Neonato morto per Serratia: la spiegazione del Prof. Burioni

Apprendiamo purtroppo in queste ore che un neonato prematuro è morto in ospedale a causa di un batterio, il serratia marcescens.

serratia marcescens
batterio serratia marcescens

Il Prof. Roberto Burioni, Professore Ordinario di Microbiologia e Virologia, ci spiega di che si tratta dalla sua pagina Facebook:

“La notizia del neonato morto a Brescia per un’infezione (contratta in ospedale) da parte di un batterio dal nome sconosciuto ha colpito ovviamente tutti dal punto di vista umano. Il fatto che questo sia avvenuto in un ospedale, ovvero in un luogo in cui le infezioni dovrebbero invece essere curate, lascia ancora più sgomenti i non addetti ai lavori. Meno gli specialisti, che purtroppo ne conoscono le cause e, ahimè, non sempre con successo, cercano di impedirne il verificarsi.

Non essendo a conoscenza dei dettagli che hanno portato alla chiusura del Reparto di Neonatologia degli Spedali Civili di Brescia, mi limiterò a considerazioni di carattere generale. Quanto finora diffuso dalla stampa ha, però, tutta l’aria di quello che noi specialisti chiamiamo “trasmissione ospedaliera di un batterio multiresistente agli antibiotici”. Di cosa parliamo?

Trasmissione ospedaliera di un batterio multiresistente: cosa significa?

Gli antibiotici sono farmaci preziosissimi che permettono di contrastare, spesso con efficacia, infezioni causate da batteri. Il problema è che i batteri non stanno a guardare. Grazie ad un patrimonio genetico molto più capace di adattarsi al mondo rispetto al nostro, possono acquisire la capacità di non essere più uccisi dagli antibiotici. Di resistere ad essi.

In altre parole molti batteri si “adattano” alla presenza degli antibiotici, soprattutto se questi farmaci vengono usati male. Dati quando non c’è bisogno, in dosi non ottimali o per un numero di giorni non adeguato.

Parlando di sport, non tutti siamo in grado di partecipare agli Europei di nuoto, di atletica o di ciclismo; allo stesso modo alla resistenza agli antibiotici non tutti i batteri sono egualmente portati. Alcuni hanno caratteristiche innate che permettono loro di sviluppare molto più facilmente resistenze anche contro tipi diversi di antibiotici, una multiresistenza, per l’appunto. Questo è il caso della Serratia marcescens, il batterio isolato nell’ospedale bresciano.

La Serratia non è un batterio particolarmente pericoloso.

Non ha particolari capacità di danneggiare il nostro organismo, ovvero quelli che I microbiologi chiamano “fattori di virulenza”. A parte, per l’appunto, la capacità di adattarsi alla presenza degli antibiotici. Questo è il motivo per cui le infezioni che causa sono pressoché esclusivamente limitate alla migliore “palestra” che siamo in grado di fornire ai batteri: gli ospedali. È proprio negli ospedali che ovviamente si usano antibiotici più che in altre sedi. È proprio negli ospedali che si praticano procedure (pensate ad esempio ai tubicini che vengono inseriti nelle arterie o nelle vene dei pazienti) in grado di favorire l’accesso di questi batteri al sangue. È proprio negli ospedali che si possono trovare pazienti non in grado di difendersi da queste infezioni. Un esempio di questo tipo sono, appunto, i neonati, specie se prematuri.

Ma come si entra in contatto con la Serratia marcescens?

Potremmo dire che lo facciamo continuamente. La Serratia è, infatti, un batterio “ubiquitario”, ovvero riscontrabile un po’ dappertutto: negli ambienti acquosi, nel terreno, sulle piante (famosi nell’ambiente microbiologico, I casi di ostie sanguinanti che si rivelarono essere semplicemente contaminate da Serratia che ha un caratteristico colore rosso sangue), sugli insetti e negli animali, incluso l’uomo. In particolare, nell’uomo la sede in cui meglio si adatta è l’intestino. Lì non dà particolari problemi; ma se, malauguratamente, viene trasferito in altre sedi, quale ad esempio un catetere vascolare, ecco che possono essere guai seri. Soprattutto se la Serratia in questione è multiresistente agli antibiotici.

Questo è il motivo per cui negli ospedali si fa in modo di tenere sotto controllo la diffusione di questi organismi, soprattutto in reparti di pazienti più a rischio. Si cerca, ad esempio, di isolare il paziente per prevenire la diffusione ad altri di questo germe. Gli operatori devono fare particolare attenzione con una serie di misure igieniche ed operative particolarmente stringenti.

Per vari motivi queste misure non sempre hanno successo. Tutti gli operatori sanitari devono però essere consapevoli che il successo di queste misure è letteralmente nelle loro, nelle nostre mani

PS: contro Serratia, purtroppo, non c’è vaccino”.

In collaborazione con il Prof. Nicasio Mancini, Università Vita-Salute San Raffaele, Milano.

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