Rabbia e frustrazione in risposta ai no

Gentile dottoressa,

ho letto una sua risposta ad un quesito sulla "frustrazione e gestione della collera" nei bambini.

In quel caso si parlava di un bimbo di sette mesi e lei consigliava di vivere col bambino e fargli vivere queste sensazioni, così che nel tempo potessero essere comprese e metabolizzate… Pur essendo pienamente d’accordo e pensandola in questo modo anche in passato, mi ritrovo a rilevare che il mio bambino di 20 mesi ha una bassa tolleranza della frustrazione.

Questo si manifesta con pianti, rabbia, schiaffi e rifiuto delle persone care (io, il padre e i nonni) quando, per un qualsiasi motivo, non vede soddisfatto un desiderio: sia che si tratti di guardare la tv, o di una penna per scrivere, al no il mo bambino reagisce davvero male. So che è anche la sua età a comportare questa tendenza alla reazione "ribelle" ma la cosa mi fa specie perché noto che anche se lui cade o inciampa o non riesce a prendere un oggetto che desidera, piange e si arrabbia proprio, picchiando l’oggetto in questione o le persone che gli si trovano intorno.

Ora, premesso che la cosa non mi preoccupa e che non la vivo con ansie particolari, vorrei che mi consigliasse uno o più modi, anche con l’ausilio di giochi e/o libri, immagini, ecc. per aiutare il mio bambino a vivere e comprendere la frustrazione e la rabbia che essa gli genera.

È vero -e con questo concludo- che alle prime avvisaglie di questi comportamenti, io per prima, con nonni e marito, abbiamo tentato sempre, non tanto di accondiscendere alle richieste ma di "distrarre" il bambino, proponendogli altro, cantando, allontanandolo di peso dalle situazioni "frustranti"…

Aspetto con ansia un suo consiglio e parere in proposito e la ringrazio fin d’ora per la disponibilità.


La rabbia generata da una situazione vissuta come frustrazione è un passaggio obbligato verso l’autonomia.

Saranno solo le strategie che il bambino imparerà a mettere in atto autonomamente per superare la frustrazione e raggiungere l’obiettivo che desidera a consolarlo completamente, a dargli fiducia in se stesso e a farlo crescere.

Quello che può fare un genitore è sostenere ed affiancare il bambino in questo difficile momento di crescita (ce ne saranno molti altri e anche più complessi di questo!): nei momenti di rabbia e di crisi isterica il bambino va tenuto piuttosto vicino ma senza interagire troppo. Lo si deve lasciare sfogare con pazienza senza sgridalo ma senza neanche troppo coccolarlo o, peggio ancora, mandarlo nella sua stanza per fargli vivere in solitudine questi momenti dolorosi.

Quando si sarà calmato e sfogato abbastanza (il bambino deve avere il tempo di vivere l’esperienza senza eccessive facilitazioni) gli si potrà parlare con calma e con tono sereno cercando di farlo parlare e di favorire l’esternazione verbale della sua collera, ma questo sarà tanto più facile quanto più il bambino avrà un frasario ricco.

Fatto ciò, bisogna cercare di favorire l’autostima del piccolo con rinforzi positivi, complimenti e promesse di una ricompensa quando si comporta bene senza per questo essere troppo protettivi o pervasivi.

Il bambino deve capire di non essere solo nei momenti difficili ma deve anche capire che la vera soluzione dei problemi è quella che lui stesso riuscirà a trovare e non quella che può venire proposta da un adulto: tutto ciò con il dovuto equilibrio tra atteggiamento consolatorio e atteggiamento "arrangiati da solo che ce la fai". Ma mettendosi in un atteggiamento di ascolto e empatia, il genitore saprà intuire volta per volta come è più opportuno agire in quel determinato momento perché nei momenti di crescita è soprattutto il bambino ad indicare tempi e modalità di intervento più che l’adulto a doverli decidere a priori. Ma molto più esaustiva di me potrà essere la psicologa alla quale ti suggerisco di porre lo stesso quesito, se non lo hai già fatto.

Per quanto riguarda il suggerimento di libri o giochi, anche questa è una domanda da rivolgere alla psicologa: per conto mio, chi ha uno o più figli, ha già una o più enciclopedie e passare il tempo che si dovrebbe trascorrere per leggere il libro suggerito giocando, osservando ed ascoltando il bambino mi sembra, forse, più educativo e vantaggioso, soprattutto nel momento dell’emergenza e dell’esperienza.

I libri servono come bagaglio culturale e stimolo alla riflessione ma, come dire, sono dei preventivi più che dei curativi e vanno letti a prescindere, cioè lontani dal problema, quando il problema non c’è ancora, perché la semplice lettura non basta, ci vuole la metabolizzazione, la riflessione, la sedimentazione delle idee che suggeriscono, e nel frattempo i bimbi sono belli che cresciuti!

Un caro saluto,

Daniela

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