8 marzo 2017: a che punto siamo?
Inviato: mer mar 08, 2017 9:17 am
Giornata internazionale della donna. Ma a che punto siamo noi donne?
Sarebbe ovviamente lungo, anche se doveroso, parlare di tutti quei luoghi in cui le donne non vedono riconosciuti diritti e dignità.
Però oggi vorrei invece riflettere sulla nostra realtà, quella italiana. Oggi si sciopera, e si manifesta, perché le donne possano ottenere parità di trattamento, economico e di carriera, in ambito lavorativo. Molti sono infatti gli ostacoli che si frappongono a un pieno riconoscimento dei meriti delle donne: stipendi inferiori, orari di lavoro mal conciliabili con la famiglia, ecc.
Però, ecco, dallo specchio che mi rimandano i social, soprattutto i gruppi FB frequentati da donne, ho tratto l'impressione che ci sia molta strada da fare anche e soprattutto perché le donne stesse acquisiscano il concetto di parità, quello per cui molte donne, negli anni Sessanta e Settanta, hanno combattuto.
Per tante, troppe donne, parità significa conservare il diritto ad occuparsi della casa e dei figli a tempo pieno, avendo però il controllo delle entrate familiari.
Ora, è sacrosanto che si condividano in famiglia le scelte economiche, le spese, la gestione finanziaria. Nessuno dei due, marito o moglie, deve avere una sorta di "paghetta settimanale" in cui far rientrare le spese vive.
Però io non mi rassegno a questo presente e possibile futuro di donne che si realizzano nelle fughe bianche, nei fornelli a specchio e nell'igiene sicura al 100%. Non credo alla Mamma come punto di riferimento unico e insostituibile da 0 a 18 anni, mentre il marito resta sullo sfondo, e gli si chiede solo di sparecchiare, buttare la spazzatura, al massimo passare il mocio ("ma non lo fa bene, perciò faccio tutto io").
Io continuo a credere fermamente che le lotte delle femministe avessero come obiettivo un futuro in cui una donna potesse scegliere se essere Christine Lagarde o Milena Gabanelli, Samantha Cristoforetti o Marisa Bellisario. O più semplicemente la profe, l'avvocato, il dottore, la parrucchiera per signora, la negoziante, l'impiegata.
È semplicistico (e pretestuoso, a volte) dire che non ci sono le condizioni materiali per far convivere le nostre aspirazioni di donne con il ruolo di genitore. Perché, prima di tutto, bisogna averle, queste aspirazioni. E coltivarle con amore, tenercele strette anche nei momenti difficili, difenderle con le unghie e i denti da chi vorrebbe farci credere che non si può.
Dobbiamo insegnare alle nostre figlie a non accettare di mettere i loro sogni nel fondo di un cassetto, a chiedere ai loro futuri compagni la condivisione delle rinunce oltre che dei doveri, a pensare che (salvo per la fase neonatale) un bambino cresce benissimo anche se sta col padre invece che con la madre, per parte del tempo. Badare alla casa o educare i figli sono doveri che dobbiamo imparare a condividere con i nostri compagni, ma perché ciò accada bisogna trovare un equilibrio nei tempi di lavoro di entrambi. Perché non è mai l'uomo a chiedere un part time? Perché è quasi sempre la mamma a stare a casa quando i figli si ammalano? Perché la maggior parte dei padri non conosce neppure i nomi degli insegnanti dei figli?
Io mi chiedo quante donne abbiano anche solo pensato, se non richiesto ai loro mariti, una collaborazione di questo tipo.
Io ho un marito di vecchia generazione, eppure fra noi è sempre stato chiaro che avremmo fatto in modo di esserci entrambi, per tutto. Entrambi abbiamo rinunciato a maggior gloria o guadagni, perché nessuno dei due dovesse rinunciare del tutto al proprio ruolo fuori casa, ma neanche a essere presente a tutto tondo nella vita di nostra figlia. E credo fortemente che la parità sia questo, e che dovremmo lottare e impegnarci perché a tutti sia data la possibilità di farlo.
Buon 8 marzo a tutte!
Sarebbe ovviamente lungo, anche se doveroso, parlare di tutti quei luoghi in cui le donne non vedono riconosciuti diritti e dignità.
Però oggi vorrei invece riflettere sulla nostra realtà, quella italiana. Oggi si sciopera, e si manifesta, perché le donne possano ottenere parità di trattamento, economico e di carriera, in ambito lavorativo. Molti sono infatti gli ostacoli che si frappongono a un pieno riconoscimento dei meriti delle donne: stipendi inferiori, orari di lavoro mal conciliabili con la famiglia, ecc.
Però, ecco, dallo specchio che mi rimandano i social, soprattutto i gruppi FB frequentati da donne, ho tratto l'impressione che ci sia molta strada da fare anche e soprattutto perché le donne stesse acquisiscano il concetto di parità, quello per cui molte donne, negli anni Sessanta e Settanta, hanno combattuto.
Per tante, troppe donne, parità significa conservare il diritto ad occuparsi della casa e dei figli a tempo pieno, avendo però il controllo delle entrate familiari.
Ora, è sacrosanto che si condividano in famiglia le scelte economiche, le spese, la gestione finanziaria. Nessuno dei due, marito o moglie, deve avere una sorta di "paghetta settimanale" in cui far rientrare le spese vive.
Però io non mi rassegno a questo presente e possibile futuro di donne che si realizzano nelle fughe bianche, nei fornelli a specchio e nell'igiene sicura al 100%. Non credo alla Mamma come punto di riferimento unico e insostituibile da 0 a 18 anni, mentre il marito resta sullo sfondo, e gli si chiede solo di sparecchiare, buttare la spazzatura, al massimo passare il mocio ("ma non lo fa bene, perciò faccio tutto io").
Io continuo a credere fermamente che le lotte delle femministe avessero come obiettivo un futuro in cui una donna potesse scegliere se essere Christine Lagarde o Milena Gabanelli, Samantha Cristoforetti o Marisa Bellisario. O più semplicemente la profe, l'avvocato, il dottore, la parrucchiera per signora, la negoziante, l'impiegata.
È semplicistico (e pretestuoso, a volte) dire che non ci sono le condizioni materiali per far convivere le nostre aspirazioni di donne con il ruolo di genitore. Perché, prima di tutto, bisogna averle, queste aspirazioni. E coltivarle con amore, tenercele strette anche nei momenti difficili, difenderle con le unghie e i denti da chi vorrebbe farci credere che non si può.
Dobbiamo insegnare alle nostre figlie a non accettare di mettere i loro sogni nel fondo di un cassetto, a chiedere ai loro futuri compagni la condivisione delle rinunce oltre che dei doveri, a pensare che (salvo per la fase neonatale) un bambino cresce benissimo anche se sta col padre invece che con la madre, per parte del tempo. Badare alla casa o educare i figli sono doveri che dobbiamo imparare a condividere con i nostri compagni, ma perché ciò accada bisogna trovare un equilibrio nei tempi di lavoro di entrambi. Perché non è mai l'uomo a chiedere un part time? Perché è quasi sempre la mamma a stare a casa quando i figli si ammalano? Perché la maggior parte dei padri non conosce neppure i nomi degli insegnanti dei figli?
Io mi chiedo quante donne abbiano anche solo pensato, se non richiesto ai loro mariti, una collaborazione di questo tipo.
Io ho un marito di vecchia generazione, eppure fra noi è sempre stato chiaro che avremmo fatto in modo di esserci entrambi, per tutto. Entrambi abbiamo rinunciato a maggior gloria o guadagni, perché nessuno dei due dovesse rinunciare del tutto al proprio ruolo fuori casa, ma neanche a essere presente a tutto tondo nella vita di nostra figlia. E credo fortemente che la parità sia questo, e che dovremmo lottare e impegnarci perché a tutti sia data la possibilità di farlo.
Buon 8 marzo a tutte!