20 luglio

Non c’ho voglia di far le valigie e vi racconto il fine settimana scorso.
Avevamo due inviti, un barbecue per sabato sera e uno per domenica a pranzo.
Uno a casa del capo dei capis, uno in un piccolo boschetto invitati da un collega.
Il barbecue a casa del capo l’avevo immaginato come nei telefilm americani,
uomini grassocci con cappellino da baseball in testa e birretta in mano, mogli obese con vestiti a tendone da circo.
Avrete capito che la fantasia è la mia peggior nemica, perchè poi mi organizzo di conseguenza e devo rivedere le mie posizioni.
In realtà era una cosa carina, gente affabile, buon cibo.
La cosa che m’ha colpito è che quando si facevano le presentazioni c’era una breve introduzione sulle persone, in modo tale che poi il padrone di casa potesse lasciare i due a conversare. Mark ti presento Fabrizio del settore legal, ha studiato al King’s come te. Dan, questo è Jimmy, il migliore tennista della Serbia e così via.
Il ruolo della moglie è piuttosto avvilente. Sorride, saluta, fa i complimenti per l’organizzazione, accarezza i bambini, cerca di scansare con il piede il botolo di casa che l’ha scelta come vittima, evita di cascare dalle scale dove si è appolaiata nel tentativo di sembrare più alta.
Il barbecue di domenica invece è stato fantastico, un tipico 1° maggio italiano.
Tutti in pineta, dove ci sono dei piccoli barbecue a uso dei camepggiatori della domenica. Hanno arrostito qualcosa come 5 chili di carne, di cui un chilo è finito nella pancia delle mie figlie. Sembravano non avessero mai visto carne in vita loro.
Persino mia cognata vegetariana da due anni ha ceduto e confessato che ne è valsa la pena. Ormai comincio a non sentirmi più una citrulla durante le conversazioni. Capisco tutto e dove posso partecipo. E’ bellissimo questo meltin pot di culture, sentire i loro racconti sul periodo della guerra che traspare però solo da lievi accenni. Non amano parlarne e posso capirlo. Ci hanno solo raccontato delle difficoltà che avevano e hanno a tutt’oggi ad ottenere un visto per espatriare, le vacanze all’estero per loro sono complicatissime. I più fortunati sono stati quelli le cui famiglie, lungimiranti, poco prima del conflitto li avevano mandati a studiare fuori. Per loro è stato difficilissimo, perchè sentire dei conflitti e sapere che i propri cari erano lì, li straziava. Una ragazza che conosco raccontava che ,dopo aver sentito Capuozzo (era in Italia) che annunciava un raid aereo partito da Aviano, telefonava ai suoi per avvertirli. Che incubo deve essere stato. Un altro, tempo fa raccontava a mio marito che c’erano radio e siti internet clandestini che facevano da tam tam e avvertivano dove sarebbero cadute le bombe, per cui si evacuava per quanto possibile la zona.
Questo è il massimo che raccontano, tutto il resto lo sto scoprendo a poco a poco, da sola. I campi di concentramento, le torture, gli strupri. Dov’ero 13 anni fa? c’ero, mi ricordo, ricordo pure che avevo deciso di partire con gli aiuti umanitari, ma come al solito la mancanza di intraprendenza e il veto di casa mi avevano dato la scusa per rinunciare. Sono passata dal barbecue alla guerra. Sarà stata la conversazione di domenica, sarà stato l’arresto di Karadzic, sarà il tempo uggioso, ma mi andava di raccontarvi anche questo.

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