Children welcome

Questo articolo trae ispirazione dal mio viaggio all’estero appena concluso: due settimane in Norvegia, fly&drive, mangiando e dormendo negli ostelli e nei bungalow dei campeggi, senza prenotare niente dall’Italia se non il volo e un paio di pernottamenti.

Il titolo in inglese non è casuale. Infatti, all’estero i bambini sono i benvenuti. Ma non solo perché quando gli stranieri vedono un bambino gli sorridono, gli fanno un buffetto o un complimento (anzi, questi in genere sono atteggiamenti tipici italiani, gli stranieri mi sembrano più freddi), ma semplicemente perché accolgono i bambini e le loro famiglie.

 

In molti ci chiedono perché viaggiamo sempre all’estero. I motivi sono due. Il primo è che l’Italia l’abbiamo girata in lungo e in largo, anche se approfittiamo dei weekend e dei ponti per visitarla ancora e spesso. Il secondo è che all’estero è più facile viaggiare con i figli. Sul piano pratico, organizzativo, economico e anche emotivo.

 

Sul piano pratico

Fra i paesi cosiddetti sviluppati, di cui fa parte anche l’Italia, quelli scandinavi e nordamericani sicuramente hanno molto da insegnare in quanto ad accoglienza dei bambini.

Provate a estendere il concetto di accoglienza che Ikea riserva ai bambini in particolare e alle famiglie in generale, e vi farete un’idea di come sia facile vivere con i bambini in questi paesi.

I bagni degli aeroporti, dei musei, dei centri commerciali sono dotati sempre di fasciatoio (anche quelli degli uomini, perché il cambio del pannolino non è un’esclusiva femminile, come dice sempre mio marito, che in Italia entrava noncurante nei pochi bagni delle donne dotati di fasciatoio per cambiare il pannolino ai nostri figli).

Il fasciatoio è il minimo indispensabile, perché potrete trovare anche dei bagni per la famiglia, dotati di water e lavandino ad altezza bambino, una sala con comode poltrone per allattare, un microonde per scaldare pappe e biberon, un dispenser di saponi, salviette e pannolini. Tutto gratis.

 

Negli aeroporti e nei musei trovate spesso dei passeggini da usare se non avete portato il vostro: si trovano all’entrata, si prendono, si usano e poi si lasciano all’uscita. Tutto gratis.

 

Nei locali di ristorazione potete trovare menù per bambini (con relativo costo ridotto e qualche volta regalino), quantità spropositate di seggioloni (avete mai provato a contare i seggioloni in dotazione in un comune ristorante italiano? io non sono mai arrivata a più di tre), ma anche rialzi per sedie per i bambini più grandi, e spesso un angolo per giocare con tavolino e giocattoli, oppure un set per colorare che viene portato a tavola insieme alle posate e all’acqua. Tutto gratis.

 

Nei supermercati, a scelta trovate carrelli con gusci portaneonati, carrelli con pedane in cui sistemare in piedi il bambino più grande (dato che lì hanno tutti almeno due figli) mentre il più piccolo sta seduto nel portabambini classico, carrellini in miniatura per i bambini che vogliono seguire la mamma fra le corsie del supermercato, carrelli con la parte anteriore a forma di automobile, in cui far entrare un paio di bambini che possono fingere di guidare il carrello-automobile con tanto di volante.

Tutto gratis, ovviamente, e sempre in quantità sufficiente affinché i bambini (e le loro mamme) non debbano sgomitare per appropriarsene.

 

Negli alberghi non vi fanno difficoltà ad aggiungere un terzo o quarto letto, un lettino da campeggio, una culla, o addirittura a farvi dormire in quattro su due letti se sufficientemente grandi, a buttarvi un paio di materassi per terra se ne avete bisogno. Molti ostelli e alberghi sono dotati delle cosiddette family room, cioè stanze con 4-6 letti, con bagno, che non hanno il costo delle nostre suite ma di una normale stanza d’albergo.

 

Sul piano organizzativo

Se all’estero visitate monumenti, chiese, musei, parchi naturali o altri siti di interesse turistico, in genere ci sono percorsi specifici per passeggini (e disabili), tour guidati adatti alle famiglie, spazi e momenti ludici per i bambini, non solo il classico parco giochi, ma anche una serie di attività adatte ai più piccoli. In America ci sono le attività per i piccoli ranger, con tanto di attestati, i racconti sugli animali prima di andare a letto narrati da un ranger; nei musei ci sono sempre riproduzioni di oggetti che possono essere toccati (perché ai bambini oltre a guardare piace soprattutto toccare), pulsanti che possono essere spinti, esperimenti da fare. In Scandinavia i bambini possono costruire, indossare vestiti, toccare e dare da mangiare agli animali.

 

Sul piano economico

Viaggiare all’estero con i figli permette di risparmiare, e molto. Non parlo dei soliti sconti che si applicano in Italia (50% per i bambini sotto i 10 anni o cose del genere), ma di prezzi per le famiglie: esistono biglietti famiglia molto economici che permettono di accedere a musei, chiese o circuiti museali; menù per bambini che costano la metà di quelli di adulti (perché un bambino mangia la metà di un adulto, quando e se mangia).

In Italia se il primo figlio ha uno sconto, il secondo spesso paga per intero, come a dire che se hai fatto due figli è come se avessi un adulto in più. All’estero invece spesso non paga nessuno dei due, o pagano tutte e due un prezzo ridotto a seconda dell’età.

Se i bambini dormono in stanza con i genitori non pagano quasi mai e spesso il prezzo viene applicato alla stanza e non al numero delle persone che la occupano, e questo va a vantaggio delle famiglie.

 

Sul piano emotivo

Se all’estero viaggi con figli piccoli non ti senti un alieno né un guastafeste. Non ti senti un elefante in cristalleria se ti aggiri con il passeggino per un museo, non vedi la gente vicina al tuo tavolo chiedere al cameriere di potersi spostare, non ti vergogni di chiedere una stanza con quattro letti al banco ricevimento di un albergo – che possibilmente costi poco perché viaggiare in quattro, si sa, costa -, non vai nel panico se devi cambiare il pannolino a tuo figlio perché ha fatto la cacca nel momento meno opportuno, non senti il bisogno di chiedere umilmente scusa a chi ti sta intorno per il solo fatto di aver messo al mondo dei figli che corrono, giocano, ridono, piangono, fanno pipì e hanno fame.

 

Non voglio apparire come un’esterofila, perché pur avendo visto tanto mondo, l’Italia rimane il mio paese preferito e quello in cui ho scelto di vivere.

Solo che, parafrasando il titolo di un recente e film ispirato a un bel libro, questo "non è un paese per bambini".

L’ho capito per esempio, quando alla recente mostra dedicata a Darwin, presso il Palazzo delle Esposizioni a Roma, mi sono sentita apostrofare dal personale di guardia perché avevo momentaneamente accostato il passeggino lungo una parete dove non intralciava il passaggio, per spiegare a mio figlio piccolo il significato di una foto. Oppure ho dovuto "legare" le mani a entrambi i miei figli che volevano toccare le riproduzioni in plastica di enormi scheletri umani e animali in bella mostra, perché era vietato toccarle e non ce ne erano di "toccabili" per bambini. Oppure, sempre alla stessa mostra, dopo essermi fatta 120 km per portarci i miei figli e farli partecipare ad un laboratorio per bambini, ho scoperto, arrivata sul posto, che i posti disponibili per i laboratori erano esauriti fino alla fine della mostra stessa… eppure, avevano detto che era una mostra fatta per i bambini!

L’ho capito tutte le volte che ho dovuto cambiare il pannolino dei miei figli in auto, sul passeggino o in piedi perché non c’erano bagni con fasciatoi.

L’ho capito quella volta che, alla ricerca di un albergo in Toscana per una breve vacanza, mi sono sentita rispondere dall’impiegato: mi dispiace, non accettiamo bambini.

 

Un paese che non accetta i bambini, che non incoraggia le famiglie a fare i figli, che complica la vita ai genitori invece di facilitargliela non è un paese "sviluppato".

Ecco perché non c’è da meravigliarsi che il tasso demografico italiano sia tra i più bassi d’Europa e che notoriamente le famiglie italiane viaggino poco, in Italia e all’estero.

Tutti sembrano dimenticare che i bambini di oggi un giorno saranno quelli che ci governeranno, manderanno avanti il paese e pagheranno le nostre pensioni.

Ciononostante rimango con la speranza di poter tradurre presto il titolo di questo articolo anche in italiano.

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