Carni rosse e insaccati nella dieta di adulti e bambini, facciamo chiarezza.

Carni rosseIn queste ultime settimane si è diffuso un grande allarmismo riguardante gli effetti cancerogeni dell’assunzione sia delle carni rosse che di quelle lavorate, insaccate, stagionate ecc. I mass media hanno ampiamente diffuso notizie poco rassicuranti ma forse non hanno sempre sufficientemente approfondito i termini della questione contribuendo così a sviluppare un panico serpeggiante e uno sconcerto tra i non vegetariani, gli amanti della gustosa fiorentina, delle allegre grigliate all’aperto, dei saporiti panini ben imbottiti di salumi e dei fast food nonché tra le mamme di bimbi divezzi e più grandicelli.

Il problema è stato sollevato dalle conclusioni alle quali è arrivato uno studio approfondito, ormai più che decennale, commissionato all’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), pubblicato di recente sulla rivista Lancet Oncology. Ventidue esperti di dieci diversi paesi tra cui Stati Uniti, alcuni paesi europei come Francia, Germania e Olanda e Australia, hanno valutato negli anni la cancerogenicità della carne rossa fresca e della carne manipolata (insaccata, affumicata, stagionata, conservata in scatola ecc.) e hanno classificato la carne rossa come probabile responsabile di forme tumorali al colon, al retto e forse anche allo stomaco negli umani con un indice di rischio appena inferiore a quello delle carni stagionate, insaccate, ecc. che sembrano responsabili di forme tumorali estese, oltre che al colon-retto, anche al pancreas, alla prostata e in altre sedi come la mammella. Si tratta di studi basati su statistiche che indicano in chi assume abitualmente una quantità media di 50 gr al giorno di carne insaccata o stagionata oppure di 100 gr al giorno di carne rossa fresca un aumento pari circa al 20% rispetto ai vegetariani o a soggetti che assumono carne solo saltuariamente, di sviluppare il cancro negli organi sopra menzionati. Il calcolo è puramente statistico: un singolo soggetto avrà probabilità decisamente inferiori e il rischio di contrarre tali malattie sarà strettamente dipendente dalla quantità, dalla frequenza dell’assunzione, dal tipo di carne e dalle modalità di cottura; quindi sarà molto meno quantificabile, senza contare le innumerevoli varianti legate alla fisiologia, alla predisposizione genetica e familiare, ai meccanismi immunologici e biochimici individuali e ad eventuali malattie croniche o metaboliche concomitanti come il diabete o processi aterosclerotici che rendono la previsione del rischio del singolo veramente difficile da inquadrare.

E’ importante specificare cosa si intende per carni rosse, per carni bianche e per carni lavorate perché, almeno per quanto riguarda le carni fresche, sono utili alcune precisazioni: per carne rossa si intende tutta quella derivante principalmente da muscolo di animale mammifero, anche se giovane come il vitello o di colore chiaro come il maiale. Quindi sono carni rosse manzo, vitello, maiale, agnello, montone, capra, cavallo. Mentre per carni bianche si intendono tutte le carni provenienti da animali ovipari, quindi pollo, tacchino, struzzo, cacciagione varia e anche pesce se vogliamo annoverarlo tra gli alimenti di origine animale per i quali non è stata a tutt’oggi dimostrata nessuna azione cancerogena.

Per carni lavorate o manipolate si intendono tutte le carni che hanno subito un processo di stagionatura, di salatura, di essicazione, di fermentazione, di affumicatura oppure alle quali sono stati aggiunti sale, conservanti, coloranti, esaltatori di sapidità, ecc. indipendentemente dal fatto che siano state conservate intere come il prosciutto o il lardo, oppure macinate come gli insaccati. Per questo motivo, tra di esse bisogna includere anche i wurstel di pollo, nonostante contengano carne di volatile e non di mammifero. Anche le salse a base di estratto di carne sono in questa lista (dadi da brodo, concentrati di carne ecc.) così come alcuni prodotti che contengono il sangue dell’animale sotto forma di insaccato.

 
carni rosse e insaccatiCosa rende la carne rossa e le carni manipolate potenzialmente cancerogene?
Diversi loro componenti: i più noti sono il ferro-eme, un componente della molecola di mioglobina presente nel muscolo che, a fianco del ferro non eme, contenuto sia nella carne che nei vegetali, rappresenta circa il 60% del ferro introdotto con l’assunzione di carne ma, contrariamente al ferro non eme, ha un potente effetto ossidante sulle cellule della mucosa intestinale dando luogo alla formazione di abbondanti quantità di radicali liberi e ad alterazioni del DNA delle cellule stesse che, se a lungo e costantemente aggredite da queste sostanze, possono subire mutazioni in senso neoplastico. In secondo luogo, la flora batterica che si sviluppa nell’intestino in seguito all’ingestione di carne tende ad essere di tipo putrefattivo e non fermentativo e può alterare la microflora intestinale in senso non protettivo nei confronti dello stress ossidativo indotto dalla presenza del ferro eme in quanto incapace di contrastare la formazione di radicali liberi. Il sovraccarico potenziale di ferro derivante da una costante ingestione di carne rossa può infine potenziare l’azione mutagena, quindi cancerogena, di altre sostanze contenute nella carne stessa o sviluppatesi da una cottura inadeguata (carbonizzazione della carne ai ferri o alla griglia che sviluppa pericolosi idrocarburi policiclici nelle zone bruciacchiate) o contenute nelle carni manipolate e stagionate (per esempio i nitriti e i nitrati degli insaccati che si trasformano in nitrosamine cancerogene nell’intestino). Nelle carni rosse, soprattutto nel maiale, può causare il cancro lo zucchero denominato Neu5Gc, responsabile di innescare una particolare reazione immunitaria che nell’essere umano causa uno stato di infiammazione cronica che può, a sua volta, tradursi col tempo in alterazioni strutturali del DNA cellulare (si tratta anche in questo caso di stress ossidativo). L’uomo è l’unico mammifero con questa caratteristica in quanto gli altri mammiferi carnivori neutralizzano tale zucchero nel corso dei loro processi digestivi rendendolo innocuo. Tra l’altro, questo processo infiammatorio cronico, può, a sua volta, aggravare un diabete di tipo 2 o un processo aterosclerotico già in atto.

A fronte degli argomenti poco rassicuranti elencati fin’ora, che era necessario chiarire per poter inquadrare adeguatamente il problema, è bene insistere su altre considerazioni che controbilanciano le precedenti:

Gli alimenti di origine animale, inclusa la carne rossa, sono fonti preziosissime di nutrienti indispensabili all’organismo soprattutto in fase di accrescimento, come quello del bambino. Sono fonti di proteine nobili e di vitamine indispensabili come la B12, fonte di ferro ben assimilato, altrettanto indispensabile, sono un cibo ben digeribile e, nelle giuste quantità e con la giusta frequenza, non devono essere demonizzate. La loro totale eliminazione dalla dieta di un bambino si giustifica soltanto con motivi strettamente ideologici e/o etici più che legati ad una evidenza clinica comprovata con certezza di un loro rischio anche solo potenziale. Anche la totale eliminazione della carne rossa dalla alimentazione di un bambino non sembra del tutto ragionevole benché la sua sostituzione con carne bianca non provochi carenze nutrizionali. Raggiunta l’età adulta si può scegliere, tenendo comunque presente che l’equilibrio alimentare va sempre rispettato e che la sostituzione di proteine derivanti dalla carne con proteine derivanti da formaggi o uova non deve essere fatta con leggerezza pur di non mangiare carne visto l’alto contenuto in grassi saturi, colesterolo e sale di uova e formaggi. Meglio quindi puntare sui legumi associati ai cereali o sulle carni bianche e su buone quantità di pesce mantenendo la carne rossa una o al massimo due volte alla settimana per una quantità massima a porzione che dovrebbe mantenersi tra i 100 e i 150 gr nell’adulto dalla pubertà in poi e ridursi a metà nei bambini più piccoli.

Gli italiani, anche indipendentemente dai suggerimenti proposti dalla dieta mediterranea, tendono a consumare decisamente meno carne e soprattutto meno carne rossa e insaccata rispetto agli abitanti degli altri paesi presi in considerazione dagli studi dell’OMS. Per esempio, gli italiani consumano meno della metà della carne rispetto agli americani e anche a francesi ed australiani, sia per quanto riguarda la carne fresca che le carni stagionate, la loro aspettativa di vita è superiore di vari anni a quella di altri paesi maggiori consumatori di carne rossa. Le carni italiane sono maggiormente controllate, non contengono ormoni e l’alimentazione degli animali da allevamento, sottoposta da tempo a rigidi disciplinari, è sicuramente più salutare; le carni conservate, specialmente DOP e DOC, vedono l’utilizzo del solo sale per la loro stagionatura, in quantità, per altro, ridotta rispetto al passato e l’affumicatura è prerogativa soltanto di pochi salumifici. La dieta mediterranea suggerisce l’uso costante di olio extra vergine di oliva, di frutta e di verdure che contrastano i danni ossidativi provocati potenzialmente dall’assunzione di carni rosse ed insaccati e anche il pesce da noi non manca benché se ne assumano ancora quantità inferiori rispetto a quanto raccomandato dai nutrizionisti. Si tratta di un alimento sano con buoni poteri antiossidanti, il cui consumo dovrebbe essere incentivato.

carni rosseSe si studiano le statistiche riguardanti la mortalità derivante da sostanze in qualche modo ingerite o inalate si può constatare che a fronte di 1 milione di morti causate dal fumo, ve ne sono 600.000 causate dall’abuso di alcool, 200.000 dovute all’inquinamento, 50.000 dovute alle conseguenze di un abuso di carni rosse e 34.000 dovute ad abuso di carni lavorate. Il rischio che si sviluppi un tumore in chi fuma abitualmente è 20 volte maggiore rispetto a chi non fuma mentre il rischio di neoplasia in chi mangia 200 gr di carne al giorno è solo doppio rispetto a chi segue una dieta vegetariana, si dimezza mangiando carne rossa solo due o tre volte a settimana e si riduce ancora molto se la sua assunzione si limita ad una, massimo due volte a settimana e ancora di più se si adottano metodi di cottura che non prevedono bruciature come la cottura a vapore, bollita o in umido. Infine, far precedere e seguire l’assunzione di carne rossa da abbondanti porzioni di verdura e frutta fresche, inclusi agrumi, limoni come condimento con efficaci effetti antiossidanti sarebbe un ottimo metodo per ridurre gli effetti dannosi della carne sull’intestino.

L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro classifica gli agenti cancerogeni in 5 gruppi in base alla loro pericolosità. Per quanto riguarda la carne rossa e la carne lavorata, mette nel gruppo 1 la carne lavorata (stagionata, insaccata, ecc.) definendola sicuramente cancerogena negli animali da esperimento e con forti probabilità che lo sia anche per l’uomo, sconsigliandone l’assunzione senza fornire nemmeno quantità minime sicure; nel gruppo 2, più precisamente nel sottogruppo 2 A la carne rossa fresca definendola probabilmente cancerogena nell’uomo e con sufficienti prove di effettiva cancerogenicità negli animali da esperimento. Altre sostanze vengono classificate nel sottogruppo 2 B con scarse probabilità di essere cancerogene per l’uomo e solo possibile pericolosità negli animali da esperimento, mentre negli ultimi 2 gruppi 3 e 4 vengono elencate sostanze senza sufficienti evidenze di cancerogenicità né per gli animali né per l’uomo. Nel gruppo 4 vengono inserite le carni bianche e il pesce, quasi sicuramente non cancerogene per l’uomo. Le ricerche sono sempre in evoluzione e le statistiche vengono aggiornate ogni anno.

Gli studi che hanno portato a questo approfondimento non intendono trarre conclusioni definitive sull’argomento, lasciano ad oncologi, nutrizionisti, internisti, medici di base e pediatri il compito di informare ed indirizzare la popolazione verso una corretta alimentazione. Il loro compito è esclusivamente il monitoraggio a livello globale dell’epidemiologia di determinate malattie e, una volta raggiunti risultati ragionevolmente accreditati, quello di sensibilizzare i governi su determinate problematiche emergenti al fine di stimolare riflessioni e messa a punto di leggi adeguate alla tutela della salute pubblica.

Quanto a noi italiani, senza inutili allarmismi, una corretta informazione permette di dare ulteriore credito, semmai ce ne fosse ancora bisogno, alla insuperabilità della nostra dieta mediterranea basata sulla ormai famosissima piramide alimentare che vede alla sua base gli alimenti da assumere regolarmente tutti i giorni, più di una volta al giorno che sono costituiti da frutta possibilmente due porzioni al giorno equivalenti ognuna ad un frutto di media grandezza come mela o pera o 3 frutti piccoli come prugne o albicocche, verdura e ortaggi dalle due alle tre porzioni al giorno, cereali come pane pasta e riso, possibilmente integrali, possibilmente due volte al giorno anche se, occasionalmente, potrebbe bastare una volta sola al giorno, latte e/o derivati dalle due alle tre porzioni al giorno, olio di oliva 3 porzioni al giorno cioè tre cucchiai, frutta secca o semi una o due porzioni al giorno, erbette e spezie a volontà, poco sale e molta acqua da bere, per passare poi ai cibi da consumare a giorni alterni, cioè dalle due alle tre volte a settimana, come il pesce, inclusi i crostacei e i molluschi per chi non è allergico, i legumi e le uova che, se fresche, non devono essere demonizzate. Ci si avvicina alla punta della piramide con le carni bianche provenienti da animali ovipari come pollo, tacchino, ecc. che si consigliano una o due volte la settimana, un poco di più nei bambini, un poco di meno negli adulti, le carni rosse che si consigliano in media una volta a settimana, massimo due, sempre accompagnate da abbondanti verdure di stagione, frutta e agrumi come antiossidanti. La punta della piramide è costituita dai dolci, da assumere con moderazione una, occasionalmente due volte a settimana (un poco meno rigore nei bambini) e gli insaccati o la carne conservata che va assunta meno di una volta la settimana, al massimo una volta ogni 10 gg. E sempre se di ottima qualità certificata e di origine controllata.

Tutto sommato, niente di particolarmente nuovo sotto il sole, solo qualche precisazione in più e, al limite, qualche rinfrescata di memoria su nozioni, si spera, ormai, non solo conosciute, ma anche praticate regolarmente.

Se un appunto si può fare a questi studi, che hanno avuto il merito di attirare l’attenzione su un problema specifico riguardante le carni rosse e stagionate, la valutazione della loro azione cancerogena, passata spesso in secondo piano rispetto alle considerazioni sulla presenza di grassi saturi, di colesterolo, ecc. e una certa carenza di statistiche riguardanti i tumori sovrapponibili a quelli con evidenza provocati da eccessi di carni rosse e conservate, riscontrati in popolazioni che mangiano prevalentemente pollame e pesce, cioè gli orientali. Gli studi sono stati condotti principalmente su popolazioni occidentali con specifiche abitudini alimentari. L’augurio è che in futuro emergano statistiche altrettanto accreditate riguardanti popolazioni con altre abitudini alimentari.

Per concludere, anche se non strettamente inerente l’argomento carni rosse, ecco il NUOVO CODICE EUROPEO ANTICANCRO, racchiuso in 12 raccomandazioni importanti per la prevenzione di questa malattia e periodicamente aggiornato.

  • Non fumare sigarette né utilizzare altro tipo di tabacco
  • Non consentire che si fumi in casa vostra, soprattutto in presenza di bambini né in altri luoghi chiusi e tantomeno in macchina
  • Mantenere un giusto peso corporeo
  • Fare esercizio fisico quotidiano della durata minima di 20 minuti di intensità graduata in base al proprio fisico
  • Seguire una dieta sana che preveda abbondanti cereali integrali, frutta e verdura di stagione
  • Limitare zuccheri e grassi, evitare bevande zuccherate all’origine, carni conservate, limitare la carne rossa, il sale aggiunto ai cibi e le bevande alcoliche
  • Evitare l’esposizione prolungata al sole, sempre comunque con elevata protezione solare
  • Esigere la protezione nei confronti degli agenti cancerogeni sui luoghi di lavoro
  • Controllare la presenza di radon nelle abitazioni e, se eccessiva, schermare le pareti e le fonti di questo gas
  • Allattare il proprio bambino al seno almeno per sei mesi ed oltre ed evitare terapie ormonali sostitutive quando non strettamente necessarie
  • Vaccinare i bambini contro epatite B e le femmine prepuberi contro HPV (papilloma virus): si tratta di malattie che possono esitare in carcinoma epatico o della cervice uterina anche dopo molti anni.
  • Seguire da adulti i programmi e gli screening per la diagnosi precoce del tumore al seno (mammografia e ecografia periodicamente) e all’intestino (coloscopia)

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