Lo svezzamento del neonato: tempi, modalità, schema e ricette

svezzamento del neonatoll termine svezzamento, o divezzamento, è impiegato soprattutto dai medici per indicare un distacco, un passaggio da una situazione di dipendenza ad una fase di parziale indipendenza.

Si usa, infatti, per parlare di farmaci, di droghe che danno dipendenza, oltre che per parlare di una tappa importante e delicata del’alimentazione infantile.

Decidere il momento giusto per svezzare un bambino, per proporgli un primo incontro con cibi di sapore e consistenza nuovi, somministrati con modalità del tutto diverse rispetto alle poppate al seno o al biberon, in orari forse diversi, più rigidi e regolari, non è cosa semplice: lo svezzamento di un bambino ha delle regole e, prima tra queste, il rispetto dei tempi individuali, l’attesa del momento giusto per ogni bambino dal punto di vista delle sue personali esigenze, non solo  nutrizionali e digestive, ma soprattutto psicologiche e neurocomportamentali.

Se è vero, infatti, che, a parità di modalità di conduzione, uno svezzamento iniziato al momento giusto per quel determinato bambino sarà certamente destinato ad essere accettato e proseguito nel migliore dei modi o comunque meglio rispetto ad uno svezzamento imposto, magari, dalle esigenze lavorative della madre, è altrettanto vero che lo svezzamento stesso, con tutti gli adattamenti che comporta, sarà vissuto dal singolo bambino tanto meglio quanto migliori saranno state le modalità di conduzione dell’allattamento nei mesi precedenti, soprattutto in termini di buona relazione ed empatia tra la madre e il bambino: una mamma che avrà saputo costruire con il suo bambino una “base sicura”, una modalità di attaccamento serena, equilibrata e non conflittuale nei primi mesi avrà regalato al figlio la sicurezza, l’autonomia e la fiducia in se stesso e nel mondo sufficienti perché ogni inevitabile distacco sia vissuto con prevalente curiosità nei confronti del “nuovo” piuttosto che con persistente nostalgia di quella fase dela vita dominata dalla stretta simbiosi con la madre, funzionale nel periodo di totale, fisiologica dipendenza da essa ma limitante quando, per continuare a crescere, è necessario sapersi distaccare da qualcosa o da qualcuno.

La gestione di ogni distacco non può essere improvvisata: essa va preparata con cura nella fase di crescita precedente perché i processi maturativi, così come l’educazione e la vita in generale, riconoscono un’unica legge fondamentale: il concetto di “continuum”, l’assenza di fratture tra un “prima” e un “dopo”, il “nulla si crea e tutto si trasforma” della nostra evoluzione, quel senso fluido del tempo che  definisce la storia di ognuno di noi.

In quest’ottica, quindi, non è sempre detto che un allattamento al seno prolungato e uno svezzamento ritardato siano indice di rispetto dei tempi del bambino: a volte succede così, a volte, invece, può essere la madre responsabile della mancata fisiologica voglia di nuovo e di distacco dimostrata dal bambino: una madre che posticipa giorno dopo giorno il momento dello svezzamento può essere certamente giudicata disponibile e molto materna, ma, in realtà, se non vi sono motivi oggettivi che richiedono un prolungato allattamento esclusivo al seno, potrebbe solo rivelarsi  iperprotettiva, ansiosa all’idea di dover allentare la simbiosi col figlio e tendente a mantenere il bambino quanto più possibile dipendente da lei.

E’ bene che il pediatra, al momento di proporre l’inizio dello svezzamento, abbia ben presente tutto ciò per modulare al meglio i tempi e sostenere la madre in questa sua nuova esperienza di distacco, a volte dolorosa e ansiogena anche per lei.

I criteri che fanno decidere l’inizio dello svezzamento sono i seguenti:

Sviluppo di adeguate capacità digestive

sviluppo dell'apparato digerente

Lo sviluppo di adeguate capacità digestive che permettano al bambino di assimilare i nuovi nutrienti proposti con lo svezzamento: è il criterio più semplice da stabilire perché già dopo pochi mesi dall’inizio dell’allattamento il lattante possiede le capacità, anche solo potenziali, di produrre la maggior parte degli enzimi necessari per digerire altri alimenti ed altre sostanze oltre a quelle contenute nel latte; se non vi fossero altri legittimi motivi per posticipare lo svezzamento, infatti, già dopo poche settimane dalla nascita ad un lattante potrebbe essere aggiunta la carne omogeneizzata nel biberon!

Se si aspetta ancora non è perché non possa digerirla ma perché ora si sa che, oltre al fatto che il latte materno copre in modo ottimale i fabbisogni nutrizionali del bambino fino a quando non raddoppia il suo peso di nascita, quello che manca ad un lattante molto piccolo è una adeguata capacità di scindere completamente in molecole più semplici le proteine ed altri componenti degli alimenti diversi dal latte.

Essi verrebbero perciò assorbiti attraverso la parete intestinale troppo permeabile così come sono e, una volta immessi nel circolo sanguigno, si comporterebbero come pericolose molecole antigeniche scatenando la produzione di anticorpi specifici con tutte le conseguenze di natura allergica e immunologica che si vogliono, appunto, evitare ritardando lo svezzamento in un’epoca in cui la parete dell’intestino funge già da barriera protettiva nei confronti degli allergeni.

Una adeguata maturazione neurocomportamentale

Una maturazione tale che permetta al bambino prima di tutto di deglutire agevolmente i cibi più solidi e di avere il riflesso di deglutizione anche quando il cibo è introdotto nella parte anteriore della bocca e non solo nella parte posteriore, come succede al lattante che succhia al seno o al biberon quando, anche una inadeguata tettarella, magari troppo corta, può già essere un ostacolo all’alimentazione corretta.

Ma oltre a saper deglutire in modo corretto, il bambino che si desidera svezzare deve saper stare seduto senza appoggio in un seggiolino o seggiolone posto di fronte alla mamma o alla persona che lo deve alimentare. E’ infatti scomodo e scorretto alimentare il bambino con il cucchiaino tenendolo in braccio.

Questa nuova posizione costituisce il primo vero distacco dalla mamma: il pasto diventa ora sempre più un momento di nutrizione associato ad una comunicazione e una interazione visiva e vocale più che tattile e non verbale come avveniva in precedenza con l’abbraccio e le carezze che la madre faceva mentre allattava il suo piccolo.

Il bambino, oltre a saper deglutire, deve ora saper masticare

Il bambino deve saper masticare quando si inizia lo svezzamento

Anche se non ha ancora i denti e se la pappa che gli viene proposta non ha bisogno di essere masticata, per accettare volentieri la consistenza più densa dei cibi e l’introduzione di un cucchiaio rigido in bocca al posto della tettarella elastica o del capezzolo il bambino deve avere maturato tutta la complessa coordinazione dei muscoli facciali deputati alla masticazione. Lo stimolo alla masticazione è poi determinato, oltre che dalla massa di cibo introdotta in bocca, dalla sua consistenza, dal suo sapore, dal suo odore e dal suo aspetto, cioè forma, colore, ecc. La funzione masticatoria si completa molto più tardi di quella digestiva.

Oltre a saper masticare, per accettare cibi di consistenza più densa proposti con il cucchiaio, il bambino deve avere già estinto il riflesso della spinta della lingua, con il quale un lattante, fino al 4°-6° mese, si oppone alla introduzione di cibi solidi in bocca così come di corpi estranei (natura miracolosa!)

A causa della persistenza di questo riflesso che il bambino non è in grado di inibire, spesso il rifiuto del cucchiaino è interpretato come un disgusto verso il nuovo cibo e vengono cambiati cibi e sapori indiscriminatamente con lo stesso risultato scoraggiante mentre basterebbe proporre lo stesso cibo con il biberon.

Un’altra acquisizione comportamentale che il bambino deve avere raggiunto prima di essere svezzato completamente è la capacità di opporsi al cibo che gli viene proposto in due modi: sia girando il capo da un lato quando il cucchiaio si avvicina alla bocca, sia allungando il braccio e usando la manina per scansarlo (il bambino che si oppone alla pappa sputandola a fontana sul piatto o verso chi lo sta alimentando ha sicuramente già messo in atto le prime due modalità oppositive senza successo ed è quindi un bimbo, in un certo senso, non rispettato al quale si sta facendo violenza).

Questa capacità di opporsi al cibo viene usata anche per opporsi ad altre cose: per scansare un oggetto troppo vicino, un giocattolo che non vuole, un lenzuolo troppo rincalzato e via discorrendo. Ma quando viene utilizzata per rifiutare il cibo, sia per sazietà che per non gradimento, essa va di pari passo con lo sviluppo del sistema di controllo dell’appetito che è altra cosa dal controllo della fame perché il controllo dell’appetito comporta la capacità di saper scegliere un cibo più appetibile o più gradito rispetto ad un altro, magari altrettanto nutriente ma meno gustoso o quantomeno meno apprezzato soggettivamente.

E’ evidente come, in questa fase dello sviluppo cognitivo, le valenze dell’alimentazione si spostino radicalmente da un piacere totalizzante piuttosto indeterminato legato non solo al riempimento dello stomaco e alla scomparsa del disagio dovuto al languore gastrico, ancora non interpretato come semplice fame ma come bisogno di ritrovare un contatto vitale con la madre, ad un momento di piacere più libero dal bisogno del contatto stretto con la madre, un piacere legato ad una complessa sensorialità (gusto, olfatto, consistenza, colore, sazietà) che è ormai specifica del bambino e che, se ben gestita e rispettata, contribuisce a far fare al bimbo stesso le prime esperienze di libertà e di scelta volontaria, svincolata dalle catene del riflesso di suzione non controllabile dalla volontà e dal bisogno vitale del contatto stretto con la madre.

A proposito di quanto detto sopra, c’è evidentemente da distinguere un atteggiamento di opposizione al cibo funzionale perché realmente dovuto ad una raggiunta sazietà, da un atteggiamento di rifiuto “a priori” della pappa: è su questa seconda modalità di rifiuto che è sempre bene riflettere per capirne i veri motivi: se si tratta, cioè, del gusto di ripetere un atteggiamento di rifiuto per il piacere di sperimentare una libertà espressiva o un’autonomia mai conosciute prima o semplicemente un modo di esprimere una ribellione nei confronti di un atteggiamento materno sul quale è opportuno soffermarsi, non ultima l’ipotesi che il bambino non sia pronto per il raggiungimento del’autonomia necessaria al’accettazione dello svezzamento, indipendentemente dalla sua età.

Ma lo svezzamento non viene deciso soltanto tenendo conto delle sopraggiunte capacità digestive e comportamentali del bambino: quando un lattante raddoppia il suo peso di nascita e/o quando raggiunge i 5-6 mesi di vita, l’allattamento esclusivo al seno o l’assunzione di solo latte artificiale, anche se il latte è un alimento ottimo e completo, non basta più, nel senso che non è più quantitativamente sufficiente per fornire tutti i nutrienti necessari, poiché per coprire i fabbisogni energetici del bambino (100-110 calorie/kg/die) ne occorrerebbero quantità esagerate, oltre 300 cc di latte per poppata! E sappiamo che è bene che un bambino non superi mai un litro di latte nelle 24 ore.

Dall’andamento della crescita del bambino nei primi tre mesi di vita è quindi possibile programmare approssimativamente l’epoca presumibilmente ideale per iniziare lo svezzamento, che non comporta asolutamente la sospensione dell’allattamento al seno ma lo integra soltanto con alimenti di altra natura, inizialmente in quantità non superiore al 40-50% del totale calorico della giornata.

I cibi devono essere introdotti gradualmente nello svezzamento

Svezzamento 5 mesi

E’ necessaria, se non obbligatoria, una lenta e prudente gradualità nella introduzione di nuovi alimenti che tenga conto anche delle nuove modalità con le quali il bambino dovrà confrontarsi.

Se si alimenta con latte materno, deve imparare a conoscere il cucchiaino come nuova modalità di alimentazione e le prime farine più la frutta come nuovi alimenti da proporre col cucchiaino.

Programmando uno svezzamento attorno ai sei mesi di vita, questi tentativi dovrebbero essere iniziati almeno qualche settimana prima.

Se non si desidera distrarre il bambino da un allattamento esclusivo al seno che sta mostrando di gradire e che sembra ancora bastare totalmente, anche lo svezzamento vero e proprio andrebbe procrastinato.

In natura, la funzione fa l’organo, cioè non è tanto l’età che permette di avere una buona secrezione di enzimi digestivi intestinali quanto l’iniziale introduzione di quantità anche minime di alimento nuovo, come può essere un cucchiaino di crema di riso o di biscotto primi mesi, a stimolare la produzione di sostanze necessarie per digerirlo.

La gradualità, quindi, non va mai saltata, anche se lo svezzamento viene iniziato tardivamente. Il concetto di gradualità non si riferisce solo alla quantità ma anche alla qualità: è necessario introdurre rigorosamente un alimento nuovo alla volta, distanziato di almeno una serttimana dall’altro, tanto quanto è importante introdurne una piccola quantità iniziale per aumentarla, all’inizio, in modo graduale e, con il passare dei giorni, se ben accettata e digerita, sempre in maggior quantità.

Comunque si stia alimentando il bambino, oltre al concetto di svezzamento al momento giusto per il peso e lo sviluppo psicomotorio e al concetto di gradualità qualitativa e quantitativa nell’introduzione di nuovi alimenti, bisogna tener conto che essi verranno tanto meglio digeriti quanto più saranno leggeri e soprattutto frazionati i pasti. Essi resteranno quindi, orientativamente, cinque, all’inizio dello svezzamento, anche di più se la percentuale delle calorie introdotte con il cibo extra latte materno non raggiunge il 50% delle calorie delle 24 ore.

Cioè, quando un bambino prende solo un pasto al cucchiaio a mezzogiorno e solo latte materno durante il resto della giornata, le calorie introdotte con la pappa saranno circa 40% del totale giornaliero e le poppate al seno possono rimanere tranquillamente, tra giorno e notte, anche 4 o 5, più tutte quelle “di consolazione” di solito notturne.

Quando, dopo un mese dalla completa accettazione della prima pappa diurna, si passerà al’introduzione della seconda pappa serale, le calorie saliranno a circa 70% e le poppate al seno potranno essere maggiormente regolamentate e ridotte mediamente a 3, mantenendo fisse quelle della mattina e pomeriggio e concedendone un’altra o al massimo due prima di dormire e durante la notte, se necessario.

Questo sia per soddisfare il bambino, sia per cercare di mantenere una buona produzione di latte materno, che sarebbe buona norma continuare a dare fino, se possibile, al compimento del primo anno di vita, se non del secondo se il bambino lo desidera e se la mamma è disponibile.

Esistono rischi specifici quando viene iniziato lo svezzamento, cioè l’introduzione di cibi semi solidi o solidi diversi dal latte, prima del quinto o quarto mese: c’è il rischio di sovracaricare il rene ancora funzionalmente immaturo con alimenti troppo ricchi di proteine e sali minerali da smaltire attraverso il rene; c’è rischio di sviluppare ipertensione nei soggetti con famigliarità per questa patologia a causa di un eccessivo apporto di sale; c’è rischio di obesità per eccessiva introduzione di cibi o per cibi che apportano troppe calorie in poca quantità come i formaggi, per es.; c’è rischio di aumento del colesterolo plasmatico per alimenti ricchi di grassi saturi di origine animale e di colesterolo; c’è rischio, com’è stato detto, di allergie o di intolleranze alimentari per sostanze allergizzanti introdotte prima che la mucosa intestinale sia in grado di selezionarle e neutralizzarle; c’è rischio di assuefazione a sapori troppo dolci come frutta e farine lattee; c’è, infine, rischio maggiore rispetto ad un bambino più grande, di intossicarsi con sostanza come nitriti, conservanti e contaminanti perché i procesi intrinseci di detossificazione dell’organismo non sono ancora funzionanti.

D’altra parte, anche uno svezzamento troppo tardivo può portare conseguenze negative: dopo il sesto mese, infatti, le riserve di ferro, rame ed altri importanti elementi, trasmessi al bambino durante la gestazione attraverso la placenta, sono ormai esaurite ed è necessario introdurli con gli alimenti.

Il latte materno non ne fornisce abbastanza anche se quelli che ha sono perfettamente assimilabili, meglio di quelli contenuti in altri alimenti. Dopo il sesto mese, poi, è superato il periodo cosìdetto “critico” o sensitivo, ideale per l’accettazione dei cibi solidi da parte del bambino: non iniziare lo svezzamento in questo periodo significa condizionare negativamente tale apprendimento che, in seguito, potrebbe risultare, paradossalmente, più difficoltoso.

Fermo restando il concetto di far precedere lo svezzamento vero e proprio del sesto mese dall’introduzione di piccole quantità di cereali, di solito dolci come farina di riso o biscotti primi mesi assieme alla frutta, alcune settimane prima della pappa vera e propria, se si comincia lo svezzamento verso il sesto mese, non ha molta importanza con quale alimento si inizia.

Dopo il sesto mese, la composizione corporea si modifica divenendo più simile a quella del bambino più grande

Meno acqua totale nell’organismo, meno bisogno di grassi e più necesità di proteine. Pertanto la distribuzione percentuale dei nutrimenti dovrà essere: 12-13% di proteine, 55% di carboidrati, 30-35% di grassi, cioè una netta prevalenza di proteine mentre nel latte, materno o artificiale che sia, prevalgono glucidi e carboidrati.

Anche il ferro del latte materno risulta insufficiente per garantire il fabbisogno del bambino dopo il sesto mese: bisogna quindi introdurre cibi che lo contengano in quantità adeguata come carne, legumi e alcuni vegetali.

Attenzione va posta al momento della introduzione del glutine perché prima del quinto, sesto mese, potrebbe non essere digerito e dare luogo a gravi intolleranze anche senza che vi sia familiarità positiva per celiachia (in tal caso il glutine va introdotto dopo il primo anno di vita).

Le fibre vanno introdotte con gradualità perché il bambino ad esse si deve abituare piano piano. Nel brodo vegetale si preferisce introdurre prima le verdure che ne contengono meno, come bieta, lattuga e patate che ne contengono poca, poi carote, zucchine e spinaci che ne hanno un contenuto medio, infine piselli e fagiolini che ne hanno un contenuto elevato. Un bambino dai sei ai 12 mesi dovrebbe assumere solo 5 grammi di fibre ogni 1000 calorie (un bambino grande e un adulto il doppio).

Fino al terzo anno di vita circa, non bisognerebbe aggiungere sale negli alimenti, che di per se, solitamente, ne contengono a sufficienza per coprire il fabbisogno giornaliero di sodio e di cloro.

Una attenzione particolare va data all’introduzione di cibi potenzialmente allergizzanti durante lo svezzamento

Cibi a rischio nello svezzamento

I più a rischio sono i cibi proteici ma fra tutti i cibi vi è una certa gradualità. Per esempio, la patata è meno allergizzante del pomodoro che si introduce non prima del primo anno, la trota, come tutti i pesci di acqua dolce, è meno allergizzante della sogliola o del merluzzo, la mela è meno allergizzante degli agrumi e tra gli agrumi, il mandarino è più allergizzante dell’arancio. Tra i cereali è meglio introdurre prima riso, mais, tapioca, orzo, poi il grano. Tra le carni è meglio introdurre prima agnello, coniglio, tacchino, cavallo, poi pollo e maiale (prosciutto), poi manzo e vitello. Il tuorlo d’uovo può essere dato poco prima del primo anno di vita, l’albume solo dopo l’anno. Per quanto riguarda la frutta, meglio dare prima mela, pera, banana, poi pesca, albicocca, agrumi, poi anche la frutta secca come arachidi, mandorle, nocciole ecc. (attenzione alla frutta secca contenuta nei dolci e merendine confezionate).

Seguendo sempre il principio della gradualità e introducendo un alimento nuovo ogni settimana, non di più, si condurrà lo svezzamento nel modo più tranquillo e corretto possibile.

Due parole sui cibi precotti e gli omogeneizzati per lo svezzamento

Sono stati pensati soprattutto per bambini molto piccoli, quando, anni fa, si consigliava lo svezzamento in epoca più precoce di adesso. Mantengono comunque la loro validità per alcuni motivi: negli omogeneizzati la carne subisce un processo industriale di omogenizzazione e micronizzazione delle fibre che le rende più digeribili nelle prime settimane di svezzamento; la qualità della carne è controllata e le condizioni igieniche di preparazione e confezionamento sono buone. Per di più sono praticissimi.

Svantaggi: costo esorbitante e aggiunta di amidi e altre sostanze necessarie per il processo ottimale di omogenizzazione.

Queste aggiunte non sono quantificate sulla confezione e vanno a sommarsi agli amidi e alle verdure che compongono il brodo vegetale. I liofilizzati sarebbero da preferire perché il processo di micronizzazione delle fibre sia vegetali che della carne è ottimale e perché per la loro conservazione non è necessaria la sterilizzazione a caldo che denatura alcune proteine e vitamine. Infine si conservano più a lungo e sono quindi più affidabili.

Le farine precotte sono ugualmente pratiche e affidabili ma necessarie solo nei primi tempi: dopo il sesto mese il glutine può essere introdotto e si possono sostituire con semolino o pastina da cuocere. Chi ha tempo e volesse risparmiare, può preparare ottime farine precotte in casa mischiando farina di riso (si frullano i chicchi di riso), farina di mais fine e farina di grano in una teglia da forno e facendola bruscare, cioè imbiondire senza bruciare, a forno basso o sul fornello con distanziatore di fiamma, mischiandole spesso. Il calore a secco attiva alcuni enzimi che pre digeriscono gli amidi delle farine rendendole più digeribili. Dopo si utilizzano come fossero farine precotte del commercio con notevole risparmio.

Le farine vanno aggiunte alla pappa in percentuale 8-10%, cioè 10 gr di farina ogni 100 gr di liquido o brodo vegetale. Se possibile è meglio pesare il contenuto del cucchiaio che si utilizza per preparare la pappa almeno le prime volte per non sbagliare. Per quanto riguarda la carne, invece, le prime volte meglio darne solo 15 gr per poi aumentare a 30 gr (1 liofilizzato o mezzo vasetto di omogeneizzato) piuttosto velocemente

Quando introdurre la prima pappa nello svezzamento

Dopo aver fatto assumere al bambino, per alcune settimane, una quantità variabile di frutta poco allergizzante come mela pera o banana, in quantità non superiore a mezzo frutto in totale, cioè mezza tazzina o mezzo bicchere piccolo di frullato di frutta, con aggiunta di uno o due cucchiaini di cereali senza glutine o di biscotto primi mesi, si introduce la prima pappa preparata con brodo vegetale (150-180 gr).

Preparazione della prima pappa:

Fare bollire per circa un’ora mezzo litro di acqua con carota e patata pelate e a pezzi (il liquido deve ridursi a metà o meno di metà) e filtrando il brodo con un colino a maglie strette in modo che risulti limpidissimo. Si versano nella scodella 150-180 gr di brodo filtrato e si aggiungono a pioggia prima 2 cucchiai rasi, poi 2,5-3 massimo 4 in base alla capienza, di farina precotta di riso o riso o mais e tapioca o riso mais e tapioca.

Si aggiunge un cucchiaino di olio extravergine di oliva (quello del contadino di fiducia andrà benissimo) alternandolo ogni tanto con olio di mais (olio cuore o altri), ognuno contiene sostanze che l’altro non ha. Volendo si può aggiungere un cucchiaino di parmigiano.

Dopo una settimana si può unire la carne omogeneizzata o liofilizzata ( prima mezza dose poi una intera) e dopo 10 gg o anche meno si può aggiungere uno, massimo due cucchiai del passato delle verdure che sono servite per fare il brodo vegetale, che, nel frattempo, saranno più varie con aggiunta di zucchine, bieta, lattuga e anche cuori di carciofo, purché non foglie.

Dopo un mesetto, la carne liofilizzata può anche essere sostituita da quella fresca, senza abbandonare il liofilizzato perché alcune carni come coniglio e agnello sono molto poco pratiche da cucinare in così piccole quantità.

A questo punto la pappa è completata e non resta altro che aggiustarne la consistenza a secondo del gusto del bimbo aumentando o diminuendo il brodo vegetale o preferendo alcune verdure anziché altre.

Dopo il settimo mese, anche la farina precotta può essere sostituita con semolino da cuocere e il riso si può far diventare farina frullando i chicchi a secco nel frullatore. Le farine da cuocere si gonfiano in cottura e la dose è un cucchiaio o due da crude, cioè la metà rispetto alle precotte, parlando di cucchiai rasi.

Quando si desidera dare i legumi, essi vanno cotti a parte perché per i bambini richiedono un tempo di cottura doppio rispetto alle altre verdure e aggiunti al brodo vegetale dopo essere stati passati col passa-verdure a mano per eliminare le cuticole non digeribili. Solo le lenticchie decorticate possono essere frullate o omogeneizzate assieme alle altre verdure. Se le verdure passate possono essere introdotte già al sesto mese, è meglio aspettare alcune settimane per unire i legumi, anche se decorticati, e l’ottavo mese almeno prima di darli assieme alle farine in quantità da secchi simile alla carne, senza dare anche la carne.

Quando introdurre la pappa serale

Non esiste una regola universale sul quando introdurre la seconda pappa, ma di solito, dopo un mese dalla prima, è ben accetta. Il bambino avrà allora sette mesi o poco più.

La procedura è simile: invece della carne si può introdurre il formaggino ipolipidico o la ricotta rigorosamente di mucca perché più magra, oppure caciottina o stracchino in quantità simile ala carne, anche un po’ meno. Ma la sera può anche essere data una purea di verdure tipo patate, carote, spinaci con qualche legume decorticato, lessati poi passati e uniti ad un po di latte per finire la cotura assieme con il solito cucchiaino di olio extra di oliva o di mais e, volendo ma non obbligatorio, un cucchiaino di parmigiano. Di questa purea possono esere dati 60-70 gr diluiti in un po di liquido di cottura delle verdure precedentemente lessate, ma finché si tratta di verdure miste, anche se contengono amido come le patate, non si guarda poi tanto alla bilancia.

La frutta non deve, ovviamente, mai mancare nella dieta di un bambino: essa apporta zuccheri, Sali minerali e vitamine, mentre è poverissima di grassi e di proteine. E’ preferibile darla lontano dalla minestrina o dalla poppata di latte, cioè a metà mattina e a merenda, o solo una volta al giorno se il bambino esaurisce la sua porzione in una volta sola.

La frutta acidula come gli agrumi e l’uva, contenendo acidi cosiddetti deboli, nell’organismo ha un effetto alcalinizzante e forma carbonati e bicarbonati con il sodio e il potassio: questa proprietà ridurrebbe l’assorbimento del ferro degli alimenti nonostante l’alto loro contenuto in vitamina C (anche fragole e kiwi contengono molta vitamina C). Le albicocche e le pesche contengono molta vitamina A e la frutta secca come noci, nocciole ecc, molta vitamina B e molti sali minerali utili come potassio, ferro, magnesio, zinco e rame.

La cronologia dela somministrazione della frutta è la seguente:

  • mela e pera crude grattate anche prima del 6°mese;
  • banana e qualche cucchiaino di succo di arancio, dopo il sesto mese
  • il resto della frutta solo se di stagione, poco dopo con particolare attenzione a fragole e kiwi per il loro potere allergizzante.

Quanto e per quanto tempo dare ancora il latte?

Svezzamento: per quanto tempo e quanto latte dare?

Il latte, materno o di proseguimento che sia, deve essere mantenuto in ragione di circa mezzo litro al giorno, di più se il bimbo mangia una sola minestrina, sostituibile eventualmente con lo yogurt che ha il vantaggio di contenere le stesse sostanze in una minor quantità di alimento, ha il lattosio già trasformato in acido lattico e quindi anche più digeribile, ha vitamine del gruppo B in quantità superiore al latte perché sintetizzate anche dalla flora batterica dei fermenti lattici che contiene, ha molti acidi grassi insaturi essenziali, come l’acido oleico e linoleico, utilissimi per il bambino e una buona quantità di calcio e di fosforo che, essendo in ambiente acidificato, sono meglio assimilabili del calcio e del fosforo del latte.

Inoltre lo yogurt regola e modula la qualità e la quantità della flora batterica intestinale. Tutto questo se è vero yogurt, cioè se contiene fermenti lattici vivi e non viene commercializzato con aggiunta di zuccheri, aromi, frutta, coloranti e stabilizzanti vari.

Va quindi rigorosamente cercato lo yogurt vero, intero, bianco, possibilmente non dolce che può essere dolcificato lì per lì con un cucchiaino di miele o zucchero, meglio se zucchero a velo.

Quanto all’aggiunta di frutta nel vasetto di yogurt, dovrebbe essere solo frutta fresca messa al momento dalla mamma, di preferenza banana o frutta poco acidula. L’equivalenza nutrizionale dello yogurt rispetto al latte varia a secondo della composizione del latte di origine ma orientativamente, 120 gr di yogurt corrispondono a 180 gr di latte.

Come regola generale, qualsiasi bevanda o alimento da dolcificare, dovrebbe avere un’aggiunta di zucchero o miele pari al 5% non oltre, cioè 5 grammi di zucchero ogni 100 grammi di alimento (un cucchiaino da caffè).

La carne

Carne nello svezzamento

La carne è l’alimento miglior fornitore di proteine nobili facilmente assimilabili. Per quanto riguarda le sostanze non strettamente nutritive ma essenziali per la crescita del bambino vi sono la carnitina, sostanza vitaminosimile indispensabile in tutti i processi ossidativi che forniscono energia e le poliamine necessarie per lo sviluppo e la moltiplicazione cellulare e molto utili per il corretto sviluppo e funzionamento dell’intestino durante lo svezzamento.

Gli omogeneizzati sono utili perché il processo di omogeneizzazione industriale è decisamente migliore di quello casalingo e le fibre carnee così micronizzate risultano decisamente più digeribili rispetto alla frullatura o omogenizzatura domestica, almeno nei primi due, tre mesi di svezzamento. Bisogna sapere, però, che i vasetti di omogeneizzato contengono al massimo la metà della carne in base al loro peso: il vasetto da 60 gr contiene 30 gr di carne, va dato a inizio svezzamento per circa 2 mesi, quello da 80 gr va dato dagli 8 ai 10 mesi, quello da 120 gr, dopo il decimo mese, ammesso che sia ancora necessario dare omogeneizzati a questa età. Per i liofilizzati il discorso è simile: sarebbero comunque da preferire perché contengono meno aggiunte di verdure e amidi, quindi meno volume totale e maggior digeribilità.

La carne fresca si somministra dopo cottura umida, cioè a vapore ma non direttamente lessata in acqua bollente.

Preparazione:

Mentre bolle il brodo vegetale che servirà per preparare la minestrina, si copre il tegamino con un piatto, si pone sul piatto la carne già pesata da cruda tagliata in piccoli pezzi e si ricopre con un coperchio: cuocerà in un quarto d’ora circa, anche meno, non va quindi messa ad inizio cottura delle verdure. Una volta cotta si unisce a due cucchiai di verdure cotte e già a pezzetti con o senza alcuni cucchiai di brodo di cottura e si omogenizza rimettendola nel piatto del bambino assieme ad altro brodo vegetale che servirà per diluire le farine precotte. Le verdure, quando necessario, vanno ovviamente pelate prima di farle bollire.

Si può alternare il brodo vegetale con brodo di carne che si prepara mettendo 150 gr di vitellone magro in circa mezzo litro di acqua fredda e facendolo cuocere almeno due ore fino a ridurre il liquido almeno di metà. Al brodo possono essere aggiunte le verdure. Il brodo di carne non è molto calorico ma è ricco di sali minerali e di corpi purinici. E’ bene non darlo con la carne ma solo con la minestrina e, volendo, le verdure. La carne servita per il  brodo non si utilizza per il bambino se non quando sarà più grande e potrà mangiare le polpettine.

Il pesce

Il pesce nello svezzamento

Il pesce è un ottimo alimento e le sue carni, non solo sono ricche di proteine come la carne ma contengono molti fosfolipidi e acidi grassi polinsaturi importanti per lo sviluppo cerebrale oltre che una buona quantità di ferro (nonostante il colore bianco); per di più sono povere di grassi saturi.

Si può cominciare a dare il pesce dopo l’8° mese in quantità simile o leggermente superiore rispetto alla carne, visto che contiene meno grassi saturi. Si può iniziare con trota e merluzzo, poi branzino, palombo, luccio, orata, spigola, molto più avanti tonno, pesce spada e salmone perché grassi.

L’uovo

Le uova nello svezzamento

L’uovo è un ottimo alimento ad elevato valore proteico e nutritivo, però è allergizzante.

Allora si consiglia di introdurlo dopo il pesce, verso il nono mese e solo il tuorlo, visto che l’albume è ancora più allergizzante e non si consiglia prima del compimento del primo anno di vita.

Per ridure il rischio di allergia è opportuno, le prime volte, somministrare il rosso ben cotto, sodo, in quantità minima, uno o due cucchiaini nella minestrina, integrando magari con la carne che è solito mangiare il bambino. Se dopo tre somministrazioni non a giorni consecutivi, diciamo ogni tre giorni, a dosi ridotte, non vi sono segni di allergia, si può dare un tuorlo intero, cotto direttamente nella minestrina o alla coque: solo allora potrà sostituire la carne anche due volte alla settimana.

Il tuorlo è più digeribile allo stato liquido – uovo alla coque- l’albume è più digeribile ben cotto, allo stato solido, oppure montato a neve (meringa).

L’olio d’oliva

L'olio di oliva nello svezzamento

L’olio può essere dato da subito nello svezzamento: l’olio rigorosamente extra vergine di oliva è ricco di acidi grassi monoinsaturi (acido oleico), l’olio di semi (girasole, mais arachidi) è ricco di polinsaturi.

Entrambi sono necessari, quindi si consiglia di alternare olio di oliva con olio di mais o di semi oppure di preparare una bottiglia solo per il bimbo, ma perché no anche per gli adulti, con metà olio extravergine di oliva e metà olio di semi, meglio se mais.

Il burro

Il burro nello svezzamento

Il burro è ricco di acidi grassi saturi e di colesterolo, però contiene anche insaturi e vitamina A: in piccole quantità, massimo 10 gr a dose, crudo, può essere dato verso la fine del primo anno. Anche l’olio va aggiunto crudo alla minestrina (1 cucchiaino fino a 8 mesi circa, poi due cucchiaini).

L’aggiunta di pomodoro, se pelato e ben cotto, cioè bollito, può anche essere iniziata prima della fine del primo anno per variare la solita minestrina e rendere magari più appetitoso il pesce.

Dopo l’ottavo mese, oltre ad iniziare il pesce, si può dare il prosciutto: la sua quantità deve essere simile a quella del formaggio, cioè 20 gr se il bambino mangia ancora 30 gr di carne e 30-40 di pesce, 30-40 gr quando il bambino si avvicina al primo anno e mangia già 40-50 gr di carne a porzione.

Può trattarsi di prosciutto crudo o cotto, purché privo di polifosfati e conservanti (stessa accortezza per i formaggini cremosi confezionati in porzioni): i polifosfati si uniscono al calcio dell’alimento producendo composti insolubili e inassimilabili.

Schema svezzamento a 5 mesi

  • brodo vegetale 150-180 gr
  • farina di cereali precotti senza glutine 15 gr
  • olio di oliva 5 gr (1 cucchiaino)
  • parmigiano 2-4 gr (mezzo cucchiaino)
  • carne bianca (coniglio, agnello, tacchino) 20, max 30 gr
  • mezza mela lontano dal pasto
  • 15 gr di biscotti primi mesi nelle 24 ore
  • 700-720 gr di latte nel resto della giornata

A 7 mesi circa, dopo un mese dalla prima minestrina, si introduce una seconda minestrina la sera con uguali quantità, si riduce il latte degli altri pasti a 450gr, si aumentano i biscottini a 30 gr complessivi e si raddoppia la quantità di frutta a un frutto intero o meglio due mezzi (mela e banana o mela e pera).

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Vedi anche: Raccolta di articoli sullo svezzamento

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