Il figlio

Gli svaghi delle Noimamme
Rispondi
Avatar utente
Rie
Utente NM
Utente NM
Messaggi: 7933
Iscritto il: ven dic 15, 2006 4:51 pm

Il figlio

Messaggio da Rie » dom mag 25, 2014 6:13 pm

[center]Immagine
Di Philipp Meyer[/center]

(da IBS) Dalle grandi praterie annerite da immense mandrie di bisonti, agli smisurati ranch di proprietà di un pugno di allevatori che regnavano come monarchi assoluti su schiere di vaqueros, al paesaggio arido e desolato punteggiato dalle torri dei campi petroliferi, la storia del Texas occidentale è la storia di un susseguirsi di massacri, la storia di una terra strappata di mano più e più volte nel corso delle generazioni. E inevitabilmente anche la storia dei McCullough, pionieri, allevatori e poi petrolieri, è una storia di massacri e rapine, a partire dal patriarca Eli, rapito dai Comanche in tenera età e tornato a vivere fra i bianchi alle soglie dell'età adulta, per diventare infine, sulla pelle dei messicani e grazie ai traffici illeciti fioriti nel caos della Guerra Civile, un ricchissimo patròn. Ma se Eli McCullough, pur sognando la wilderness perduta, non esita ad adattarsi ai tempi nuovi calpestando tutto ciò che ostacola la sua ascesa, suo figlio Peter sogna invece un futuro diverso, che non sia quello del petrolio che insozza la terra e spazza via i vecchi stili di vita, e non può che schierarsi con trepida passione dalla parte delle vittime. La storia, però, la fanno i vincitori, ed ecco allora Jeanne, la pronipote di Eli, magnate dell'industria petrolifera in un mondo ormai irriconoscibile, in cui di bisonti e indiani non c'è più neanche l'ombra, e i messicani sono stati respinti al di là del Rio Grande...


Se proprio bisogna scrivere il "grande romanzo americano", e se proprio è indispensabile essere un laureato dell'Ivy League per riuscirci (cosa che Meyer è: viene dalla Cornell e da Baltimora), almeno facciamolo senza le cerebrali aridità di un Frenzen, o senza le non sempre riuscite prolissità della Oates.
Meyer è (sembra?) più grezzo di così. Concede molto al pathos e qualcosa al feuilleton: ecco perché mi ha letteralmente conquistata con questo romanzo che ho preso quasi di malavoglia, poco convinta, e che invece ho finito per divorare in quattro giorni con entusiasmo.
Ero poco convinta perché mi immaginavo un incorcio tra "la conquista del west" e "dallas" :P
Invece ho trovato una saga di famiglia appassionante, crudele, sontuosa nell'incrocio di piani temporali e voci narranti. I personaggi sono spesso a-morali, primo fra tutti il patriarca, selvaggio ancor prima di essere rapito dagli indiani. L'unico che ode la voce della coscienza, suo figlio Peter, ha un'indole esangue e tormentata che, nonostante le indubbie ragioni, fa venir voglia di scuoterlo, di indurlo a reagire, anche al duro modo di Eli o al freddo modo di J.A. , l'ultima, volitiva McCullough a capo della famiglia.
Mi è piaciuto perché si sente davvero, il colore dei tramonti, il profumo della linfa dei pioppi, il sapore di un tempo perduto in cui invece della sterpaglia in Texas le praterie si stendevano a perdita d'occhio.
Lo sconsiglio solo a chi è urtato in modo particolare dalle scene di violenza. Ce ne sono tante, anche se non sono fini a se stesse e si stemperano ora nell'epica delle avventure di Eli, ora nella malinconia delle riflessioni di Peter


zizzia
Utente NM
Utente NM
Messaggi: 5857
Iscritto il: sab dic 16, 2006 1:35 pm

Re: Il figlio

Messaggio da zizzia » dom mag 25, 2014 8:52 pm

Mi é venuta voglia di riguardare Il Gigante, il film con Rock hudson e james dean!
Rispondi