Immigrazione e ipocrisia

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Azur
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Immigrazione e ipocrisia

Messaggio da Azur » mar feb 01, 2011 2:11 pm

Il decreto flussi (un decreto che, terra terra, consente un tot di ingressi a fini lavorativi a cittadini extraUE) è "operativo" da ieri: ieri potevano inviare la loro richiesta i cittadini di alcune nazionalità, domani potranno farlo altri, e giovedì altri ancora.
Sono i famigerati "click-day", quelli in cui bisogna inviare tramite computer la richiesta di visto di ingresso, e chi primo arriva meglio alloggia (e gli altri niente visto né permesso di soggiorno).

(Copio sotto un articolo -preso da http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002126.html- che spiega chiaramente come funzionano le cose, per chi non segue le faccende immigratorie.)

Ogni volta che ho a che fare con la questione dell'immigrazione in Italia mi ribolle il sangue.
Questo tanto atteso decreto flussi è un altro esempio dell'ipocrisia totale di questo governo (e/o di questo paese tout court), che entra a pieno diritto nella tradizionale italiana esaltazione dell'essere "furbi" anziché onesti, del guardare sempre e solo all'immagine, e della sostanza chissenefrega...

In questo caso lo "stratagemma" dell'ennesima sanatoria cammuffata da decreto flussi (perché di questo in sostanza si tratta) mi fa ancora più incazzare perché, come ben dice l'autore dell'articolo sotto, si gioca -con cavillosità bizantine- sulla vita di poveracci che stanno già lavorando in Italia da anni e non chiedono altro che continuare a farlo in pace.

A chi giova mantenere migliaia di persone in clandestinità?
È troppo chiedere una politica seria sull'immigrazione?
Chiedere di decidere quello che si vuole, e di agire di conseguenza?
Purtroppo si, è decisamente troppo...

Resta l'(inutile) sfogo...
lo sdegno per un'amministrazione che costringe a dichiarare il falso per ottenere quel che il buonsenso e la logica chiamerebbero un diritto
e il senso di impotenza del non sapere cosa fare per cambiare un po' le cose...

Spero magari l'articolo qua sotto possa servire a qualcuno per capire un po' meglio faccende di cui in genere ci si disinteressa perchè non ci toccano direttamente (e magari "aggiustare il tiro" alle prossime elezioni, ahhaah)

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QUANTA IPOCRISIA IN UN CLICK-DAY
di Maurizio Ambrosini 31.01.2011

Sono i giorni dei click-day. Datori di lavoro, famiglie, operatori di patronati e associazioni, sempre più spesso semplici persone immigrate, appostati davanti al pc aspettano il momento fatidico per l’inoltro della domanda di ingresso di lavoratori dall’estero. Si stima che la finestra rimanga aperta circa 100 secondi per ognuno dei tre giorni previsti: un’indecisione nella digitazione, un nome un po’ più lungo, un intasamento nella linea, possono significare la fine di un sogno. Stiamo parlando del decreto flussi: quasi 100mila ingressi in palio, 52mila per lavoro dipendente non stagionale da paesi firmatari di accordi con l’Italia, 30mila collaboratrici familiari e addetti all’assistenza, altri lotti di minore entità per altre ragioni (conversioni di permessi di soggiorno per studio o per lavoro stagionale, lavoratori che hanno seguito corsi di formazione nei paesi di origine e altri).

LA FINZIONE DELL'INGRESSO DALL'ESTERO

Qualcuno, come la Caritas di Venezia, ha lamentato un’incoerenza tra l’apertura a nuovi ingressi e la disoccupazione che colpisce italiani e immigrati in conseguenza della crisi. Ma se guardiamo al di là delle apparenze, ci accorgiamo che dietro i click-day si profila una realtà ben diversa da quella ufficiale.
Era dal 2007 che non veniva emanato un decreto flussi. Allora fioccarono 750mila domande, tanto che l’anno successivo il governo decise di ripescare altri 150mila candidati dalle liste dell’anno precedente: come se quelle esigenze di manodopera, se tali erano, non avessero dovuto cercare nel frattempo altre risposte. Proprio l’esempio del 2008, certificato dalle dichiarazioni degli ultimi due primi ministri, ci dice che in realtà il decreto flussi serve principalmente a uno scopo abbastanza diverso da quello dell’ingresso di nuovi lavoratori richiesti nominativamente da imprese e famiglie. Serve in realtà a regolarizzare lavoratori già soggiornanti in Italia, ma privi di un permesso di soggiorno che li autorizzi al lavoro. È improbabile che una famiglia, o anche un’impresa, decida di far arrivare dall’estero una persone sconosciuta, per affidarle persone care o macchinari costosi. Molto più probabile, invece, che sia disposta ad attivarsi per mettere in regola una persona di cui ha verificato l’affidabilità, nel corso di un periodo prolungato di lavoro non dichiarato.
Si ricorre così alla finzione del richiamo dall’estero di un lavoratore, obbligato, se la domanda va in porto, a tornare in patria di nascosto e a rifare i documenti per poter rientrare in Italia ufficialmente, con un permesso di lavoro. Una finzione che consente di salvare l’immagine della fermezza, ma comporta costi, ansie e disagi per tutti, compreso un apparato burocratico già affaticato, sovraccaricato di pratiche inutili. Una finzione, soprattutto, che disegna un’ingiusta linea di confine, determinata dal caso oltre che dalla benevolenza dei datori di lavoro, tra chi riesce a vincere la lotteria del decreto-flussi e chi rimane nella trappola del lavoro sommerso, sotto il rischio dell’espulsione e persino del carcere.

LA NOVITÀ DI QUEST'ANNO

Quest’anno però è intervenuta una novità: può fare domanda per un’assunzione dall’estero anche un immigrato in possesso del semplice permesso di soggiorno, purché il suo reddito sia almeno doppio di quello del dipendente. Non serve più la carta di soggiorno come nel 2007 (governo di centro-sinistra). Come hanno già notato alcuni osservatori (per esempio, Franca Deponti e Francesca Padula sul Sole-24Ore), questo imprevisto gesto di liberalità servirà a molti immigrati per richiedere l’ingresso di parenti e amici in veste di colf, o in altri casi come dipendenti delle loro imprese (oltre 200mila in Italia). Si tratta di un modo surrettizio per riaprire la possibilità dell’ingresso sotto sponsor, già prevista con maggiori garanzie dalla legge Turco-Napolitano e abrogata dalla Bossi-Fini. Una possibilità sensata, perché è meglio far entrare chi ha parenti e amici in grado di accoglierlo e aiutarlo, piuttosto che dei migranti isolati e senza appoggi. Ma, di nuovo, si ricorre a strade contorte e ipocrite per fare cose ragionevoli.
Ancora una volta, il governo della linea dura si rivela nei fatti incoerente.
Meglio sarebbe una politica più trasparente: possibilità di convertire il permesso di soggiorno, da turistico a lavorativo, entro quote predeterminate e privilegiando le esigenze delle famiglie con carichi assistenziali; reintroduzione dello sponsor, magari prevedendo l’intervento di un soggetto terzo (istituzione pubblica locale, sindacato, organizzazione solidaristica) che assicuri formazione linguistica e accompagnamento dei nuovi ingressi. Ma bisognerebbe che l’immigrazione non fosse un tema così rovente e redditizio delle ricorrenti campagne elettorali.


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Paola
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Messaggio da Paola » gio feb 03, 2011 3:24 am

Che in tutto ciò il senso di giustizia e solidarietà che cavolo di fine hanno fatto?
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Lupina
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Messaggio da Lupina » gio feb 03, 2011 9:13 am

Mi sembra perfettamente in linea col governo attuale: un'idea di fermezza, di controllo, di legalità a coprire la falla mostruosa.
Assurdo e crudele l'escamotage del click: si salvano i cinesi, che hanno il nome corto. Ma i cingalesi e gli indiani, che di solito hanno nomi lunghissimi? Quelli ci mettono una vita a compilare un form, figuriamoci se rientrano tra i fortunati.
Già una prima discriminazione sulla base della lunghezza del nome.
Andiamo bene.
uca

Messaggio da uca » gio feb 03, 2011 6:52 pm

Azur ha scritto: lo sdegno per un'amministrazione che costringe a dichiarare il falso per ottenere quel che il buonsenso e la logica chiamerebbero un diritto
e il senso di impotenza del non sapere cosa fare per cambiare un po' le cose...
secondo il mio umile parere, la politica sull'immigrazione in italia deve essere cambiata in totalità!!! cioè cancellare tutto e iniziare da capo (e lì nell'articolo che hai riportato ci sono degli spunti interessanti)! però penso che non c'è l'interesse di nessuno lì al potere di migliorare le cose.... però questo è un'altro discorso...
ho quotato questo perchè è MOLTO vero, non solo in questo!! tutto il sistema ti costringe a dichiarare il falso, o a fare le cose al contrario! Ti spinge ad essere clandestino! Io personalmente l'ho fatto due volte, in situazioni diverse una dall'altra, ma questo dimostra che è tutto sbagliato, un sistema finto, ipocrita (si può dire sistema ipocrita??? non è una persona... boh....) e fatto solo per guadagnare i voti di una certa categoria di persone. Non è certo fatto PER gli immigrati!
Meglio che mi taccio, tanto non so se riesco ad essere coerente quando si parla di immigrazione....
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Ambra
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Messaggio da Ambra » gio feb 03, 2011 7:09 pm

la vedo tosta.
L´immigrazione e il lavoro dei clandestini al nero serve alla mafia.
O abbattiamo la mafia o non ne verremo mai a capo,clik o non clik
franziskova
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Messaggio da franziskova » gio feb 03, 2011 7:26 pm

quoto il quotabile
ilfo

Messaggio da ilfo » ven feb 04, 2011 10:55 am

Ambra ha scritto:la vedo tosta.
L´immigrazione e il lavoro dei clandestini al nero serve alla mafia.
O abbattiamo la mafia o non ne verremo mai a capo,clik o non clik
quoto e straquoto

ma nel frattempo abbattiamo anche il governo colluso con la mafia
MariannaMJ

Messaggio da MariannaMJ » sab feb 05, 2011 9:22 am

sempre a proposito di immigrazione.

c'è un mio amico cui sta per scadere il permesso di soggiorno, si sta preparando per chiedere la carta di soggiorno.
c'è l'esame di italiano.
da cui sono esenti quelli che "hanno frequentato" la scuola primaria e secondaria e quelli che "frequentano" l'università.
lui "ha frequentato" l'università, non la frequenta adesso.
quindi ai sensi di legge dovrà fare l'esame. un laureato.

ma mi chiedo quanto ne sappiano di italiano quelli che le nostre leggi le scrivono. un presente al posto di un participio passato come nulla fosse.

o forse il legislatore da per scontato che chi viene a studiare il Italia non ce la faccia poi a laurearsi.
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