lavinia ha scritto:lenina ha scritto:
Eppure il mito del capriccio immotivato c'è ed è comunissimo.
ma cosa intendi?
secondo me e' la reazione che e' immotivata,illogica,che denota di non saper gestire una frustrazione
cioe'se tu devi aspettare il tuo turno al bar per mangiare scoppi in lacrime?
io lo so che ruggero e' un bambino,e che e' normale che faccia cosi'
ma e' altrettanto normale che io minimizzi la reazione e gli insegni che non e' la piu' adatta,anziche' dargli credito e mostrarmi sofferente per la sua sofferenza
Non credo che minimizzare sia quello che li aiuta.
E' come se tu vieni qui e racconti un tuo problema, chi ti aiuta di più?
- chi dice che è una cavolata e che non devi prendertela (e tu però te l sei già presa, come la mettiamo? per te forse non è una cavolata)
- chi lo amplifica dicendo "hai ragione è un problema gravissimo non so proprio come farai"
- o chi ti dice "capisco, è successo anche a me sai, ma ho capito che piangersi addosso non serve a nulla, io ho risolto così e così?"
Insomma secondo me nè minimizzare, nè compatire.
Resta il fatto che quoto Ale quando dice che spesso deve solo passare. Anche per Irene il problema non è mai stato di sicuro la mancanza di tempo, il volerle far fare le cose in fretta, anzi, per me è sempre stata una priorità quella di lasciarle i suoi tempi nel giocare, nel camminare, nel mangiare, nel parlare, eppure Irene è una che quanto a "capricci" (io le chiamo bizze o sceMeggiate
ha dato del filo da torcere.
A volte in modo più comprensibile, a volte meno, spesso è solo una frustrazione (ricordo l'anno scorso un pianto infinito per aver trovato la pasticceria chiusa, serviva a nulla dirle "ti ci riporto fra mezz'ora quando apre, ti porto da un'altra parte che è aperta", doveva essere aperta QUELLA e SUBITO (aveva 4 anni, non due, e le sue frustrazioni aveva già avuto modo di provarle... insomma non si spiega, o meglio si spiega ma non poteva essere evitata se non evitando in qualche modo la situazione, ma queste cose capitano e non si può sempre evitarle!).
Anche nel suo caso, serve solo lasciarla sfogarsi intervenendo il meno possibile.
Io non sempre ci riesco, in quel caso ad es voleva che scassinassi la porta (:D), poi non mi faceva scendere dall'auto tirandomi per la borsa, insomma non si limitava a piangere e così si è presa una risciacquata che avrei preferito evitare... ma siamo umane anche noi.
E poi a volte ho l'impressione che vedermi molto arrabbiata le faccia intravedere un limite, che magari non serve a calmarla lì per lì ma le fa capire di aver esagerato.
Però mi permetto, talvolta, di arrabbiarmi perchè
- faccio di tutto per accontentarla
- faccio di tutto per evitare divieti e frustrazioni che non si possano spiegare (quindi a seconda dell'età e del grado di comprensione)
- quando poi ci si calma le spiego per bene il motivo per cui mi sono arrabbiata e perchè era inutile che si agitasse in quel modo, le ripeto un triliardo di volte che le voglio bene e che per accontentarla faccio tutto quel che posso, e che quando non ci si può far niente è inutile agitarsi (che anche a me dispiace a volte non poter fare delle cose ecc)
Infine una riflessione che ho fatto recentemente e che può aiutare non poco a gestire queste cose è che noi prendiamo ogni loro pianto diretto a noi. Il bimbo piange e noi ci sentiamo in dovere di fare qualcosa, e se non possiamo o non vogliamo ci sentiamo accusate di qualcosa. E reagiamo.
Invece il pianto deve semplicemente essere visto (in questi casi) come un'espressione di una frustrazione che però è importante imparare a gestire (non parlo certo della solitudine nell'addormentarsi, non fraintendete eh :filufilu: parlo del fatto che a tutti accade che qualcosa vada storta e dobbiamo imparare ad accettarlo e a reagire), quindi non è un pianto diretto a noi, che chiede qualcosa a noi o che ci accusa, è un pianto fine a se stesso diciamo, e noi dobbiamo imparare a star loro vicine, accogliendoli ed accettando queste reazioni, senza dover per forza fare o dire qualcosa. Mi spiego?
Comprendere lo stato d'animo senza farsene carico, ma facendo sentire che ci siamo.