Emetofobia nei bambini: cos’è e come curarla.

emetofobia“Giacomo ha 7 anni e lo scorso anno ha preso l’influenza che gli ha procurato il vomito. Fortunatamente non è durata a lungo ma da allora è terrorizzato dall’idea di poter vomitare. Ha iniziato a mangiare pochissimo e, da buongustaio che era  è diventato molto selettivo e ormai mangia sempre meno e solo le stesse cose. Fuori casa poi non tocca cibo,  non mangia più a scuola, siamo arrivati al punto in cui non partecipa alle feste dei compagni o ad altre uscite con amici perché ha paura di stare male davanti agli altri. È tanto dimagrito e tutta la sua vita ruota intorno a questo problema. Cosa gli sta succedendo?”

Emetofobia, questa è la risposta.

Ma che cos’è davvero?

La parola deriva dalla fusione di emein, dal greco “atto o istanza di vomito”, con fobia,  “paura marcata e persistente, eccessiva o irragionevole, provocata dalla presenza o dall’attesa di un oggetto o situazione specifici”. L’emetofobia è quindi il terrore di vomitare, provocato per lo più dalla percezione di non riuscire a prevedere e di non poter controllare i propri conati, a volte accompagnata dalla paura di vedere o sentire un’altra persona che vomita.

Ovviamente chi può trovare divertente sentirsi male fisicamente? Vomitare poi è particolarmente sgradevole, essendo il reflusso del contenuto dello stomaco nell’esofago e nella bocca. Ma in questo caso parliamo di un vero e proprio timore invalidante. Chi ne è affetto collega qualsiasi sintomo legato a nausea o disturbi allo stomaco, all’atto di vomitare, provando quindi un intenso stato ansioso e innescando un pericoloso circolo vizioso.

La fobia del vomito è più diffusa di quanto non si pensi: ne soffre il 6-7% della popolazione femminile e l’1,7-3,1% di quella maschile. Molto spesso emerge nell’infanzia e, se non identificata e trascurata, può trasformarsi in un problema cronico, ma può svilupparsi anche in età adolescenziale o adulta, normalmente dopo un’esperienza negativa legata a vomito grave e incontrollabile.

Come dicevamo, alla base di questa fobia vi è il timore della perdita di controllo e l’ansia di non sapere quali conseguenze possono esserci. Sebbene possa sembrare una fobia semplice,  se non trattata, può anche costituire un sintomo  di ansia sociale o di agorafobia.

La paura di vomitare può portare il bambino a non voler mangiare fuori casa, evitando in questa modo la frequentazione di luoghi pubblici, le feste di compleanno, qualsiasi pranzo o cena fuori casa può diventare un problema, addirittura mangiare un gelato, fino ad arrivare ad avere un vero e proprio rifiuto anche della scuola. A scuola infatti sono molti i momenti in cui i bambini si rapportano con il cibo: la mensa, la merenda all’intervallo o, per esempio, una semplice caramella offerta da un compagno. Perdersi queste attività può compromettere le relazioni e avere un riscontro negativo da un punto di vista relazionale. Dobbiamo considerare che anche in casi più lievi, il bambino con fobia del vomito proverà comunque molta ansia e angoscia fino ad arrivare ad una vera e propria tristezza.

Rispetto alla sua eziologia non sono presenti in letteratura molti riferimenti, soprattutto per quanto riguarda l’infanzia, ma è senz’altro possibile rintracciare come motivi e variabili causali, diversi fattori ed eventi come: ricoveri ospedalieri vissuti, presenza di familiari con esperienze di vomito ricorrente dovuto a differenti cause (malattie, abuso di alcool, stato di gravidanza), aver vissuto esperienze spiacevoli di vomito in pubblico o aver visto qualcuno vomitare,  sensazioni spiacevoli conseguenti all’esperienza del vomito, somatizzazioni ansiose in forme di nausea, mal di pancia o  disturbi gastrointestinali, ipervigilanza per tutti gli stimoli provenienti dall’apparato digestivo. La fobia può derivare anche da un semplice pensiero del tipo: E se ora vomitassi?; E se vomitassi qui davanti a tutti?; E se domani a scuola mi venisse la nausea, non riuscissi a controllarmi e mi sentissi male davanti ai miei amici?”. Ovviamente pensieri di questo tipo generano forte preoccupazione e anche se tentiamo di scacciarli ritornano in modo preponderante aumentando l’ansia e la paura di vomitare.   Spesso la paura può essere anche quella di vedere qualcun altro vomitare e stare male di conseguenza.

Come si può ben vedere le cause del disturbo possono essere molteplici, assumono grande rilevanza le caratteristiche personali del bambino e il sistema familiare che si sta muovendo intorno alla fobia. Per questo motivo l’analisi del singolo vissuto appare fondamentale, cosi come l’individuazione delle risorse che si possono mettere in gioco per contrastare gli evitamenti e abbassare il bisogno di “controllo”, al fine di individuare il miglior percorso terapeutico possibile.

La Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC), articolata su strategie di intervento aventi un fondamento empirico, terapia d’elezione per il trattamento delle fobie oltre a numerosi altri disturbi, si rivela essere anche in questo caso tra le più efficaci, agendo in modo diretto per raggiungere risultati in tempi rapidi. Nel caso specifico, si interverrà sul vissuto ematofobico del bambino articolando strategie alternative e funzionali per affrontare il disagio e la paura del vomito.

Attraverso il sito dell’AIAMC (Associazione Italiana di Analisi e Modificazione del Comportamento e Terapia Comportamentale e Cognitiva) è possibile individuare i terapeuti specializzati in TCC del proprio territorio (www.aiamc.it).

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