semoi

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Teresa
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semoi

Messaggio da Teresa » lun dic 18, 2006 12:20 pm

, la voglio scrivere anche io la mia storia.
A puntate.

inzio ora.

Introduzione.

Un giorno mi capito' di leggere la biografia di Felix Mendelsohn, quello della marcia
nuziale, quello che in genere vi accompagna all'uscita della cerimonia.
Voi, un sorriso stampato sulla faccia. I vostri parenti, combinati a festa, sono fuori pronti all'assalto e alla pioggia di riso...

Ecco, lessi quella biografia e pensai: ?caspita finalmente un musicista che e' passato alla
storia senza aver avuto una vita difficile (insomma non come Mozart, Beethoven, Bach etc)
Uno che era Felix di nome e di fatto.
Uno normale e felice.


Ecco questo pensiero mi consolo'.

Perche' pur stimando oltre misura chi proviene dalla lotta con la quotidinita',
la mia storia, ad oggi, e' cosi': normale e felice.

...per quanto normale possa essere l'incredibile viaggio che ognuno di noi fa su questa terra....


Continua...

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Teresa
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Messaggio da Teresa » lun dic 18, 2006 12:20 pm

Ps.
Felix Mendellson e' morto giovane...questo e' un dettaglio su cui sorvolerei....
diciamo, piuttosto, che per passare alla storia, un po' di sf**a ci vuole e io preferisco rimanere nell'anonimato.


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Messaggio da Teresa » lun dic 18, 2006 12:21 pm

L'infanzia.

L'infanzia e' un periodo che ricordo con grande piacere.
Per certi versi, diciamo che non l'ho ancora superato del tutto.
Per ragioni di salute di mia madre molto gravi, ho passato svariati mesi con una mia zia
(una sorella di mio padre) e questo, a doverla dire tutta, a dispetto di quante preoccupazioni
ci facciamo sulle esperienze e i distacchi dai nostri figli, non mi ha creato nessun trauma.
Anzi.
Oggi amo mia madre in maniera totale e amo mia zia, in una forma d'amore piu' ricca e piu' tenera
di come si possa comunemente amare una zia.

Risolti i problemi di mia madre (legata, la risoluzione, alla venuta di un nuovo figlio)
ritorno a casa mia, non piu' da figlia unica.
Avevo tre anni piu' o meno e li comincia la mia infanzia nuova.
Casa nuova, parco nuovo, pancione nuovo.
Amiche nuove: Elsa ed Eleana.
Io ed Eleana condividavamo lo stesso pianerottolo (il quarto piano), Elsa era al terzo.
Vivevamo in un palazzo da 12 famiglie, in un parco da 14 palazzi, con tantissimo verde e un parco
giochi a nostra totale disposizione.
Eravamo un gruppo di una ventina di pesti che scavalcavano qualsiasi cancellata alla velocita'
del suono.
Piu' veloce, parimerito con la velocita' della luce, era la nostra capacita' di correre, quando Don Mario, il portiere, si rendeva conto che avevamo calpestato anche il suo ultimo pezzo di giardino seminato...

Ero una bambina mooooolto vivace.
Vivevo di marachelle.
Amavo (e questo mi rimane) fare gli scherzi alla gente: telefonici, citofonici, di scenette improvvisate...
come quando bussammo alla porta di ZiaAnnamaria per dire (io ed Elsa) che, al ritorno dalla
scuola, Eleana era stata investita ed era.....morta.

ZiaAnnamaria svenne e io ancora ricordo tutti i ceffoni che prendemmo sul sedere dalle nostre
rispettive madri (anzi volavano anche ceffoni incrociati, tipo ziaeva-su Eleana, mia madre-su Elsa,
zia Annamaria-su di me etc etc).

Ricordo tante tante marachelle, molte delle quali costituiscono patrimonio quasi leggendario
dei nostri incontri.
La mia infanzia ?finisce? simbolicamente alle scuole medie.
Di quel periodo ricordo quasi tutto con grande allegria.
Ricordo la mia amica del cuore, Milena.
Ricordo l'orgoglio scolastico (ero una peste, ma a scuola ero bravissima!)
Ricordo il rapporto viscerale con mio fratello (andavamo avanti amandoci teneramente a mazzate!).
Ricordo lo sguardo severo e generoso di mio padre e quello rassicurante e amorevole di mia madre.
La mia infanzia finisce piu' o meno ai miei pattini con stivale, al mio primo bacio...dato/ricevuto nello stesso parco giochi che mi aveva visto scorazzare da piccolissima.
Avevo 12 anni, ero in terza media, lui era Attilio, il piu' carino della scuola.
La mia infanzia finisce quando chiedo a mia madre di farmi una sorellina....

Appena arrivo a casa, vi allego qualche foto di me, di Elsa e di Eleana.

Oggi Elsa e' una mamma a tempo pieno, Tommy ha 5 mesi ed e' un bambino bellissimo.
Eleana e' una single convinta....donna in carriera....bancaria!

Dimenticavo...quella sorellina oggi ha 18 anni...e si chiama AlessndrO!


Continua...
Fine parte I

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Messaggio da Teresa » lun dic 18, 2006 12:21 pm

Se la mia infanzia e' azzurra, la mia adolescenza e' arancione: la forza, l'energia del giallo e la passione e il tormento del rosso.
E' arancione, un colore solare, ma anche torbido.

La mia adolescenza inizia al liceo.
Volevo iscrivermi alla ragioneria, volevo andare nella scuola di Elsa e di Eleana (di tre anni piu' grandi di me) e invece mio padre mi iscrisse al liceo.
Piansi due notti. Non ci fu verso: dovevo fare lo scientifico.

Non so se l'ho mai ringraziato espressamente, credo di no.
Ma a quel liceo devo una parte di quello che sono, almeno una parte di me che mi piace.

Ero una ragazzina come tante.
Con una testa buona e un corpo inadattato.
Non ero un brutto anatroccolo, ma non ero nemmeno un cigno.
Quando hanno stabilito la data di nascita, lassu', hanno sbagliato di una trent'ina d'anni.
Se fossi nata nel 43 sarei stata perfetta. Gambe cicciotte, vita stretta, seno abbondante.
Insomma negli anni 50 sarei stata una da sposare, ma negli anni 80 quei chili di troppo,
distribuiti male, erano solo una fonte di disagio...
Ero una ragazzina ?tosta?, una di quelle che faceva caciara, prendeva questioni, litigava spesso per ragioni di principio, una che andava bene a scuola e che non sopportava l'altro ?primo della classe?.
Un ragazzotto belloccio, di buonfa famglia, un borghese con la faccia da borghese, apparentemente perfetto, talmente perfetto da risultare ODIOSO. Quel ragazzotto si chiamava e si chiama Gianni e, con tutta la fantisia di ogni mondo possibile, non avrei mai potuto credere o immaginare che sarebbe stato il padre dei mie figli.

Ma io all'epoca avevo solo 15 anni e avevo il mio principe azzurro.
Avevo un ragazzo di 18 anni, bello come il sole, avevo il mio primo grande amore.
Si chiamava GianLuca ed era il protagonista della mia prima operetta letteraria: ?boomerang?.
Scelsi di chiamarla boomerang perche' Gianluca era cosi': un amore che nella mia mente andava e tornava...
Ci credevo, credevo che sarebbe stato l'unico amore della mia vita.
A 15 anni non potevo immaginare che esistesse nulla di piu' forte e di piu' intenso.

Sbagliavo, evidentemente.
Sbagliavo, fortunatamente.

A 16 anni il mio terzo viaggio negli States. Un viaggio anche interiore che segna uno spartiacque
decisivo nella mia vita.
Partii, come gia' fatto qualche anno prima, alla vota del kennedy di NYC.
Un fratello di mio padre, zio Angelo (con cui ho un legame fortissimo), ad attendermi.
Tre mesi con lui, la mia lunga estate americana.

Partii che ero sui 60 chili, tornai che ero 96 pounds, insomma ero SOLO 44 chilogrammi.
Al ritorno in Italia mi fu facilmente diagnosticata una forma di anoressia, una forma rara, ma non per questo meno pericolosa.
A differenza di altre forme comuni, la mia non affondava le radici in un disagio familiare.
Anzi, le affondava in una forma di esigenza di catarsi: io piu' non mangiavo e piu' mi sentivo pulita (ovvio che ero in uno stato mentale piuttosto degenerato), mi ero buttata in un mondo interiore fatto di me stessa, di ricerca quasi spirituale.
Insomma mi stavo consumando e questo mi faceva sentir bene.

Per otto mesi non ho avuto le mestruazioni. Ho perso una buona parte dei miei capelli,
portavo le minigonne con taglia 38, lasciai Gianluca e passavo il mio tempo a studiare, studiare, studiare. A suonare magari, a scrivere...e soprattutto a leggere. Ho letto libri assurdi.
Dalla ragion pura di Kant, al cortigiano di Baldassar Castiglione, dalla biografia di Ernesto Guevara, a quella di Adolf Hitler...

Tra psicanalisi, ginecologi e tricologi arrivai alla soglia dei 17: pesavo 51 chili ed ero al massimo delle mie energie mentali.
Magra, felice e guarita.

Ogni tanto ripensavo a Gianluca e al modo brusco con il quale lo avevo lasciato.
Pensavo ai suoi pensieri, ma non c'era piu' spazio per quel grande amore nella mia vita...era tempo per gli amori leggeri, per quelli usa e getta, per le passioni che bruciano al vento di una sera.
Ricordo i miei cento amori platonici, le mie mille infatuazioni e ricordo Alberto,
l'adone Padovano.
22 anni, bello, fidanzato, irraggiungibile....un'estate folle e la mia fuitina verso Padova.
Il dolore di saperlo fidanzato. Le mi prime delusioni.
Ad Alberto dedicavo la mia seconda operetta letteraria: ?il colpaccio?.

Avevo toccato il massimo del mio cinismo e della mia leggerezza, avvertivo prematuramente quello che si chiamava ?l'horror vacui?, la paura del vuoto, ed ero, come in ogni funzione matematica, sulla curva a pendenza negativa.
Stavo ?rientrando? nell'esigenza di qualcosa di piu' vero.

Era il quarto anno di liceo.

Quel ragazzino belloccio, troppo bravo a scuola per la mia esigenza di protagonismo, con cui avevo scambiato un bacio fugace qualche annetto a dietro ( avevo ?tradito? Gianluca in una fase di lancio di quel ?boomerang?)quel ragazzino, insomma, era sempre li.
Per tutta la durata del terzo anno di scuola (diciamo nella mia fase ?spirituale?) non gli avevo rivolto la parola.
LO ODIAVO, semplicemente.
Odiavo la sua asettica perfezione. Odiavo il fatto che riuscisse in tutto senza eccedere.
Odiavo la sua moderazione, la sua tranquillita', la sua razionalita'.
Perche' l'odiavo? E, soprattutto, perche' lui era sempre li pronto ad irritarmi?

Era il 10 aprile del 1990.
Eravamo sul lago di Como.
Eravamo in una gita galeotta.
Avevamo bevuto, Gianni un po' troppo.
Ci sedemmo nel rumore frastornante di una squallida discoteca.
Puzzava di alcool. Ci guardammo, ci baciammo.

Perche'?

Il 10 aprile del 1990 inizia la mia nuova vita, dopo un paio di mesi eravamo in classe
a disegnare la nostra ?casa?...credo di aver capito da subito che ci saremmo amati ?nel bene e nel male, fin che morte non ci separi...?.

La mia adolescenza finisce all'esame di maturita'.
Finisce ai nostri 60/sessantesimi, al sapore effimero dell'onnipotenza.
Finisce al suo concorso vinto a medicina a Firenze e alla mia iscrizione ad Ingegneria.
Finisce ai corsi e ricorsi storici. Io, come cinque anni prima, volevo fare economia e commercio.
Mio padre, come cinque anni prima, voleva la mia iscrizione ad Ingegneria delle Telecomunicazioni.
Pero', questa volta, so di averlo ringaziato per avermi ?obbligata? a questa scelta...

La mia adolescenza finisce con la mia moto, dopo l'incidente.
Finisce ai roller.
Finisce senza mia nonna, senza Alfredo, senza alcuni affetti che la vita ti toglie mancando di preavviso.
Finisce pero' con il sogno di un futuro, con la sottile (bugiarda) convinzione di avere il mondo in mano.
Resta il ricordo di tutta la gente che si e' affacciata nella mia vita: come Floriana, la mia compagna di banco.
Resta il ricordo di anni meravigliosi. Il mio professore di lettere, quello di matematica.
Resta il ricordo di tutte le bugie raccontate per tornare piu' tardi.
I primi concerti.
La mia prima volta....

Continua....con la parte piu' ombrosa...

Dimenticavo.
Oggi GianLuca e' il marito di una ragazza con cui ho fatto il corso preparto.
Dopo 13 anni (in cui non ci siamo nemmeno mai salutati) ci siamo ritrovati e ci siamo stretti la mano fra i nostri rispettivi coniugi, facendo finta di non conoscerci.
Oggi lui e' il papa' di Raffaele, che ha 20 gg di differenza con Carla.
Ci siamo fatti una vacanza insieme e ci frequentiamo come se fossimo amici di vecchia data...e per qualche verso, in fondo, lo siamo.

Alberto e' il papa' di due figli, vive a Padova, con una moglie bellissima.
Floriana vive a Milano ed e' la mamma di Luigi, che ha 15gg di differenza con Carla.

Chi manca? Mio zio l'americano mi aspetta per questa estate (gli porto carla a giungo e spero di dimagrire ancora....)oggi quei 51 chili, sono solo un piacevole ricordo, insieme a tutti gli altri.

appena arrivo a casa aggiungo le foto dei protagonisti

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Messaggio da Teresa » lun dic 18, 2006 12:22 pm

Se la mia adolescenza e' arancio, la mia maturita' e' viola, come l'aurea che mi circonda.
Mi sono sempre definita una passionale, una viscerale, una dal temperamento caldo, una che ragiona con lo stomaco, ma un giorno una zingara mi guardo' e mi disse che ognuno di noi ha un'aurea che lo/la circonda.
qual'e' la mia?! Le chiesi ridendo...
Nel mio sorriso beffardo c'era tutto lo scetticismo e la curiosita' morbosa che si cela dietro
l'incognita del mistero.

-e' viola-rispose: come la logica.
Sorrisi di pancia. La logica?! Io?! Ma come?! Una come me che vive di gelosia, di istinti ingentiliti dalla cultura e dall'educazione? Una guerrafondaia come me? Una che ama Neruda? Una che vive di sogni?!...insomma che ?e'? sta' logica?!

Avete presente quei quadri elettrici ad interruttori? Ne alzi uno e si illumina una parte del tuo animo che era rimasto sempre al buio.
E se quella zingara disonesta avesse avuto ragione?
Riguardai una buona parte della mia esistenza.
Riguardai il rapporto con mio padre.
Riguardai i miei sogni di una ragioneria, di una laurea in economia e commercio.
Riguardai il fascino che avevano su di me quelli con i capelli lunghi...lunghi come le loro storie, quelli dallo sguardo torbido, torbido come il loro passato.
Riguardai il naturale trasporto che avevo verso una cultura squisitamente di sinistra (la musica, la letteratura, la ?rivolucione?), la mia voglia di protesta, di dissalineamento, di ribellione.
E poi?
Poi? Poi vinceva sempre la componente razionale, vinceva la componente apollinea su quella bacchica....vinceva la logica. Trionfava, la logica.
Perche' il liceo? Perche' mio padre sarebbe stato contento e io sarei stata contenta di saperlo contento. Logico. Semplice. Comodo.
Perche' ingegneria? Vedi liceo, con l'aggiunta che sarebbe stato piu' facile affermarmi come ingegnere che non come aspirante economo o legale (tenendo conto che vivo in una famiglia che mangia pane e telecomunicazioni).
Perche' Gianni? Perche' un uomo di destra? Perche' un razionale, uno con la faccia da persona per bene? Perche' un buono? Perche' un limpido? E ancora e ancora e ancora perche' Gianni?
Perche' e' logico, perche' e' la parte di me che vince sul resto.

Non senza conflitto.

C'e' stata una fase della mia ?maturita'? in cui la passionalita' ha avuto la meglio sulla logica. E' stata la parte piu' difficile e triste della mia esistenza, quella che ho vissuto con piu' disagio, prima di ritrovarmi in Gianni, nella mia famiglia, nella mia aurea viola.

Quella parte di me inizia all'universita'.

Negli anni novanta una ragazzotta come me, dai canoni di bellezza decisamente mediocri,
varcata la soglia gialla del politecnico di Napoli, diventava una straf**a.
La proporzione uomo donna era credo 1000 a uno o giu' di li.
Mi sono trovata anche ad alcuni corsi in cui ero l'unico esemplare femminile.
Insomma, varcata quella soglia, la tua bellezza aumentava di qualche decina di decibel, all'improvviso.
Avevi la sottile consapevolezza del tuo momento di gloria e questo nasceva e moriva dietro quelle
mura del palazzotto di piazzale tecchio.
In metropolitana, in treno, in pizzeria, tornavi l'indifferente normalita' fatta persona....

Fortuna che il destino, per usare un eufemismo, ha voluto che restassi su questa fetta di universo calda e rassicurante, lasciando morire (spegnere) la parte bacchica, lasciando ai giorni che sono seguiti il triste e squallido compito di implorare perdono a chi era stato leso.

Io e Gianni avevamo consosciuto la durezza del crescere.
L'incanto adolescienzale si era spezzato.
Avevamo le nostre prime crudeli prove.
Avevamo le nostre prime forti delusioni e i cocci seminati ai margini del dolore.

Ma intanto la sua Laurea fiorentina.
Intanto la mia laurea napoletana.

Ancora una volta avevamo il futuro in tasca.
Scriveva Hesse ?bella ed eccitante era la sensazione di avere la vita su quell'unico dado?.
Io mi sentivo come Boccadoro. Io sentivo la mia vita su quel dado e lo volli lanciare.
Mio padre mi voleva ingegnere nella ?nostra? azienda familiare.
Gianni mi voleva madre e moglie dedita alla famiglia.
Io volevo me stessa e avevo bisogno di cercarmi altrove, dove non sapevo.

Fortuna, merito, cinquanta e cinquanta (democratico ed elegante!) non so come, ma iniziarono a piovere offerte di lavoro.
Scelsi Milano. La piu' fredda e lontanta.
Solo mia madre era felice veramente per me.
Il ramo ?maschile? dei miei affetti mi guardava con disapprovazione e con sospetto...

A Gianni non piaceva piu'questa Teresa.
Non piaceva la donna in tailleur grigio fumo (per usare le parolo di de andre'), piaceva la donna che ?puzzava? di latte e biscotti, non quella che passava da un aereo ad un altro,
attivando reti, configurando router, congressando e negoziando.

Lui ando' a Roma (da Firenze).
Io andai a Roma (da Milano)

Un disastro.
Una convivenza spaventosa.
Non ci capivamo. Io avevo voglia di crescere, godevo dei miei successi, lui non li condivideva,
voleva un matrimonio, un figlio.

Io no. Carla era talemente ben nascosta, che non la vedevo.

Lui ando' Portogruaro (Veneto) e io rimasi a Roma.
Era frattura.
Lui mangiato dalla gelosia, dalla delusione di una donna in carriera.
Io assetata di crescita (mai avuto un altro uomo nel cervello in quel periodo) e spaventata da un compagno con cui non poter condividere nulla.

Rimasi a Roma nella citta' che rimarra' per sempre nei miei pensieri.
Vivevo ai Parioli, dividevo una casa molto grande con altre sette schiodate.
La mia ?stagione? (durata due anni!) romana e' stata bellissima.
Avevo la mia ?singola? in una casa di matte.
Adoravo quelle pazze, adoavo il mio lavoro, adoravo l'entusiasmo e i sacrifici che facevo.
Lavoravo anche 18 ore al giorno e la sera ero soddisfatta.
Crescevo professionalmente, economicamente e personalmente.
Vivevo negli eurostar. UN week end da mamma' e papa' (due ore) e l'altro a Venezia (4 ore),
ma mi piaceva quella vita da pendolare, pendolare nell'anima, senza radici, senza sicurezze, solo con la sensazione di godersi un presente straordinario.
In apparenza avevo tutto. Avevo il lavoro che sognavo. Avevo l'affetto della mia famiglia,
avevo l'uomo che avrei sposato. Non sapevo quando e come, ma non avevo dubbi sul fatto che Gianni sarebbe stato il padre di quella Carla che ancora non c'era.

Gia'... il presente, gia' ...le apparenze.
Avevo tutto e perdevo tutto o, almeno, la parte che volevo di piu': Gianni.
Perdevo il futuro, per il fottuto presente.
Perdevo il passato, perche' non avrebbe avuto senso, mancando il futuro.

Gianni partiva per una missione in un ospedale da campo e mi lasciava con un terribile, odiosissimo
out out: o me (veneto=tristezza) o il lavoro (Roma=gioia).

Diceva de gregori: ?tra la vita e la morte, ho scelto l'america?. Io dovrei dire ?tra la vita e la morte,
ho scelto l'Africa.

E cosi' e' stato.

Siamo partiti per l'Africa.
Un viaggio speciale, un viaggio irripetibile, un viaggio che ci ha portarti anche dentro noi stessi.
Ci siamo amati, per la prima volta, come due adulti.
Avevamo la tristezza nel cuore (per il male che ci stavamo facendo) e la voglia di superare, senza dircelo, anche questa prova.

Non dimentichero' mai il rumore frastornante del silenzio del deserto.
L'anima che si accorda sul passo del dromedario.
Il tramonto che e' fine di un giorno.
L'alba che inizio di un era.

Tornammo, lui a Portogruaro, io a Roma e con noi tornava a far capolino anche il ricordo di ?una? Carla, il ricordo di un figlio sognato.
Avevo conosciuto il lavoro, l'indipendenza, il riscatto e non potevo farne a meno.
Un curriculum, un colloquio, un contratto nuovo a Treviso.


La prima parte della mia maturita' finisce virtualmente alle mie dimissioni romane.
Finisce al sapore tutto vecchio e nuovo di una casa, di una famiglia.
Finisce alla ricerca di una data di un matrimonio.
Finisce con i miei traslochi da Napoli a Caserta, da Caserta a Milano, da Milano a Roma e da Roma a Treviso.
Di questo ?tempo? porto con me tantissimi ricordi.
Porto con me tutte le persone con cui ho condiviso appartamenti osceni per studenti.
I pranzi bruciati, le sigarette fumanti nelle notti di studio matte e disperatissime.
Porto le angosce per gli esami.
La soddisfazione degli studi.
Le risate, quelle con la pancia in mano, dinanzi ad una bottiglia di vino oramai senza vino...
Porto tutta la gente con cui ho condiviso case e scrivanie.
Porto con me i colleghi milanesi, quelli romani.
Porto con me i miei capi, che mi hanno veramente insegnato tanto.
A cui devo gran parte di quello che sono, almeno professionalmente parlando.
Porto con me tanta nostalgia, quella che mi sta asselendo ora, nel ripercorrere questa parte di
vita.


....continua.
Vi stanco a pezzi
Silvietta
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Messaggio da Silvietta » lun dic 18, 2006 1:46 pm

Un fratello di mio padre, zio Angelo (con cui ho un legame fortissimo), ad attendermi.

...
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Messaggio da Teresa » lun dic 18, 2006 2:29 pm

Silvietta ha scritto:
Un fratello di mio padre, zio Angelo (con cui ho un legame fortissimo), ad attendermi.

...
l'ho pensato anche io, mentre copiaincollavo il tutto e ho pensato che quello dell'anno scorso e' stato il viaggio piu' GIUSTO che abbia mai fatto in vita mia.
Non ha conosciuto mena, ma almeno si e' goduto carla.
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Messaggio da Paola » lun dic 18, 2006 2:47 pm

leggo avida, mi mancavano dei pezzi, sembra che tu abbia gi? avuto 80 anni di vita, e se possibile, ti voglio ancor pi? bene.
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