Come effettuare una urinocoltura corretta

Sono sempre io, la mamma di Medea di 15 mesi.

Grazie, sempre più sentitamente, per le sue risposte alle mie domande che, alla fine, partono dallo scarso appetito e conseguenziale scarso aumento di peso. Lei mi ha, giustamente, fornito preziosi suggerimenti alimentari e, poi, con la mia ultima email, mi ha tranquillizzata per le due infezioni alle vie urinarie negli ultimi tre mesi. Ma adesso c’è una ulteriore preoccupazione che mi assilla.

In breve, tre mesi fa, prima dell’E.Coli era stato diagnosticato una Pseudomonas E. subito smentito dalle successive e immediate indagini colturali dell’urina, fatte da altri due laboratori. Poco fa ho appreso dall’analista che la coltura della medesima urina dalla quale era stata diagnosticata l’E.Coli appena tre giorni fa, ha dato esito positivo anche per lo Pseudomonas A.

È possibile? Che ci siano due forme batteriche è cosa rara, ma è incredibile che due mesi fa il laboratorio di microbiologia di un nosocomio civile non abbia trovato alcuna traccia di Ps. ma solo di E.C. confermando anche l’esito di un altro laboratorio d’analisi della locale ASL.

Sto facendo rifare le analisi da un’altra parte, ma sono in forte tensione emotiva perché ho letto che lo Ps. è un batterio difficile che può formare una tossina killer.

La bambina non è mai stata ricoverata, tantomeno frequenta piscine.

Devo aspettare, lo so, gli ulteriori esiti, ma intanto, sia così gentile da erudirmi su ciò cui vado incontro nella sventurata ipotesi ci possa essere anche questo insidioso batterio in Medea.

Grazie, non sa quanto apprezzo il Vs servizio.

PS: La mia pediatra (che intendo cambiare per l’ovvia ragione per la quale mi rivolgo a lei, cioè non risponde mai in maniera esaustiva e demanda tutto ai ricoveri in Day Hospital che traumatizzano la bambina con inutili esami del sangue fatti da personale privo di sensibilità) dice che adesso bisogna trovare il perché dello Pseudom. magari sondando i reni ma non credo sia questo il problema.

Mi risponda, come sempre ha fatto, attendo con ansia ciò che avrà da dirmi.

Francesca


Cara Francesca,

quando si desidera effettuare una urinocultura, bambino o adulto che sia, essa va programmata e organizzata con cura onde evitare risultati dubbi o equivoci che confonderebbero le idee e obbligherebbero a ripetere le analisi in modo esasperante.

Mi spiego: le urine sono un fertilissimo terreno di coltura per i batteri che possono, si, provenire dalle urine stesse, ma anche dalla contaminazione con i tessuti cutanei o mucosi dei genitali non sufficientemente puliti prima della raccolta oppure anche dalla contaminazione con germi ambientali presenti nel laboratorio stesso se il campione di urine, appena ricevuto in laboratorio, stazionasse sul bancone per qualche tempo prima di essere seminato sui terreni di coltura.

Allora, la cosa migliore per evitare dubbi o equivoci sarebbe quella di mettersi d’accordo con la persona che fisicamente si incaricherà di seminare l’urina sul terreno di coltura appena ricevuto il campione: essa dovrebbe assicurare il paziente che si occuperà del campione in questione immediatamente appena lo riceve.

Contemporaneamente, appena ottenuto il campione di urina dalla bambina, la mamma o la persona incaricata, deve uscire e recarsi in laboratorio e tra l’emissione delle urine e la semina del campione su terreno di coltura non dovrebbero passare più di mezz’ora, massimo tre quarti d’ora, un’ora. Se si suppone di non potere rispettare questi tempi, sarebbe bene mantenere le urine o in busta termica o momentaneamente in frigo.

Importantissima è, poi, la modalità di raccolta del campione stesso: se si usa il sacchetto che aderisce sulla pelle dei genitali, esso va manipolato con mani pulite e la parte con adesivo va applicata sui genitali dopo una accuratissima pulizia degli stessi e se la bambina non urina subito, dopo massimo tre quarti d’ora il sacchetto va rimosso per rimetterne uno nuovo perché già in quel lasso di tempo batteri eventualmente presenti sulla pelle potrebbero iniziare a moltiplicarsi.

La pulizia dei genitali prima dell’applicazione del sacchetto va fatta lavando molto bene la parte, incluso l’interno delle cosce, con una soluzione blandamente disinfettante schiumogena tipo Saugella antisettica, risciacquata, poi, con acqua corrente di rubinetto e successivamente con acqua bollita sterile o soluzione fisiologica sterile spruzzata sulla vagina tramite una grossa siringa sterile monouso, senz’ago, ovviamente.

Dopo ciò, i genitali vanno asciugati tamponando con garze sterili e, quando sono ben asciutti, si può finalmente applicare il sacchetto adesivo oppure si può fare urinare la bimba sull’apposito contenitore per urinocultura, avendo cura di raccogliere solo una parte delle urine emesse, cioè il getto intermedio, cioè non quello iniziale e neanche il finale senza che il bordo del contenitore tocchi la pelle.

Le urine così raccolte vanno poi immediatamente portate al laboratorio, già avvertito in precedenza, con la raccomandazione di utilizzarle subito o al più presto, visto che il tragitto da casa al laboratorio ha già impiegato il suo tempo (usare busta o borsa termica). Queste corrette modalità di prelievo del campione permettono di avere la certezza che il germe che si dovesse eventualmente sviluppare provenga realmente dalla vescica.

In tal caso, per parlare di infezione alle vie urinarie, bisogna che se ne sviluppi uno solo, in quantità superiore o, al massimo, uguale a 100.000. Se la quantità è decisamente superiore a 100.000, diciamo un milione, la terapia antibiotica deve essere iniziata immediatamente, in un certo senso anche senza attendere il risultato dell’antibiogramma, a meno che la risposta dell’urinocultura non venga data contemporaneamente a quella dell’antibiogramma.

Nello stesso tempo, oltre alla urinocultura, va fatto, dallo stesso campione, un esame delle urine e se dovessero risultare emazie e leucociti in forte quantità, o peggio ancora cilindri ialini o granulosi, sarebbe opportuno indagare anche la funzionalità renale e l’ipotesi di diffusione dell’infezione anche oltre la vascica (ves, pcr, emocromo, ecc..), altrimenti basta occuparsi di risolvere l’infezione vescicale.

Nelle femmine, la contaminazione vescicale con batteri provenienti, solitamente, dall’ano e dalle feci, è frequente a causa della brevità dell’uretra che separa la vescica dall’esterno. Le bambine che soffrono di stitichezza ne vanno maggiormente soggette perché le feci, miste a batteri, in questi casi, ristagnando per molto tempo nel retto prima di essere eliminate, possono propagare i batteri stessi nella zona genitale. Anche delle corrette modalità di pulizia locale della bambina quando va di corpo sono importanti e i gesti da compiere con la carta igienica o con le salviette imbevute di detergente devono sempre essere in direzione antero-posteriore, cioè dalla vagina verso l’ano e non viceversa, per non contaminare la vagina stessa con germi provenienti dalla zona ano-rettale.

Ma quando i bambini portano ancora il pannolino, la permanenza stessa delle feci nel pannolino per qualche tempo prima di essere rimosse, soprattutto ora che fa caldo, può essere responsabile di contaminazione. Quindi, se, in occasione delle urinoculture precedenti, queste regole non sono state tutte scrupolosamente osservate, ti consiglio di ripetere per l’ennesima volta una raccolta delle urine nel modo più ortodosso possibile e con i tempi corretti e dalla risposta, finalmente attendibile, di quest’ultima analisi, ripartire per valutare il problema.

Se nonostante tutto ciò si dovesse ancora sviluppare un unico germe in quantità significativa, la terapia antibiotica va iniziata e proseguita scrupolosamente e con regolarità per almeno otto giorni consecutivi. Al quarto giorno di terapia, però, vanno raccolte nuovamente le urine per una seconda urinocultura e, in attesa di questa seconda risposta, va continuata la terapia antibiotica per almeno altri 4 giorni per arrivare a otto, dieci giorni di somministrazione. Al ricevimento di questa seconda risposta, se risulta negativa, l’antibiotico va sospeso e una terza urinocultura va programmata dopo 5-7 gg dalla sospensione dell’antibiotico.

Se, invece, l’urinocultura dopo 4 gg di antibiotico risultasse ancora positiva, l’antibiotico stesso andrà cambiato con uno più specifico in base all’antibiogramma e, sempre dopo altri 4 gg di questa nuova terapia, va ripetuta una ennesima urinocultura di controllo per poi proseguire come sopra. Se l’urinocultura eseguita dopo una settimana dalla sospensione della terapia risultasse ugualmente negativa, ovviamente l’antibiotico non andrà più dato ma nuove urinoculture di controllo andranno programmate ogni 20 giorni circa per almeno due o tre volte di seguito prima di dimenticarsi e di archiviare il problema.

Un orientamento su questo argomento lo puoi trovare anche nella parte finale della dispensa sugli antibiotici che si trova sul sito.

Un caro saluto,

Daniela

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