23 giugno 2008

saggio_danza_23_giu_018_545_766.jpgUna due giorni di full immersion nel mondo della danza classica serba.
Che poi, diciamocelo chiaramente, nulla di diverso da quello italiano.
Io, madre sprovveduta, che mai nella mia tristanzuola infanzia ho fatto danza, sono partita alla volta del teatro Madlenianum, per le prove generali, sprovvista di collant, di pettine, gel, mollettine e retina per lo chignon, di integratori vitaminici, di lacca per capelli. Lacca che, ho scoperto essere fondamentale per le ballerine, non per i capelli, bensì per "attisare" il tutù ammosciato dalle prove.
Però di bello c’è stato lo scambio con un paio di mamme: una delle quali, serba, easy, senza borsa firmata e senza figlia primadonna, mi ha letteralmente salvato, anzi, ha salvato Sara, perché aveva in borsa un pacco di Plasma (i nostri Plasmon) e le ha tappato la bocca per tutta la durata delle prove.
E una mamma ungherese, che parla inglese, con cui sono riuscita a scambiare un paio di chiacchere (e sì, perché adesso, riesco pure a mettere in fila quei quattro termini che riaffiorano dalla memoria). Mi ha detto che sono fortunata ad andare via fra 3 mesi, lei non ama Belgrado, è costretta a viverci perché ha sposato un serbo. Vedi a volte i punti di vista.
Le prove si svolgono regolarmente, Sofia è affascinatissima dal palco, dal buio in sala ("Mamma devono ancora mettere le sedie"), dalle musiche.
Sara ha gettato la spugna, non so se sono stati i Plasma a scombussolarle il pancino ma mi dice che sta male, non la forzo, ci mancherebbe, è già tanto che abbia partecipato alle lezioni.
Pomeriggio: stavolta non mi fregano, non ho i collant rosa (dove li trovano, poi, con questo caldo?) ma ho tutta l’attrezzatura per l’acconciatura. Mi manca anche la lacca, pazienza.
Lo spettacolo è alle 18. Alle 17 ci dicono (cioè la mamma ungherese mi traduce) che dobbiamo lasciare le beba (bambine) dietro le quinte e andare a sederci.
Lo spiego a Sofia, la quale mi sorprende, come sempre in questi giorni, "Sì mamma vai", "Sei emozionata, amore?", "No, mamma, adesso vai".
Le dico di stare insieme a Maya, Layla e Nina (le bimbe con cui ha legato) e la stringo forte.
Già piango, ma non per il saggio, non ho segrete speranze di futuri radiosi e non sono stata un’aspirante ballerina. Piango perché sono orgogliosa, si è buttata in un’avventura più grande di lei, in un ambiente nuovo, dove nessuno le spiega qualcosa in più (i passi per esempio li ha copiati dalla maestra, non c’era tempo per mettersi a tu per tu con lei), in un teatro vero che a me avrebbe fatto stringere lo stomaco.
Da chi ha preso? Chiunque sia, grazie.
Ci sediamo in sala, e cosa vedono i miei occhi?
I FIORI! No, pure qui. Pure qui i genitori e i parenti portano i fiori!
E io che pensavo di avere a che fare con della gente semplice.
Fabrizio, mortificatissimo corre a comprarli e dopo 20 minuti torna con il più brutto bouquet che ballerina abbia mai ricevuto. Ma non c’è stato verso di ottenere di più dal fioraio della zona.
Si spengono le luci, le beba fanno la loro esibizione. Sofia non è brava, ma non demorde, non si tira indietro, completa tutto ed esce soddisfatta con un sorrisone. Alla prima pausa Tanija le fa rientrare e capisco che dice ai genitori di andarsele a riprendere (lo spettacolo continua con altre fasce di età).
La prendo in braccio, le faccio i complimenti e lei non risponde, annuisce.
Le diamo il bouquet più brutto del mondo e lei se lo abbraccia (rischiando di accecare la sorella ma vabbè).
Le ci sono voluti 10 minuti buoni per riprendere la favella. Ha voluto vedere tutto lo spettacolo, tutto.
Ogni tanto si girava e mi diceva "Non ci posso credere".

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