Ancora disritmia serale a otto mesi

 

Gentilissima Dottoressa,

dopo aver tratto molto giovamento dai suoi preziosi consigli, sia attraverso le risposte alle mie lettere che leggendo quelle date alle altre, torno a rivolgermi a lei per un parere.

Il mio bambino, Davide, ha 8 mesi. È un bambino estroverso e vivace, sempre in movimento, curioso e amante delle novità (luoghi, persone, giocattoli ecc). Ciò nondimeno la sua giornata è scandita da ritmi e appuntamenti regolari, quei famosi "undici appuntamenti" di cui parlava in una sua recente risposta ad un’altra mamma, anche se non esattamente nell’ordine da lei indicato: Davide fa il bagnetto a metà mattina, poi un pisolino di 35-45 minuti e poi, dopo uno spuntino di frutta, usciamo a passeggiare) e in effetti il mio bimbo si nutre senza problemi, si addormenta ogni giorno e ogni sera più o meno alla stessa ora, la sera molto tranquillamente nel suo lettino. Da pochi giorni, poi, ha iniziato a saltare la poppata notturna (lo dico con le dite incrociate…).

Io non ho ancora ripreso il lavoro ma, in previsione di ciò e per aiutarmi anche in questi mesi, da quando Davide ne ha compiuti 3 sono stata affiancata, tre pomeriggi la settimana, da una tata molto brava, disponibile e paziente, sinceramente affezionata a lui: su indicazione del nostro pediatra io e mio marito abbiamo infatti deciso di non iscrivere nostro figlio al nido ma solo, a tre anni, alla scuola materna.

Il "problema" del nostro bambino, posto che di problema effettivamente si tratti, riguarda il suo comportamento nel tardo pomeriggio, prima della cena, che avviene alle 19, dal momento che al massimo alle 20 Davide dorme!

È infatti stanco già da prima, e generalmente, appena messo a letto si addormenta immediatamente. Premetto che dall’età di 10 giorni sino a tre mesi e mezzo circa ha sofferto di coliche, in un periodo abbastanza spaventose, addirittura due al giorno.

Passate le coliche (o forse, assieme ad esse) si è manifestato il problema del reflusso gastroesofageo per il quale è tuttora in cura. Insomma, Davide non è mai stato un bimbo "facile": ha sempre pianto tantissimo!

Da qualche tempo, tuttavia, vuoi per la sua maturazione fisio-psicologica, vuoi grazie alla terapia antireflusso, il nostro bimbo piange molto meno, anzi durante buona parte della giornata è allegro e sorridente, oppure intento ai suoi giochi o anche, semplicemente, tranquillo purché in compagnia di qualcuno.

Il tutto, però, fino a metà pomeriggio, al massimo fino alle 18, ora in cui va invariabilmente in crisi! E questo, sia che si trovi fuori a passeggio, o in auto, o in casa, in compagnia mia, del padre o della tata. Noi attribuiamo questo suo comportamento (che si traduce in uno stato di insofferenza verso qualunque cosa se va bene, o in pianti e urla se va male, sino all’ora di cena! Ma escludo che si tratti di fame, poiché Davide fa merenda verso le 17 – prima si rifiuta) alla stanchezza di fine giornata, il problema è che Davide proprio non riesce a schiacciare un pisolino a quell’ora, salvo in rarissime occasioni e malgrado noi, generalmente, interrompiamo le stimolazioni (che lo agitano di più) e cerchiamo di farlo rilassare.

Lui dorme dopo pranzo, se va bene un’ora e mezza ma spesso anche meno (il più delle volte dopo mezz’oretta si sveglia e io cerco di riaddormentarlo, riuscendoci spesso), e poi basta sino all’ora di andare a letto (vero è che poi dorme anche 11-12 ore, svegliandosi una volta in tarda serata per un biberon e riaddormentandosi subito dopo).

La mia domanda è perciò questa: fino a che punto e fino a che epoca dello sviluppo è da considerarsi "normale" una disritmia serale? E c’è qualcosa che si può fare per superare questa situazione? Da qualche giorno l’unica cosa che sembra tranquillizzare il mio bimbo è che io lo tenga in braccio, lo accarezzi e gli sussurri all’orecchio: è già qualcosa perché per lo meno i pianti cessano (fino a poco tempo fa le stesse coccole non sortivano alcun effetto), ma certo non è molto comodo… anche perché le coccole possono durare anche un’ora e mezza!

Inoltre, la cosa funziona solo con me: né la tata né mio marito hanno lo stesso effetto. Anzi, da qualche tempo Davide sta incominciando a piangere se devo uscire e lasciarlo con la tata (cosa che fino a poco fa non accadeva), e se invece siamo in casa entrambe pretende che sia io ad occuparmi di lui "quando scatta l’ora x". Eppure sto con lui tutto il giorno, e in compagnia della tata si è sempre trovato benissimo.

La cosa mi preoccupa un po’ anche in previsione futura, poiché io faccio l’insegnante e una buona metà del mio lavoro si svolge a casa: come farò se Davide non dovesse accettare di restare con la tata mentre io dovrò lavorare a casa?

Al contrario, una volta che sono uscita di casa dopo due minuti di pianti si tranquillizza – così mi riferisce la tata, e infatti ogni volta che rientro lo trovo tranquillissimo!

Mi scuso per la prolissità e anche per le mie ansie, probabilmente ingiustificate perché so che i bimbi cambiano man mano che crescono… ma Davide è il mio primo e unico figlio e io sono una mamma "anzianotta" ed inesperta.

La ringrazio per la pazienza e la disponibilità, e la saluto con sincera stima.

Valentina

Gli otto mesi sono proprio il periodo in cui inizia la famosa angoscia per l’estraneo: il bambino, benché circondato da figure molto affettive, riconosce la madre come oggetto di amore primario e entra in ansia quando la desidera vicino a se e non può averla immediatamente.

È il periodo dell’angoscia da separazione ed è più che fisiologico che si comporti così. Naturalmente questa tensione emotiva si esprime più facilmente quando il bimbo si sente stanco, cioè a fine giornata, quando lotta contro il sonno che lui vive come una situazione che lo porterà via dalla realtà a lui consueta, tanto più che, da come mi racconti, non è mai stato un bimbo facile, capace di autonoma autoconsolazione ed ha sempre avuto bisogno di molto aiuto per tranquillizzarsi.

Questo momento passerà fra alcuni mesi senza che si debbano prendere provvedimenti particolari, ma nel frattempo è utile che il bimbo inizi ad abituarsi alle tue assenze seguite inevitabilmente dalla tua ricomparsa. Allora, in momenti prestabiliti, abitualo pure a stare lontano da te, inizialmente per pochi minuti, poi per periodi sempre gradatamente più lunghi, come si farebbe al momento dell’inserimento al nido, senza mai tornare vicino a lui in quel lasso di tempo che decidi di separarti da lui anche se sei soltanto dietro la porta, se dovessi sentirlo piangere.

Poi, ogni volta che tornerai, ti mostrerai serena e sorridente. Il bimbo deve imparare a formare dentro di sé l’immagine della mamma anche quando non è fisicamente presente e abituarlo piano piano ad una assenza, prima breve poi sempre più lunga, costantemente seguita da una ricomparsa, lo aiuta ad affiancare le due esperienze, una triste e una lieta, dell’assenza e della presenza, così l’una mitigherà l’altra e il bimbo, piano piano, imparerà ad essere fiducioso del tuo ritorno, vivendo, così, le tue assenze, in modo sempre più sereno.

Nei momenti di tua assenza, la persona che si occuperà del bimbo dovrà mantenere un atteggiamento altrettanto sereno, non troppo coccolone e consolatorio per non rinforzare nel bimbo l’idea che la lontananza della mamma è un evento talmente triste da dover essere per forza consolato, cioè il bimbo non si deve sentire compatito, ma deve essere sempre ben gestito, distratto e interessato ad una attività particolare.

Poi, hai constatato anche tu che dopo pochi minuti il problema si risolve, perché il bambino, a questa età, non ha ancora bene in mente il senso del tempo che scorre e il tempo per lui è una successione di attimi vissuti al presente. Se non distratto, quindi, un bimbo che piange potrà vivere nell’angoscia anche per molto tempo, senza riuscire a farsi una ragione del suo stato d’animo, come se il tempo si fosse fermato, mentre se distratto, entrerà facilmente in un altro momento altrettanto al presente, dimenticando il precedente.

Solo l’abitudine e le consuetudini, che favoriscono la costruzione del ricordo e della memoria, col tempo, faranno vivere al bimbo l’esperienza di un nuovo concetto di tempo, più fluido e più dinamico, permettendo così al bambino di costruirsi una rappresentazione mentale dei suoi desideri e dei suoi pensieri, quindi una rappresentazione mentale anche della mamma e solo allora finirà l’angoscia da separazione avendo, il bimbo, anche quando la mamma è fisicamente assente dalla scena, una idea di mamma interna, sempre comunque presente anche quando non si vede e non si sente. Un piccolo aiuto potrebbe essere la presenza di un oggetto transizionale, magari anche con l’odore di mamma, che il bimbo potrà tenere sempre con sé anche in sua assenza.

Quindi, come vedi, tutto avverrà con gradualità senza che tu debba inventare chissà quali strategie educative particolari: l’importante è mostrarti sempre serena e non troppo coinvolta dai pianti e dalle tragedie del piccolo, ma nello stesso tempo disponibile ad assecondare le sue richieste appena puoi, ma senza per questo condizionare troppo i tuoi impegni lavorativi perché la vita deve comunque scorrere regolarmente per il bene e la serenità di tutti visto che una buona capacità di adattamento alla realtà è presupposto indispensabile per la costruzione di una solida intelligenza.

Un caro saluto, Daniela

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