La lunga strada verso il campo di cavoli

ImageHo notato a mie spese che sulle difficoltà di concepire c’è molta reticenza. 
Non è facile parlare di certi problemi, soprattutto quando le amiche che ti circondano sono rimaste incinte senza quasi provarci. E quindi si prova quasi vergogna a parlarne, come se fosse una colpa.
Gli amici che hanno difficoltà non ne parlano, e così quelli che di problemi non ne hanno sembrano necessariamente essere la maggioranza e ci si sente ancora più soli nel proprio percorso.
Non è piacevole raccontare a chi ha avuto tutto facile che tu invece devi prenderti la temperatura, controllare il calendario, programmare la frequenza dei rapporti. 
Non è facile spiegare cosa si prova davanti ad un test negativo a chi invece nella vita ha visto solo le due lineette.
Quindi ho deciso di condividere la mia esperienza. 
Per sentirmi normale io, ma soprattutto per dare voce a questo gruppo silenzioso che forse tanto piccolo non è.
Sono da qualche mese alla ricerca di una desideratissima maternità.
Ho passato tanti anni della mia vita a immaginarmi questo momento. Nonostante la consapevolezza di alcuni problemi avuti nel passato, nei miei sogni tutto accadeva nel modo più naturale possibile. 
Ci si ama, si fa l’amore e questo amore genera una nuova vita, diventando il dono reciproco più grande di cui l’amore stesso è capace.
E allora si comincia la ricerca, si fa l’amore con grande trasporto e desiderio, senza pensieri e senza fare più di tanto caso al calendario.
Intanto un mese passa, e poi due, tre.
Nel frattempo un’amica ti annuncia la sua seconda gravidanza. E con entusiasmo ti racconta di come entrambe le volte sono bastati un mese o due di ricerca.
In questa fase queste notizie positive servono a darti entusiasmo, pensi che è solo questione di avere un po’ di pazienza e presto verrà il tuo turno.
Un altro mese passa invano. Il ciclo è diventato talmente regolare che non c’è nemmeno la possibilità di illudersi. Il test di gravidanza resta inutilmente chiuso in un cassetto.
Un’altra amica ti annuncia la sua gravidanza, non lo stava cercando, ma è capitato ed è felicissima. 
E tu sei felicissima per lei, ma nel contempo cominci a sentirti diversa, come in difetto.
Spesso ti senti chiedere "Ma voi quando lo fate un bel bambino?" e ormai hai la risposta prontissima "Quando si deciderà ad arrivare noi siamo pronti." 
Si crea un po’ di silenzio imbarazzato, ma almeno dopo nessuno osa più chiederti nulla.
Un altro mese passa e due giorni di ritardo ti lasciano illudere che forse il sogno si è avverato. Fai la pipì che pensi sia la più importante della tua vita, ma bastano due minuti a far crollare ogni illusione.
Con l’arrivo della primavera le strade del centro si riempiono di carrozzine e passeggini e ti sembra sempre di più di avere un buco nero nella pancia.
Per quanto si faccia finta di niente la frustrazione comincia a farsi strada. Tenti l’alibi dello stress, che però in un mondo di stressati vale poco e non consola.
Viene la tentazione di incupirsi e allora bisogna reagire e trovare qualcosa da fare. Inizi a prendere consapevolezza che forse bisogna dare un piccolo aiuto alla natura.
Compri il termometro per la temperatura basale e gli stick persona, pronta ad esplorare ogni più piccola variazione del ciclo ormonale.
Personalmente ci ho messo un po’ ad abituarmi all’idea. Mi sembrava togliesse ogni spontaneità alla cosa.
Ma soprattutto devo ancora abituarmi all’idea che fare l’amore non basta.
Per ora io mi fermo qui. 
Spero presto di dare un lieto fine a questa storia, ma nel frattempo mi farebbe piacere leggere altre storie di chi ha dovuto percorrere una strada più lunga per trovare il campo di cavoli (se volete, potete inviarle in redazione).

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