La meta – seconda parte

Il compromesso

La meta - seconda parte

Ricordate? È ciò di cui vi parlavo nell’intervento precedente.

È la parola chiave per riuscire a viaggiare con figli piccoli, o almeno lo è per me. Del resto, è la parola chiave anche in tante altre situazioni che la vita ci mette di fronte.

Dopo un anno durante il quale non avevamo più viaggiato (oltre alla gravidanza della prima figlia, avevamo dovuto affrontare un cambio di città con relativo trasloco), mio marito ed io, pur appagati e molto indaffarati nella nostra nuova vita, nella nuova casa e con la bambina appena arrivata, non vedevamo l’ora di rimetterci su un aereo e partire, semplicemente partire. Sì, va bene, ma dove andare?

Per giorni abbiamo valutato mete e tipologie di viaggio, cercando di far combaciare i nostri desideri con quelli che immaginavamo essere le esigenze della bambina. Trattandosi del primo figlio, del primo viaggio con figlio e avendo una bambina un po’ difficile (allergica, che soffriva di reflusso e che non dormiva mai), non è stata una decisione facile.

Alla fine scegliemmo di visitare un luogo che, per la sua posizione geografica, avrebbe dovuto avere un clima mite e soprattutto era a sole tre ore di aereo; era comunque un posto che non avevamo mai visitato ma che ci incuriosiva; decidemmo di stare via una settimana (questo era il tempo che avevamo a disposizione ma anche quello che ci sembrava giusto per una prima volta fuori con la bambina); era un luogo abbastanza simile all’Italia, per cultura, cibo e altro; potevamo infine visitarlo con l’auto e quindi saremmo stati indipendenti come desideravamo e avremmo potuto spostarci tranquillamente con nostra figlia.

Il luogo scelto era l’isola di Malta e… niente di quello che avevamo previsto andò come doveva.

Il secondo giorno sull’isola pensai che avessimo fatto un grosso sbaglio a partire e stavo per credere che ci fosse del vero in quello che familiari e amici ci avevano ripetuto per mesi: “Vedrete, quando avrete un figlio non potrete più viaggiare come avete fatto finora”.

La mia determinazione a smentire queste funeste previsioni fu messa, infatti, a dura prova durante quei primi giorni, ma con mio marito decidemmo di darci altre ventiquattr’ore prima di mollare tutto e salire sul primo aereo che ci avrebbe riportato a casa.

Non sto qui a elencare i numerosi contrattempi che resero veramente difficile la prima parte del nostro primo viaggio con bimbo al seguito.

Mi limiterò a dirvi che non potemmo disporre di un seggiolino auto adatto all’età di nostra figlia e che dovetti viaggiare con lei in braccio rigorosamente sul sedile posteriore per tutti i tragitti in auto che percorremmo ogni giorno sull’isola, che le “sole” tre ore di aereo furono sufficienti per scatenare almeno altrettanti episodi fra vomito e diarrea da parte della bambina, che faceva più freddo che a casa nostra e per tre giorni imperversarono vento fortissimo e pioggia, e il mare mosso, che arrivava a lambire le case, ci costrinse a rifugiarci verso l’interno dell’isola; che la guest house che avevamo prenotato via Internet non aveva una culla (al contrario di quanto ci era stato assicurato per e-mail), era fatiscente e poco pulita (oltre che molto lontana dall’aspetto grazioso che aveva nelle foto online), e la nostra stanza era al quarto piano con ballatoio e senza ascensore; che la bambina, infine, era sempre molto nervosa, probabilmente per via del vento forte e anche perché sentiva il nostro nervosismo, per cui piangeva spesso e dormiva pochissimo.

Ma il terzo giorno tutto cambiò. Uscì il sole, ci spostammo in un albergo bellissimo (seppur carissimo, ahimè), la bambina si divertiva ad andare in giro nel marsupio e riuscimmo a visitare l’isola in lungo e largo come desideravamo.

Ricordo ancora quello che ci raccontò un anziano del posto, a proposito di quel tremendo maltempo, mentre assistevamo alla processione religiosa sotto la pioggia: secondo una credenza popolare, ogni anno nella settimana di Pasqua (proprio quella che avevamo scelto noi per il soggiorno), a Malta il tempo è bruttissimo durante i giorni che precedono la domenica di Pasqua, poi si calma e regala splendide giornate di sole e di caldo.

È come se il cielo fosse triste e furioso per la morte di Cristo e poi si rallegrasse insieme agli uomini per la sua resurrezione.

Forse, se avessimo saputo tutto questo prima di partire, avremmo procrastinato il nostro viaggio di qualche giorno…

Ho raccontato questo episodio per dimostrarvi che quando si viaggia non fila mai tutto liscio, e viaggiare con un bambino non fa eccezione.

Bisogna quindi essere preparati agli imprevisti, anche se si pensa di aver ponderato e calcolato tutto a tavolino prima della partenza.

Va detto che alcuni degli imprevisti che ci sono capitati durante il nostro primo viaggio da genitori erano facilmente evitabili con una maggiore esperienza, mentre altri furono semplicemente la somma di una buona dose di sfortuna.

Ma tutti, visti a distanza di anni, ora che abbiamo più esperienza e che abbiamo affrontato anche situazioni più problematiche, non sono bastati a rovinarci il viaggio e soprattutto a farci smettere di viaggiare.

Ritornando al discorso del compromesso, è importante quindi prima di tutto scegliere la meta desiderata, poi stabilire se è possibile raggiungerla e visitarla con un bambino e, infine, organizzare il viaggio cercando di limitare al minimo gli imprevisti, sapendo però che qualcosa potrebbe andare storto e a quel punto bisogna essere in grado di affrontarli, magari con un pizzico di ironia.

Se io e mio marito ci fossimo arresi dopo quei primi due giorni infernali, non starei qui a scrivere e soprattutto mi sarei persa tante bellissime esperienze ed emozioni che i viaggi, anche quelli con i figli, sanno regalare.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.