Il cibo: un incubo?

Salve Chiaretta,

ripropongo nuovamente il tema caldo del cibo.
La mia bimba ha tre anni e mezzo ed è estremamente vivace. Ha un carattere testardo e capriccioso, come molti bimbi “vuole tutto e subito”. Noi stiamo cercando di porre dei limiti con moltissima fatica.

Fin dallo svezzamento ha mangiato pochissimo. Non è mai stata interessata al cibo in generale. Se fosse per lei non mangerebbe mai.

Quando aveva due anni facemmo una serie di analisi per vedere che fosse tutto a posto. Andava tutto bene e lei è sempre stata molto attiva. Quando era piccolina fu la stessa pediatra a dirci: corretele dietro, distraetela e fatela mangiare almeno un po’, e così abbiamo fatto.

Ora però il momento dei pasti è un incubo. Tenerla a tavola è difficilissimo. È totalmente chiusa a tutti i cibi nuovi o presentati in modo diverso.

La frutta e la verdura non le vuol vedere neanche da lontano (sotto qualsiasi forma) e questo aggrava ulteriormente il suo già grave problema di stitichezza (che purtroppo viene gestito a suon di clisteri o sciroppini vari).

A parte il latte del mattino, dove aggiungo sempre del miele e del biscottino granulato (vuole ancora il biberon al mattino), un suo pasto tipico è:
mezza svizzera di manzo e un morsino di pane e basta;
oppure 7 o 8 maccheroni di numero e 2 o 3 morsini di prosciutto e basta.
A merenda? un po’ di camomilla e un biscotto, e basta.

A tavola è sempre una lotta. Se le preparo la pasta in bianco, la voleva rossa e viceversa.
Se faccio scegliere a lei prima di prepararla, al momento di mangiare comunque spesso è un “non lo voglio più”.
Anche alla materna le maestre mi riferiscono che spesso mangia solo un po’ di pane.

Le abbiamo provate tutte al momento dei pasti, anche cose sbagliatissime, per vedere se mangiava: giocare, guardare la tv, e ora, ultimamente, abbiamo provato a togliere la tv e intrattenerla a tavola solo con discorsi di vita quotidiana che le potrebbero interessare, ma niente… non cambia niente.

Non riusciamo in nessun modo a migliorare la sua alimentazione (totalmente squilibrata) e siamo costretti a ricorrere ai metodi forti (traumatici per lei e per noi) per aiutarla con la sua stitichezza.

Ha qualche consiglio per noi?
Grazie fin da ora.

Antonella

Buongiorno Antonella,

attorno al cibo e all’alimentarsi ruota in effetti gran parte della relazione madre-figlio, specie nei primi mesi e anni di vita di quest’ultimo.

È un tema “caldo”, come lei scrive, ma è compito dei genitori, opportunamente supportati dal pediatra e, se necessario, da uno psicologo, a non farlo diventare un tema “rovente”.

Innanzitutto vorrei rassicurarla sul fatto che non necessariamente stitichezza e scarsa alimentazione sono una l’effetto dell’altra: per esperienza mia personale posso dirle che ho avuto il primo figlio mangione e stitico ed il secondo molto meno mangione e senza problemi ad evacuare.
Quindi la stitichezza va trattata indipendentemente dall’alimentazione, sia a livello pratico che emotivo.

Sua figlia ha difficoltà ad evacuare, difficoltà serie a quanto lei racconta.
Ma non si può voler risolvere il problema facendola mangiare di più: ha mai pensato che, se queste sono le quantità che la bimba tollera, con una maggiore quantità il problema ad evacuare potrebbe peggiorare invece che risolversi?

I bambini attivano molti comportamenti adatti a difendersi, preservarsi, stare bene, comportamenti che spesso noi non capiamo, intrappolati come siamo in schemi, tabelle e preconcetti che poco o nulla hanno a che spartire col naturale sentire di un bambino.

Le consiglierei pertanto di rivolgersi ad uno specialista per la parte legata all’intestino, perché di certo le  manovre che lei descrive traumatiche non fanno che rinforzare il problema, che potrebbe anche essere soltanto un inibizione psicologica a questo punto.

Se invece sussistono problemi fisici, è giusto conoscerli ed intervenire adeguatamente. Per ciò che concerne l’alimentazione, le caldeggio la lettura del libro: “Il mio bambino non mi mangia” di Carlos Gonzales, descritto dalle parole di diverse mamme in questo modo: “Non facciamo che consigliarlo, ma perché è davvero una mano santa per le mamme, non solo quelle di bimbi inappetenti (o apparentemente tali), ma tutte, perché tutte siamo un po’ ansiose circa la nutrizione dei nostri figli. È scientifico, rigoroso, ed anche umano. Apre un mondo nuovo e alla fine si riesce veramente ad affrontare l’argomento con molta più serenità. Leggetelo!

Non sono pediatra, ma da ciò che mi racconta non mi pare che la bambina non mangi. C’è piuttosto da imparare da parte vostra a non rendere il momento del pasto una lotta familiare e di non scendere a troppi compromessi per farla mangiare; se sceglie la pasta in bianco, la mangerà in bianco, e viceversa col pomodoro.

Non fatevi manipolare, perché la bambina ha l’età giusta per attuare vere e proprie prove di forza sul terreno su cui vi vede più sensibili ed attaccabili, che nel vostro caso è il cibo.
Siate disponibili, ma fermi e soprattutto tranquilli: se non mangia, mangerà.

Portatela dal pediatra per le normali visite di controllo, sarà lui a valutarne l’accrescimento complessivo, che molto spesso non dipende dalla quantità di cibo introdotto.

La saluto, Chiara Rizzello

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