Bambina di 8 mesi piange disperata appena non vede la mamma

Gentile dottoressa, sono mamma di tre bambine rispettivamente di 4 anni, 2 anni e 8 mesi. La piccola di 8 mesi è molto brava per quanto riguarda la nanna e nella quotidianità ma c’è un grande problema, piange disperata se mi allontano un attimo (con tre bimbe succede spesso!) e non si calma nemmeno se mi siedo accanto a lei per giocare insieme. Piange in modo disperato, si calma solo se presa in braccio. Questa situazione va avanti da due mesi ormai. Ho provato a lasciarla piangere un po’, ad allontanarmi e parlarle dall’altra stanza raccontandole cosa stavo facendo ma nulla. Che posso fare?  Fra poco rientrerò al lavoro. . .grazie per l’attenzione.
Cordiali saluti, Stefania

La così poca differenza di età tra la tua secondogenita e l’ultima nata mi farebbe supporre che, per forza di cose, l’ultima abbia ricevuto un po meno delle altre in termini di disponibilità di tempo ad essere coccolata, tenuta in braccio, gratificata nelle sue esigenze di attenzione: questo, evidentemente, senza nulla togliere al tuo amore ed attaccamento nei suoi confronti, beninteso. Però è un dato di fatto che il primogenito può essere, almeno inizialmente, più coccolato, il secondogenito, sufficientemente coccolato all’inizio, si può sentire defraudato di qualcosa alla nascita del terzo e può avvertire una sorta di tristezza stretto tra due personalità prorompenti e il terzogenito, se vuole ottenere le stesse attenzioni degli altri due fratelli maggiori, deve alzare i toni e farsi sentire più degli altri. A questo devi aggiungere che ogni bambino nasce con una sua personalità che lo porta ad avere esigenze e modalità espressive, spesso del tutto diverse dai fratelli anche a parità di educazione e accudimento. In più, la tua ultimogenita si trova nella ben nota e complessa fase esistenziale e di sviluppo psicoemotivo di separazione-individuazione: separazione come necessità evolutiva della bimba al fine di imparare a separarsi dalla mamma psicologicamente superando il legame strettamente simbiotico dei primi mesi per correre verso una sua indipendenza e individuazione come graduale conquista di proprie caratteristiche individuali che possano distinguersi soprattutto dalla madre ma anche da altre figure che compongono il nucleo familiare. In questo periodo, che inizia già attorno al quarto mese e può concludersi molto più avanti, attorno al terzo anno di vita ma che ha il suo momento culminante proprio attorno agli otto-dieci mesi, il bambino vive e sperimenta, si può dire, la formazione di una sua propria pelle, un involucro psicologico che crea automaticamente una differenza tra il proprio sé, la propria interiorità e tutto quello che è altro da sé, fuori da sé. Questa separazione psicologica ed esistenziale gli fa sperimentare stati d’animo del tutto nuovi rispetto a prima e un senso di solitudine che nella fase di legame simbiotico con la madre non aveva ancora sperimentato. L’angoscia che ne deriva gli fa desiderare più di prima un ricongiungimento anche fisico con il suo primario oggetto di amore che è, ovviamente, la madre, almeno nella stragrande maggioranza dei casi. Aggiungi che a otto mesi un bambino non è ancora in grado di rappresentarsi oggetti e persone quando non si trovano nel suo campo visivo e questa incapacità gli fa sperimentare l’assenza come una vera e propria mancanza non solo una momentanea lontananza o indisponibilità ad essere presente. L’angoscia, quindi, aumenta e spesso non basta la rassicurazione verbale: il bambino ha bisogno almeno di vedere il suo oggetto d’amore, almeno vederselo davanti se non può toccarlo o essergli vicino anche fisicamente. Allora non serve che tu chiami la bimba e le faccia sentire la tua voce in un’altra stanza: devi affacciarti e farti vedere, associare la tua voce alla tua presenza. Gradualmente farai il classico gioco del cucù, nascondendoti e riapparendo dopo pochi secondi, associando la tua apparizione con un verso, un richiamo, un “sono qui” o qualsiasi altra frase breve significativa, mostrandoti sempre sorridente e rassicurante. Piano piano le tue apparizioni davanti alla bimba si faranno sempre più aspettare ma rimarrà la tua risposta vocale: dirai “sono qui” senza più farti vedere. Poi risponderai ai richiami tardando sempre un po di più. Contemporaneamente cercherai di abituare la bimba ad un oggetto sostitutivo consolatorio che potrà essere il suo giochino preferito, un peluche o anche un oggetto tuo, una sciarpa o un indumento che abbia il tuo odore. Infine dovrai mimare la tua uscita dalla porta di casa tornando dopo poco ma aumentando sempre di più la durata della tua assenza e anticiperai la tua intenzione di uscire di casa spiegandola e dichiarandola alla bimba promettendo di tornare presto presto. Così facendo non potrai evitare il disappunto iniziale della piccola che, come ho detto, è fisiologico, ma potrai sviluppare in lei la fiducia nel tuo ritorno, cioè nel tuo ricomparire sempre e comunque. Questa fiducia sarà fondamentale perché i bambini, a otto mesi, non hanno ancora la nozione del tempo che scorre: una assenza della madre, quindi, non è più o meno dolorosa in quanto più o meno prolungata ma è più o meno dolorosa in quanto non associata o non ancora associata alla sicurezza della ricomparsa. Durante la tua assenza, man mano che passerà il tempo, la piccola potrà abituarsi a dare significato all’oggetto transizionale sul quale poter investire la sua affettività e costruire il suo pensiero simbolico: diventerà il simulacro della mamma e sarà come averla ancora vicina. Parallelamente a tutto questo processo, infine, sarebbe utile che la piccola si abituasse ad avere vicina una figura sostitutiva che le dia sicurezza e che sia familiare.

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