Quando sospendere l’allattamento al seno

Gentile Dottoressa,
mi rivolgo a lei alla ricerca di un parere tanto esperto quanto equilibrato. 
Sono la mamma di una bimba N. di 4 anni e un bimbo T. di 10 mesi che allatto felicemente al seno, di regola prima che si addormenti (pisolino pomeridiano e sonno notturno) e diverse volte durante la notte: la cosa non mi pesa, anzi, a volte mi stupisco di quanto T. sia rapido nel saziarsi e deciso nel rifiutare chiaramente il seno aldilà di queste occasioni, infatti se non ha voglia di latte mi morde o si volta dall’altra parte. T. è sempre stato molto chiaro nel farmi capire quando non ne voleva più ed io ho presto smesso di indurlo a poppare di più, confidando nella sue capacità di autoregolazione. In effetti è sempre cresciuto in maniera eccellente, circa 1200 gr. al mese nei primi tempi di allattamento esclusivo e fino a 600 gr. dal sesto mese quando, gradualmente, ho iniziato a proporgli assaggi di frutta frullata, poi la pappa di mezzogiorno con carne, verdure, farine di cereali, poi quella della sera con parmigiano, o ricotta, o pesce, e yogurt a merenda. In generale mi pare che lo svezzamento proceda bene anche se ci sono state alcune settimane in cui, causa dentizione, raffreddore, ansia da separazione, tendeva a non mangiare affatto e a poppare poco: tra l’ottavo e il nono mese non ha preso affatto peso e solo mezzo cm di lunghezza. Ora sembra aver ritrovato l’appetito e si sta gradualmente aprendo a nuovi gusti e soprattutto nuove consistenze, dunque non mi preoccupo.
Il motivo per cui le scrivo ha a che fare con l’allattamento al seno (a richiesta /regolamentato) oltre il sesto mese, o il dodicesimo, che dalle mie parti è tendenzialmente considerato bizzarro, quando non disdicevole, o addirittura controindicato. La mia pediatra non si sbilancia, ma molte altre persone intorno a me (escluso mio marito per fortuna) non mi risparmiano commenti e frecciatine sull’inutilità di questa pratica… Io faccio di solito buon viso a cattivo gioco o rispondo con calma che non sono di quell’avviso per una semplice questione di buon senso: non mi sembra plausibile che possa nuocere qualcosa che è stato previsto e perfettamente regolato da madre natura, che la razza umana adotta per proteggere e sostentare i propri cuccioli da milioni di anni, che il mio latte per fortuna c’è e il bimbo lo vuole: al momento non vedo motivo per interrompere l’allattamento, finchè T. non mi darà segno di non averne più bisogno o non gradirlo. Per altro, poichè mi piace parlare con cognizione di causa, essere informata e approfondire gli argomenti che mi interessano, (nulla mi sta a cuore più del benessere dei miei figli) ho cercato informazioni scientifiche al riguardo e ho scoperto ancora di più: alcune ricerche dimostrano o dimostrerebbero che un periodo più lungo di allattamento corrisponde a migliori risultati in termini scolastici, di socializzazione, e di serenità e indipendenza dei bambini a 5 anni e i benefici immunologici, la digeribilità, la protezione dalle allergie e altri aspetti del latte materno a qualunque età restano comunque ineguagliabili, per non parlare dei vantaggi per la salute materna… 
Tutto bene insomma, fino a ieri, quando ho avuto un dialogo/confronto con un naturopata che insisteva nel suggerirmi di abbandonare l’allattamento al massimo entro il tredicesimo mese perché, a suo dire, a quell’età corrisponde una tappa neuro-psicologica in cui il bimbo va accompagnato (o spinto) verso l’indipendenza dalla madre, per cui continuare a nutrirlo al seno significherebbe castrare la sua autonomia, imporre una presenza smodata della figura materna con chissà quali ripercussioni… A nulla sono valse le mie timide obiezioni che ho riportato sopra, nè l’esempio lampante di mia figlia che, allattata a richiesta e spessissimo fino a 22 mesi, è una bambina sanissima, serena nonostante l’arrivo del fratellino, di gran lunga più indipendente rispetto ai suoi coetanei e, lo dicono le maestre, intellettivamente brillante! A nulla è valso chiedere quali fossero esattamente le teorie o gli studi a sostegno della sua tesi, perché il succo della risposta è stato: così dice la scienza… gli studi di cui parli tu sono discutibili, te lo dico io che sono medico e quindi lo so perché l’ho studiato…!
Ora, glissando sull’arroganza e sulla povertà delle argomentazioni sul mero piano del buon senso, poichè amo i miei figli e amo mettermi in discussione, vorrei sapere,
-è vero che la scienza considera l’anno di età come l’epoca migliore per sospendere l’allattamento? 
-se sì, quali sono gli studi, le teorie, gli autori in letteratura scientifica presso cui posso attingere queste indicazioni?
-non trova che quando si parla di allattamento siamo tutti tuttologi, un po’ inclini all’estremismo (forse io per prima), ma che, sostanzialmente, nel nostro paese la cultura dell’allattamento proprio per questo sia scaduta spesso in contro-cultura?
Mi dispiace essermi tanto dilungata, ma volevo spiegarmi bene, chiedo scusa se le porto via troppo tempo.
Aspetto fiduciosa il suo parere, e la ringrazio.
Mammalena




Ora che me lo hai ricordato: ho sempre avuto difficoltà a capire il vero significato della parola “naturopata”. Il termine mi fa pensare ad una patologia della natura, ad un modo patologico di considerare la natura…Insomma, non voglio ironizzare, non sono naturopata e nemmeno omeopata, però posso assicurarti alcune cose: 1) L’OMS – organizzazione mondiale della sanità, non un pinco pallino qualunque – raccomanda ormai da anni di prolungare l’allattamento al seno anche fino al secondo o terzo anno, se mamma e bambino lo vogliono, ma comunque almeno per tutto il primo anno, fermo restando l’inizio dello svezzamento al sesto mese o giù di lì per integrare il latte materno con sostanze di cui il bambino, ormai cresciuto, ha bisogno e di cui il latte materno potrebbe essere carente. 2) L’accompagnamento del piccolo verso la vita, la spinta in avanti verso nuove esperienze, il coraggio di vivere e maturare, insomma, nulla a a che vedere con una data di inizio e fine allattamento ma piuttosto con un equilibrato rapporto madre bambino e padre bambino, oserei dire, sin dal concepimento, con una adeguata presenza del padre nell’educazione del bambino soprattutto nei momenti chiave del suo sviluppo che corrispondono ai periodi di passaggio da uno stato ad un altro, ad iniziare dal periodo prenatale, quando il feto ha uno sviluppo sensoriale in grado di percepire gli stimoli esterni – voce, tatto, ecc. – , nel momento del taglio del cordone ombelicale, al momento dei primi passi, nel periodo del complesso di edipo, nell’età scolare, nell’adolescenza e così via. 3) Quando non sussistono criticità di nessun tipo né nella madre né nel bambino, nessuno ha il diritto di intromettersi nel rapporto che si instaura tra loro e a nulla serve dettare dei tempi o pontificare consigli non richiesti. In coloro che si intromettono negativamente in questo rapporto, quando è sereno possono covare segretamente invidie o gelosie rispetto alla vostra felicità o, nel caso della naturopata, chissà? un problema psicologico personale, un rapporto con la propria madre mal vissuto o semplicemente una sorta di senso di inferiorità nei confronti del modo di inquadrare le cose della medicina allopatica tradizionale, vissuta come pensiero dominante difficile da sconfiggere che troppo poco spazio lascia alle medicine chiamate alternative o integrative. Ma così facendo o così pensando, sono proprio queste ultime a mettersi contro le evidenze. Conclusione: segui il tuo cuore e la tua intuizione: ne sai ormai abbastanza per sentirti sicura delle tue scelte che io approvo e appoggio pienamente.

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