Il travaglio indotto

induzioneIl travaglio deve essere indotto solo in alcuni casi particolari e non di routine.
Le motivazioni possono essere sia materne che fetali; alcune fra le più comuni possono essere: gravidanza protratta (in alcuni ospedali si induce a 41+3, in altri a 41+5), rialzo pressorio con o senza proteinuria materna, diabete gestazionale materno (in questo caso l’induzione, se il diabete è trattato con insulina, avviene verso la 40+3), riduzione della crescita fetale a termine di gravidanza, oligodramnios (troppo poco liquido amniotico), accertata macrosomia fetale (un feto troppo grande, cosa molto difficile da accertare perché spesso le stime del peso in utero possono essere sovrastimate).

L’induzione può avvenire con metodi farmacologici o metodi non farmacologici.

Tra i metodi non farmacologici più usati abbiamo: lo scollamento delle membrane e l’amniorexi (la rottura delle membrane). Questi due metodi possono essere usati da soli o, come spesso accade, in concomitanza con metodi farmacologici.

I metodi farmacologici sono l’uso di prostaglandine o di ossitocina.
Questi due ormoni sono entrambi importanti durante tutto lo svolgimento del travaglio, ma per scegliere quale dei due usare è importante fare riferimento ad una scala che si chiama bishop score. Il bishop è la somma di alcune osservazioni che vengono fatte sulla donna e sul feto: ad ogni voce viene dato un punteggio da 0 a 3 e in base alla somma del punteggio si valuta quale metodo usare come primo tentativo. I parametri che si vanno a valutare sono: consistenza del collo dell’utero, posizione del collo dell’utero (se è ancora posteriore, in via di centralizzazione o già centralizzato), quanto è raccorciato in percentuale, la dilatazione del collo e infine non meno importante la posizione della testa del feto rispetto ai vari piani ossei del bacino materno. Una volta dato il punteggio, il ginecologo decide come indurre il parto.
Molto spesso durante la visita il ginecologo, se ne ha la possibilità, cerca di fare uno scollamento delle membrane, manovra abbastanza dolorosa.

Le prostaglandine sono il metodo di prima scelta in caso di bishop score basso. Esistono due tipi di induzione con prostaglandine: il propess e il prepidil. Il propess è una garza imbevuta di prostaglandine che viene inserita in vagina (per la precisione nel fornice poteriore) e viene lasciata o fino a quando non inizia il travaglio attivo oppure in caso contrario per 24 ore al massimo e poi viene rimossa. Il prepidil invece è un gel vaginale, che può essere usato anche in caso di rottura prematura delle membrane, al contrario del propess. I protocolli per l’inserimento del prepidil cambiano da ospedale a ospedale, ma di solito si fa un giorno di induzione e uno di pausa (questo anche in caso di propess) e si può fare un’unica somministrazione o più di una a seconda del funzionamento. Molto importante è sapere che prima di ogni induzione e dopo la somministrazione va fatto un tracciato per vedere che il piccolo stia bene prima di cominciare e continui a stare bene anche dopo l’induzione.

L’ossitocina andrebbe usata soltanto nel caso in cui il bishop score è abbastanza alto. Si somministra attraverso una flebo che va fatta sotto stretto controllo di mamma e bambino; per questo è importante usare un metodo che calcoli perfettamente il quantitativo di ossitocina che viene infusa e lo stato di benessere fetale attraverso il tracciato che permette anche di controllare la presenza di contrazioni troppo ravvicinate o troppo forti per la madre.

Fatte tutte queste premesse, quello che posso dire a livello non più tecnico ma di osservazione personale riguardo al travaglio indotto è che purtroppo è vero che l’induzione, soprattutto con prostaglandine, può essere molto dolorosa se non viene fatta nel momento giusto.
Infatti, se durante un travaglio insorto spontaneamente le contrazioni aumentano di intensità e numero in un tempo maggiore, con una induzione le contrazioni arrivano tutte insieme senza nessun tipo di preparazione per la mamma e quindi quelle contrazioni, che in realtà hanno il buono di non essere per fortuna lunghe come quelle naturali, sembrano ancora più lunghe e dolorose di quanto non siano in realtà.
Altra cosa poco simpatica dell’induzione è che non si può sapere se quelle contrazioni servano per far partire il travaglio oppure no. Mi spiego meglio: sicuramente quelle contrazioni stanno servendo, magari stanno riducendo il collo dell’utero, lo stanno accorciano, centralizzando e rammollendo ma non lo stanno facendo dilatare e quindi alla visita successiva si potrebbe trovare una situazione ostetrica quasi invariata dopo diverse ore e la mamma potrebbe sprofondare in uno stato di disperazione.

Le mamme però devono anche considerare che spesso le contrazioni di un travaglio che parte spontanamente (soprattutto ad un primo parto) possono essere presenti da giorni. Magari ogni sera per una settimana la mamma sente contrazioni che poi scompaiono: queste contrazioni sono quelle che la donna indotta non ha sentito, e che in realtà sarebbero servite tantissimo, e sono quelle più fastidiose di una induzione.

In realtà quando poi parte il travaglio attivo (dilatazione di almeno 3 cm con collo centralizzato e appianato e presenza di contrazioni dolorose ogni 3 minuti circa) allora il travaglio indotto e quello insorto spontaneamente non sono differenti.

Cosa diversa per quanto riguarda l’ossitocina.
Se viene messa troppo presto allora può risultare davvero fastidiosa perché le contrazioni aumentano di numero e di intensità in maniera repentina, non preparando la madre ai fastidi che causa e non permettendo al corpo materno e a quello fetale di avere il giusto tempo di riposo fra una contrazione e l’altra.
Può essere invece molto utile in un travaglio già avviato ma molto stentato, soprattutto se la donna ha raggiunto la dilatazione completa e le contrazioni del periodo espulsivo non sono abbastanza ravvicinate e a volte non riescono a permettere delle spinte efficaci.

Bisogna ricordare che il travaglio indotto, se viene indotto al momento giusto e con il metodo giusto, può essere vissuto molto bene e sicuramente può servire ad evitare un taglio cesareo, che è e rimane un intervento chirurgico con rischi elevati sia per la mamma che per il neonato.

1 commento su “Il travaglio indotto”

  1. Sarà anche un parto da preferire al taglio cesareo, ma non vedo perchè soffrire tante ore. in caso di induzione, dato che è più doloroso di un naturale già di per sè doloroso, e le contrazioni partono subito, andrebbe lasciata la libertà di scelta.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.