumentano dopo ingestione dell’alimento responsabile. In questi casi, i test sia cutanei che sul sangue, risultano positivi per numerosi allergeni, non soltanto di natura alimentare, per cui l’esatta identificazione dell’allergene alimentare responsabile deve essere fatta con test specifici di provocazione con tecniche particolari per fare diagnosi sicura. Attualmente si è messa in relazione ad una probabile allergia alimentare la sindrome del vomito periodico che si manifesta con crisi imprevedibili e incoercibili di vomito alimentare che possono durare anche ore. Ancora dubbia l’origine allergica sia per il morbo di Crohn che per la sindrome del colon irritabile.

Ma l’allergia alimentare è stata anche denominata “la grande simulatrice” perché può anche manifestarsi con i sintomi più vari come, per esempio, otite media sierosa cronica o ricorrente, spesso dovuta ad allergia al latte vaccino, alla soia, alle arachidi, alle uova.

Attuali e ancora molto controverse sono le ipotesi che la sindrome da tensione-fatica, la cefalea, l’emicrania e l’ADHD, sindrome da difficoltà di concentrazione, riconoscano una causa allergica.

Come si diagnosticano le allergie e le intolleranze alimentari?

Di primaria importanza è una buona anamnesi: essa però darà dati significativi nella sindrome allergica orale, che è molto evidente e si manifesta dopo pochi minuti dall’ingestione dell’alimento sospetto, meno aiuto, invece, potrà dare nei casi in cui i fenomeni allergici o da intolleranza si manifestano ore o giorni dopo l’introduzione del cibo sospetto.

In tal caso servono i test diagnostici specifici, sia sul paziente che su campioni di sangue prelevati dal paziente e analizzati in laboratorio.

L’accertamento diagnostico di primo livello deve comprendere i test cutanei, o prick tests, i test sierologici per la ricerca di IgE specifiche  ed eventualmente anche di IgG specifiche. Queste prove non sono esenti da false positività e false negatività.

I tests cutanei sono i più praticati: quando ci si deve sottoporre ad uno di essi bisogna sospendere per giorni o settimane terapie a base di antistaminici o cortisonici.

Si applicano sulla pelle del braccio alcune gocce degli allergeni specifici (una goccia per ogni allergene) e si scarifica la cute con una puntina acuminata attraversando la goccia posata sulla cute. Le reazioni di tipo immediato si manifestano in pochi minuti. Nel leggere la reazione cutanea va osservata la presenza di pomfo rilevato. Una reazione soltanto di arrossamento non è indicativa.

Nei bambini si usa anche il drop-test che consiste nel porre sulla lingua una goccia di latte vaccino molto diluito aumentandone progressivamente la concentrazione e osservando eventuali reazioni locali.

Meno usati sono i patch test, o test epicutanei, che si usano nel sospetto di allergie da contatto: si applica una goccia di allergene sulla cute integra e si copre con un cerotto: i risultati si valutano dopo 24 e 48 ore.

I test sierologici servono per individuare le IgE specifiche relative ad un determinato allergene e consistono in tecniche di laboratorio di varia natura.

Attualmente molti test di scarso valore scientifico sono molto di moda, soprattutto per le intolleranze alimentari, DRIA test, VEGA test, Alca test, biorisonanza, analisi del capello,  ma sono tutti test privi di ogni evidenza scientifica.

Dopo i test allergologici o, se ancora non si ritiene opportuno sottoporre il paziente ai tests stessi, si può praticare una dieta da eliminazione o da semplice sospensione temporanea dell’alimento sospettato di provocare allergia. Sono diete da portare avanti per alcune settimane e devono essere messe in atto dopo un periodo di dieta totalmente libera durante il quale il paziente annota tutti i sintomi e tutti gli alimenti assunti in corrispondenza dei sintomi. Si tratta di diete oligoallergeniche, meno drastiche di quelle chiamate “elementari”.

Un esempio di dieta oligoallergenica è :

  • pane, pasta, semolino
  • olio di mais
  • carne di manzo
  • spinaci, carote,
  • camomilla
  • zucchero di canna in cristalli
  • sale

oppure:

  • carne di tacchino
  • olio extravergine di oliva
  • insalata verde, finocchi
  • pere sbucciate
  • te
  • zucchero di canna
  • sale

questa seconda dieta si inizia se la prima non ha dato miglioramenti dopo alcune settimane.

Se le diete da eliminazione hanno dato buoni risultati si passa al test di provocazione o di scatenamento, da praticarsi in ambiente ospedaliero con una osservazione protratta per 24 ore. Si introduce l’alimento sospetto in piccola quantità ogni mezz’ora e si osservano le reazioni.

Bisogna precisare che le semplici diete da eliminazione e le successive prove da scatenamento non danno informazioni se non sui sintomi: non fanno chiarezza sui motivi dell’allergia.

Come si diagnostica la celiachia?

Bisogna ricercare innanzitutto gli anticorpi anti-gliadina (AGA), specificando IgG e IgA specifiche;

Gli anticorpi anti-endomisio (EMA) di classe IgA;

Gli anticorpi anti-transglutaminasi tessutale (anti-tTG) di classe IgA;

Possono anche essere ricercati gli anticorpi antigliadina e antireticolina. Mediante il cosìdetto “lavaggio digiunale”, aspirazione, dopo lavaggio, del succo della prima parte dell’intestino, si possono ritrovare anticorpi specifici simil-celiaci costituiti da IgA e IgM  anti-gliadina, IgM anti beta-lattoglobulina e IgM anti-ovalbumina. Si trovano anche cellule linfocitarie riconducibili a linfociti t attivati, responsabili dell’intolleranza alimentare.

Nelle analisi allergologiche è bene sapere che alcuni tests non hanno valore assoluto. Quando alcune reazioni risultano positive si tratta, a volte, di false positività. Per contro, estremamente rare sono le false negatività, quindi un test negativo è da considerare attendibile.

Come prevenire e come curare dal punto di vista dietetico una allergia alimentare?

Bisogna escludere dalla dieta tutti i cibi in cui si possono trovare tracce anche minime dell’allergene incriminato. Bisogna fare attenzione agli alimenti “nascosti”, non riportati in etichetta, e bisogna derogare il meno possibile, anzi mai. Le diete vanno protratte per mesi ma non a vita. Alla fine del periodo si reintroducono con estrema gradualità, uno alla volta, gli alimenti incriminati e si rivalutano le analisi allergologiche.

I tests allergologici vanno effettuati ogni 6 mesi nei bambini e ogni anno negli adulti e, se la dieta da eliminazione ha funzionato, il soggetto presenterà, alla reintroduzione dell’alimento sospeso, una “tolleranza immunologia” anche duratura.

La prevenzione dell’allergia alle proteine del latte vaccino, nei neonati e nei lattanti, si attua con l’allattamento al seno prolungato, anche oltre l’anno di vita e dovrebbe essere relativamente ritardata l’introduzione dei cibi solidi, in particolare uova, pesce e carni più allergizzanti come maiale, manzo e vitello.

Essendo il feto capace di produrre immunoglobuline IgE già alla 11° settimana di età gestazionale, è bene che la madre che suppone di partorire un figlio a rischio di diventare allergico per famigliarità allergica si sottoponga a dieta restrittiva di alimenti allergizzanti già in gravidanza e soprattutto che non fumi e che non beva alcolici che sono ormai noti per essere cibi che favoriscono la tendenza all’allergia anche senza essere direttamente responsabili di allergie.

Nei neonati che non possono avvalersi di latte materno si utilizzano latti ipoallergenici a base di idrolisati proteici delle proteine del latte vaccino: proteine scisse in composti elementari, in aminoacidi, senza potere allergizzante. In alternativa si utilizza, anche se malvolentieri, il latte di soia. Nei casi di allergia molto spinta si utilizzano preparati per diete elementari.

Al momento dell’introduzione del formaggio nella dieta si può utilizzare il tofu, o formaggio di soia.

Nei casi di grave allergia alle proteine dell’uovo, oltre ad una rigorosa dieta da eliminazione, bisogna fare attenzione ad alcuni vaccini contro malattie virali coltivati su embrioni di pollo: vaccino antinfluenzale, antimorbillo e antiparotite, antifebbre gialla e antirabbica, ma il rischio che essi possano scatenare una reazione allergica sono attualmente minimi.

Nei casi di allergia ai cereali, se si tratta di allergia al frumento bisogna, ovviamente, escludere tutti gli alimenti preparati con farina di grano sostituendoli con farine di riso, mais o segale. Gli adulti devono ricordarsi che piccole quantità di grano si trovano anche nel whisky, nella birra, nel caffè solubile, nel tè solubile e nelle salse e sughi confezionati.

I soggetti allergici a frutti o verdure devono fare attenzione alle frequenti reazioni crociate con certi pollini. I soggetti con allergie da contatto a certi metalli come il nichel o al lattice devono fare attenzione alle probabili allergie da inalazione degli stessi allergeni.

E’ inoltre indispensabile la stretta collaborazione con le industrie alimentari per uno sforzo di trasparenza sulle etichette e di genuinità dei prodotti messi sul mercato. Un problema di difficile soluzione è infatti quello degli alimenti occulti. Vanno poi incrementate e rese pubbliche le liste di tutti gli alimenti non contenenti determinate sostanze allergizzanti, in modo da rendere meno arduo il compito che ora grava quasi esclusivamente sul soggetto allergico.

Dieta per il celiaco

Alimenti proibiti: quelli che contengono glutine. Grano e tutti i prodotti che lo contengono, pane, grissini, biscotti, olio di germe di grano, e i cosìddetti frumenti vestiti, come il farro; orzo in tutte le sue forme; malto in tutte le sue forme (birra, whisky), avena, segale, semolino, cuscus, soia.

Prodotti commerciali che possono contenere glutine: dolci e gelati, dadi e concentrati per brodo, alimenti confezionati precotti o liofilizzati, maionese, creme, senape, omogeneizzati, salse, lievito in polvere, yogurt con cereali, oli vegetali che possono contenere germe di grano, preparati con vitamina E (estratta dal grano).

Alimenti permessi al celiaco: riso, mais, grano saraceno, farina di castagne, legumi compresi i piselli, farina di carrube, tapioca, fecola, carne, pesce, uova, latte, formaggi, olio di oliva, burro, frutta e verdure varie.

Nei periodi di riacutizzazione della celiachia vanno evitati prodotti contenenti lattosio e va supplementata la dieta con vitamine e Sali minerali.

Sono allo studio vaccini con peptidi sintetici simili al glutine in grado di stimolare la produzione di anticorpi antiglutine in grado, questi ultimi, di agire con meccanismo competitivo sul glutine stesso neutralizzandone così gli effetti sulle cellule della mucosa intestinale.

Quale terapia per l’allergia alimentare?

Vi è una terapia preventiva con farmaci chiamati “stabilizzanti di membrana” in grado di contrastare le modificazioni della membrana di quelle cellule (mastociti) responsabili di molti meccanismi allergici a livello gastrointestinale. Sono il sodio cromo glicato (Nalcrom, Gastrofrenal) e il chetotifene ( Zaditen). Sono anche impiegati alcuni antagonisti dei leucotrieni (Monelukast) utili nelle crisi asmatiche in associazione a cortisonici per via inalatoria e broncodilatatori e, nell’orticaria si usano antistaminici sintetici (loratadina, cetirizina, terfenadina) privi di azione sedativa. Molto attesi sono gli antistaminici di ultima generazione che, oltre alla classica azione sui mastociti e sui recettori H1 dell’istamina, esercitano una potente azione antinfiammatoria. Nelle sindromi orticarioidi di maggior entità si associa terapia cortisonica e, eccezionalmente, la terapia adrenalinica. Molto utile a questo proposito è portare sempre con se adrenalina confezionata in monodose autoiniettabile.

Sono tutte terapie che, nel bambino, vanno adattate in base all’età.

Per la crisi asmatica: se lieve bastano le terapie inalatorie con beta-agonisti come il ventolin o il broncovaleas, associato o meno ai cortisonici per aerosol; se la crisi è di media entità, si usano sempre i beta-agonisti associati all’aminofillina o ad un cortisonico per via generale; se l’attacco asmatico è grave si usano cortisonici per via generale e aminofillina in flebo.

Nella rinite allergica si usano gli antistaminici sintetici per spray nasale (levocetirizina, desloratadina) associati o meno ad un cortisonico locale.

Intolleranze alimentari

Vengono anche chiamate reazioni pseudo-allergiche e sono essenzialmente dovute ad alimenti o additivi alimentari.

Numerosi alimenti contenenti istamina o sostanze che favoriscono la liberazione di istamina da parte di alcune cellule sono responsabili di reazioni pseudo-allergiche. Sono i formaggi fermentati come gorgonzola, le bevande fermentate, i vini rossi, il pesce azzurro (aringhe, sardine, acciughe, tonno) soprattutto in scatola, il salmone, gli spinaci, i pomodori, gli insaccati, il fegato di maiale, fragole, banane, ananas, avocado, arachidi, nocciole e frutta secca in genere, pomodori, cioccolato, frutti di mare, albume d’uovo, estratto di carne, alcuni coloranti denominati con una lettera e un numero (vanno dall’E100 all’E 300 e oltre.

Reazioni pseudo-allergiche possono poi essere scatenate dai conservanti, dagli antiossidanti (sorbati, benzoati) o da sostanze aggiunte ai vini come i solfiti, che non possono superare i 200mg/litro. Altri additivi rischiosi sono gli edulcoranti, gli esaltatori di sapidità, gli addensanti, gli acidificanti, i coadiuvanti, gli antiagglomeranti, gli antischiumogeni, gli agenti di carica che aumentano il volume di un prodotto senza aumentarne il valore energetico, gli emulsionanti, i sali di fusione, i gelificanti, gli umidificanti, gli agenti di rivestimento che contribuiscono a dare un aspetto brillante o lucido al prodotto, i propellenti, i gas di imballaggio, gli agenti lievitanti, gli stabilizzanti, i sequestranti e forse altri ancora!

In merito al consumo di additivi alimentari, per quanto incredibile possa sembrare, si è calcolato che nei paesi anglosassoni se ne consumano circa 9 kg all’anno pro-capite! In Italia solo 5 kg.

Particolarmente importanti risultano essere le sindromi pseudo-allergiche indotte da esercizio fisico post-prandiale che si manifestano dopo attività sportive sia agonistiche che amatoriali (corsa libera, jogging) praticate dopo avere mangiato cibi contenenti istamina o sostanze liberatrici di istamina (vedi elenco sopra).

Le sindromi reattive da solfiti (additivo di alcuni vini) si manifestano con crisi asmatiche, quelle dovute a benzoati, spesso con orticaria o dermatiti; quelle dovute a coloranti (giallo di tartrazina o E 102) con crisi di broncospasmo; quelle dovute a glutammato, o sindrome da ristorante cinese, con cefalea, senso di oppressione toracica, sudorazione, bruciori gastrici, vertigini; quelle dovute ad aspartame, con cefalea. L’aspartame, come altri dolcificanti, può produrre diminuzione del pH della bocca con dissoluzione dello smalto dei denti e facilità alle carie.

Intolleranze alimentari da deficit metabolici

Intolleranza al lattosio: il lattosio è un disaccaride formato da glucosio e galattosio. L’intolleranza al lattosio è dovuta al deficit dell’enzima lattasi intestinale, situato sui villi intestinali, che assicura la digestione e l’assorbimento del lattosio. Ne è affetto il 5% della popolazione adulta europea. Molto raramente si tratta di un deficit congenito con comparsa dei sintomi entro i primi tre anni di vita. Di solito si tratta di un deficit acquisito, secondario ad un danno della mucosa intestinale, come nell’enterocolite da rotavirus che distrugge quasi completamente i microvilli. Dopo assunzione di latte, il lattosio non digerito resta nell’intestino e provoca diarrea per aumento del contenuto di acqua delle feci (diarrea osmotica). Si sviluppa una eccessiva flora fermentativa intestinale con produzione di gas e di acido lattico. Spesso viene chiamata intolleranza al latte vaccino, mentre il responsabile è il lattosio e non le proteine del latte.

L’intolleranza congenita al lattosio deve essere esattamente diagnosticata in un neonato o in un lattante con importanti problemi intestinali perché è una delle rarissime condizioni che induce a sospendere l’allattamento al seno. Ovviamente anche l’allattamento con latte artificiale comune deve essere sostituito con latte privo di lattosio: latte di soia, di capra, di asina, o a base di idrolisati proteici come il Pregomin che non contiene lattosio.

Intolleranza al saccarosio: ricalca quella al lattosio. Se il deficit enzimatico è congenito (deficit di saccarasi-isomaltasi) si può mantenere l’allattamento al seno ma si deve prestare attenzione al momento dello svezzamento perché vanno esclusi i prodotti che contengono saccarosio come i dolci, alcuni pani, le bevande zuccherate e la frutta. Ma già all’età di 3-4 anni il problema tende a risolvere spontaneamente.

Intolleranza al fruttosio: i sintomi sono simili alle intolleranze precedenti e vanno evitati cibi contenenti fruttosio e saccarosio. E’ una intolleranza rara e congenita.

Intolleranza al galattosio: il galattosio si forma nell’intestino dalla scissione del lattosio in una molecola di glucosio e una di galattosio. Il galattosio, poi, in presenza dell’enzima idoneo che in questa malattia manca, viene trasformato in glucosio nel fegato. E’ una malattia grave se non diagnosticata in tempo che può associarsi a cataratta, cirrosi epatica e ritardo mentale. Bisogna escludere da subito lattosio e galattosio dall’alimentazione.

Intolleranza al galattosio e al glucosio: si può assumere solo fruttosio (frutta, miele, cioccolato, cacao).

Sintomatologie gravi danno i deficit congeniti del metabolismo degli aminoacidi per accumulo di queste sostanze in vari organi ed apparati e relativo effetto patogeno. Esiste ora lo screenig neonatale obbligatorio per molte di questi errori metabolici che permette di scoprirli molto precocemente e improntare subito una dieta priva dell’aminoacido che non può essere metabolizzato.

I probiotici possono risultare utili nel trattamento dell’allergia e della intolleranza alimentare: ripristinano l’equilibrio batterico intestinale contrastando la moltiplicazione dei batteri patogeni, rimuovono sostanze tossiche, stimolano il sistema immunitario.

I prebiotici sono invece ingredienti alimentari indigeribili che stimolano la crescita e l’attività di alcune specie batteriche cosìdette “buone” normalmente presenti nel colon.

In taluni casi è utile rimuovere alcune infezioni locali (ai denti e alle tonsille), oppure alcune infezioni e colonizzazioni patologiche dello stomaco e dell’intestino (helicobacter pylori), e alcuni parassiti come la giardia.

In caso di sintomi riconducibili ad allergia alimentare è sempre bene accertarsi che non vi siano queste condizioni infettive predisponesti e mantenenti l’allergia.

Il problema degli alimenti transgenici

Per OGM (organismo geneticamente modificato) s’intende un organismo il cui materiale genetico sia stato modificato mediante incrocio o ricombinazione genetica tramite le tecniche dell’ingegneria genetica. Alle biotecnologie usate tradizionalmente per l’ibridazione delle piante e nelle pratiche zootecniche si sono aggiunte biotecnologie di ingegneria genetica che consistono nell’estrarre il DNA di un organismo, separare la parte che interessa e inserirla nel DNA di un organismo diverso nel quale continuerà  a svolgere la sua funzione.

In medicina si dispone ora di insulina umana, di ormone della crescita, di fattori della coagulazione, di antivirali, di pulmozina utilizzata nella fibrosi cistica. Si dispone di una terapia genica per la cura di gravi deficit immunologici, vi sono prospettive per la cura della fibrosi cistica, della talassemia, della distrofia muscolare, del diabete mellito e di alcuni tumori con l’inserimento di geni oncosoppressori.

Le biotecnologie applicate all’industria producono enzimi industriali utili nello smaltimento dei rifiuti e nel trattamento di scorie tossiche. Le biotecnologie applicate alla zootecnia hanno prodotto mucche transgeniche che danno latte contenente una sostanza, la Myelin Basic Protein, utile addirittura per curare la sclerosi multipla. Si può ottenere carne bovina più magra, scienziati giapponesi hanno creato api transgeniche che non pungono e producono più miele.

Il rischio è l’ormai possibilissima clonazione di esseri umani, la fusione di gameti umani con quelli animali.

Per quanto riguarda le biotecnologie applicate all’agricoltura, esistono ormai oltre un centinaio di piante transgeniche, soprattutto mais, soia, colza, pomodori e patate. Ma vi sono anche riso, frumento, fragole, frutti di bosco, meloni, uva, limoni, barbabietole, carote, zucchine, cavolfiore, radicchio, cicoria, prezzemolo, piselli, fagioli, semi di girasole, canna da zucchero e caffè. Anche additivi alimentari e aspartame sono transgenici come anche alcuni tipi di formaggio.

I vantaggi delle colture transgeniche sono il loro minor costo (-20%) e la loro maggiore resa (+30%), la loro resistenza ai parassiti, la loro tolleranza agli erbicidi, maggior capacità di conservazione nel tempo utile per l’esportazione. La soia ha una miglior composizione nutrizionale, il riso, un più elevato contenuto di proteine e di vitamina A, la canna da zucchero un più elevato contenuto di zucchero. Si sta studiando un caffè transgenico con una minore concentrazione di caffeina.

I rischi degli alimenti transgenici sono, per ora, potenziali, legati ad una eventuale tossicità per l’uomo. Per ora, l’unico caso di intossicazione da alimento transgenico è stato riportato in Giappone dove si è verificata una intossicazione di massa causata da un edulcorante transgenico. Il mais transgenico non ha dimostrato tossicità e, considerando il suo ridottissimo bisogno di pesticidi data la sua resistenza ad essi, sembra potersi dire, almeno per il mais, che si tratta di un alimento “ecologico”.

Per un soggetto allergico, un grosso problema sono i mangimi con i quali si nutrono gli animali di allevamento: sono spesso transgenici e costituiti da un pool non sempre esattamente identificabile di numerosissime sostanze potenzialmente allergizzanti. Pertanto un soggetto allergico, per esempio, a qualche specie di frutta secca, mangiando carne di animali che possono avere avuto un mangime con aggiunta di questa sostanza, può avere una reazione allergica senza minimamente sapere di averla assimilata attraverso la carne.

Si stanno, per contro, studiando cibi trangenici a minor impatto allergizzante : i cibi transgenici costituirebbero quindi un vantaggio per quanto riguarda le allergie alimentari.

L’argomento è attualmente oggetto di numerosi attenti studi ed è prematuro trarre conclusioni oggettive in merito.

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