
Quello che è più difficile da accettare è che anche il conflitto che nasce fra due bambini sia non soltanto naturale, ma addirittura utile per la loro crescita.
Per decenni la stessa psicopedagogia ha attribuito al conflitto un valore morale negativo, vedendolo come momento transitorio da superare in fretta per ristabilire l’armonia. Generazioni di bambini sono state colpevolizzate quando il contatto con altri bambini li portava a inevitabili situazioni di conflitto.
Se, ragionevolmente, può essere ancora il caso di intervenire e cercare una mediazione che accontenti entrambi nel caso di cucciolotti duenni, pare invece che dai tre anni in poi il conflitto sia un prezioso momento di crescita.
Questo, almeno, è quello che emerge da un interessante articolo comparso sul numero di questo mese della rivista Mente&Cervello (mensile di psicologia e neuroscienze). L’autore, Massimo Barberi, si è avvalso dell’esperienza di Daniele Novara, direttore del Centro psicopedagogico per la pace e la gestione dei conflitti di Piacenza, che spiega le caratteristiche del conflitto fra bambini di tre/sei anni.
In età prescolare, come spiega Novara, i litigi fra bambini sono tipicamente:
- scatenati da frustrazione (per il desiderio o la mancanza di qualcosa)
- senza strascichi di rancore né desiderio di vendetta: il conflitto si risolve spontaneamente in breve tempo
- utili per conoscere se stessi, i propri limiti e le proprie competenze, per imparare a gestire le proprie energie e forze e riconoscere quelle altrui
Secondo Novara, il mito dell’armonia a ogni costo si è diffuso nel corso del XX secolo con la riorganizzazione della famiglia, che si è fatta carico dell’educazione dei figli togliendoli alle balie e alla strada e li ha inquadrati in un ideale familiare di felicità.
Il rifiuto del conflitto, però, va contro la realtà delle cose: il bambino è per sua natura oppositivo, chiunque abbia esperienza di bambini dall’anno in su può confermarlo. Le mamme di due o più bambini, soprattutto se vicini di età, sanno bene che gli scontri sono parte integrante della routine domestica, e questo accade dovunque diversi bambini si trovino a coesistere per più di qualche minuto.
È importante ricordare che prima degli otto anni non si può parlare di intenzionalità dell’atto violento anche quando sia presente una certa componente di fisicità nei litigi, e questo perché la verbalizzazione non è ancora adeguata ad esprimere le emozioni.
L’intervento di un adulto può essere controproducente perché in questo caso i bambini sono portati a dare maggiore importanza all’accaduto, interpretandolo in modo più grave in quanto ha richiesto l’attenzione di un "grande".
Ecco alcuni consigli per gestire correttamente un conflitto fra bambini:
- neutralità (non cercare il colpevole)
- decantazione narrativa ("dammi la tua versione")
- ricostruire il rapporto (in comunità possono essere utili elementi rituali, come lo stabilire un giorno e un’ora in cui i litigi si affrontano tutti insieme, possibilmente in un cerchio, cercando di trovare un accordo).
Altre idee interessanti sono il tavolo della pace, a cui sedersi con un mediatore, e lasciando traccia su un quaderno del percorso seguito, e il cestino della rabbia, da costruire insieme, in cui i bambini metteranno un foglio con la descrizione dei sentimenti che li hanno fatti arrabbiare (o li rappresenteranno con un disegno).
Infine, immancabile, il ruolo della TV che, secondo una ricerca statunitense, renderebbe i bambini in età prescolare più litigiosi e aggressivi. Questo rischio si rivela inferiore, invece, quando i genitori stimolano i bambini parlando, raccontando storie e dedicando loro del tempo. Del resto, bastava il buon senso per immaginarlo.
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