Oggetto transizionale all’asilo nido

 

Salve dottoressa,

sono un’affezionata lettrice di questa rubrica e le ho talora scritto per chiedere consigli (di recente per l’abitudine a succhiare il pollice di mia figlia). Anche stavolta le chiedo un’opinione.

Mia figlia, 18 mesi, da circa due settimane è diventata attaccatissima ad una bamboletta di pezza. La vuole per dormire, quando esce la mattina per andare al nido, se sta in macchina nel seggiolino, ecc. ecc.

Quando sta in casa o con noi genitori la cerca solo se è stanca o ha sonno ma il "problema" (?) è quando di giorno sta al nido. Mi dicono infatti le educatrici che lei, di solito vivace, solare, compagnona, in alcuni giorni non si stacca da questa bamboletta nemmeno per mangiare. La vuole sempre con se, e guai se la tolgono…

Ieri, per esempio, mi hanno riferito che è stata tutto il giorno con questa bamboletta a succhiarsi spesso il pollice, non ha voluto giocare con gli altri bimbi, ma se ne è stata quasi per conto suo.

Insomma, secondo le educatrici del nido quest’attaccamento alla bamboletta è un "problema" perché la bimba (solitamente molto coinvolta dagli altri bambini) si "isola" e non partecipa. Alcuni giorni questa cosa è più spiccata, altri meno, ma secondo loro dovrei far si che la abbandoni.

Io sono un po’ perplessa sia perché -ripeto- quando sta con noi la cerca molto poco, sia perché non credo che un oggetto transizionale debba essere considerato una cosa così negativa. Io penso che sia una fase, che magari in questo momento ha più voglia di mamma e quindi si consola così, per cui non la demonizzerei.

Però ho letto anche che di solito quest’attaccamento all’oggetto transizionale avviene molto prima di quanto abbia fatto mia figlia e quindi non so se nel suo caso il fatto che sia tardivo abbia qualche significato che non ho capito.

Lei cosa ne pensa? Grazie ancora una volta e buona giornata

La tua bimba si comporta in modo normale per la sua età e la bamboletta non va assolutamente tolta, anzi, parlando o giocando con lei bisogna tenerne conto e darle importanza.

Evidentemente, nei momenti di distacco da te e dal suo ambiente abituale, l’oggetto transizionale le è indispensabile per favorire e rafforzare l’idea della mamma interiore: esso viene investito di una affettività particolare. Il bambino, in una certa fase della sua vita, in particolari momenti di distacco dalla mamma e dalle figure genitoriali, inserito da poco in un ambiente a lui estraneo del quale non ha ancora imparato a fidarsi e con il quale, proprio per questo motivo, fatica a comunicare e ad aprire il proprio cuore, ha bisogno di un sostituto di mamma, un oggetto che possa aiutarlo a rappresentare il suo oggetto primario di amore in assenza della mamma, un oggetto che rappresenti un alter ego, un amico fidato con cui confidarsi con la totale fiducia di essere capito.

Il ciuccio o il dito in bocca hanno lo stesso significato e diventano un rafforzamento. Se la bimba, in certi momenti oppure in certe giornate, tende ad isolarsi e a non partecipare ai giochi di comunità, non è certo colpa della bamboletta, ma evidentemente del fatto che avrebbe bisogno di una maggiore vicinanza da parte di un adulto che le riducesse l’ansia di separazione dalla mamma, migliorasse la sua autostima trattandola affettuosamente ed incoraggiandola a giocare con gli altri, insomma, una attenzione in più e non il consiglio di allontanarla dalla sua consolazione.

Potrebbe avere vissuto, che so, qualche piccolo sgarbo involontario di un altro bambino, come una cattiveria ed essersi isolata per questo. Ma anche senza che questo sia successo, con il passare del tempo la bimba potrebbe realizzare sempre più concretamente cosa significhi rimanere lontana da casa per varie ore, avere preso coscienza di ciò meglio rispetto alle prime volte e potrebbe aver messo in atto dei fisiologici e salutari meccanismi compensatori che prima non aveva o aveva meno motivo di utilizzare, proprio per consolarsi.

Per ridurre l’importanza di questo oggetto transizionale, ammesso che sia necessario, non ci si deve limitare ad allontanarlo – sarebbe un errore e una grave mancanza di sensibilità da parte degli adulti – ma bisogna sforzarsi di capire la piccola e di interagire di più con lei, non con un atteggiamento eccessivamente protettivo, perché non l’aiuterebbe a superare questo momento e non la responsabilizzerebbe, ma con un po’ più di attenzione al suo stato d’animo, standole vicino e spronandola con dolcezza a giocare con altri, magari per un po’ di tempo assieme ad una figura adulta, poi, piano piano, lasciandola da sola assieme agli altri compagni.

È un lavoro che compete alle educatrici quando la bimba è al nido. È vero che, avendo molti altri bambini di cui occuparsi e non potendo fare favoritismi per non ingelosire nessuno, i bimbi non possono pretendere di averle tutte per loro nel senso di un rapporto privilegiato uno a uno, ma anche senza arrivare a tanto, con un po’ di pazienza e di sensibilità personale, una coccola o una carezza in più, gesti che portano via soltanto una frazione di secondo ma possono essere importantissimi per un bambino in un momento di difficoltà, la bimba farebbe a meno da sola delle sue fisiologiche consolazioni.

L’attaccamento della bimba alla sua bambola non è tardivo: evidentemente solo ora ne realizza la necessità in modo pressante, tanto è vero che a casa non lo cerca come all’asilo ed è soltanto a casa che la bimba si sente realmente se stessa.

Un caro saluto, Daniela

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