19 mesi: crisi di rabbia e coccole di mamma

Cara dott.ssa Daniela,

Le scrivo ancora ma questa volta per parlarle dell’altro mio figlio.

Leonardo ora ha quasi 19 mesi. E’ un bimbo allegro ed affettuoso. Desidera molto comunicare, parlotta tantissimo con un vocabolario molto ampio e molto impreciso, quindi lo capisco solo io e in parte il papà: questo per dire che la spinta a comunicare in lui è fortissima.

Leonardo frequenta l’asilo nido da quando aveva 13 mesi. A sentire le maestre, è un bambino molto intelligente e “più avanti” della sua età come competenze motorie e cognitive, cosa che imputiamo al fatto che ha una sorella più grande ma non di tanto (sua sorella ha due anni esatti in più ed è una grandissimo esempio per lui). E’ anche un bambino un po’ irascibile e molto sensibile all’ambiente in cui si trova: fin da neonato, notavo che nei giorni feriali, in cui sua sorella andava al nido ed eravamo soli io e lui, Leo era calmo. Nel fine settimana, in cui eravamo tutti e 4 a casa (e sua sorella è piuttosto esuberante!), arrivavamo a sera con pianti isterici e notti molto nervose! A circa 10 mesi, ha avuto per un paio di volte degli spasmi affettivi, scatenati da banalissimi episodi di frustrazione, con quasi svenimento. Per quanto il nostro spavento sia stato grande, abbiamo reagito con calma ed affetto, senza farci vedere ansiosi a riguardo (su consiglio della pediatra).

Le scrivo per chiederle il parere su due aspetti del suo carattere e del suo comportamento.

1) Leonardo inizia a dire a gran voce “no!” e “MIO!” e so che è una tappa fondamentale e necessaria a questa età. In questo senso, se penso che sta crescendo, mi fa piacere e ne sorrido. Però a volte è di difficilissima gestione. Ha preso a urlare a pieni polmoni ovunque ci troviamo. Se qualche cosa lo contraria, ci guarda negli occhi come per sfidarci e poi apre la bocca e urla, urla, urla. Si ferma, prende fiato, ci guarda e riparte. Questo 2, 3, 4 volte.

Quando fa così, adotto due tipi di comportamento. A volte lo abbraccio forte, per “contenerlo” e aspetto che si rilassi e si calmi. Di solito inizia a piangere ed io intanto gli parlo e gli dico che lo capisco, se so che è arrabbiato ecc … Altre volte, gli dico seriamente che non si fa così e che a noi non piace un bambino che urla. E lo isolo: ad esempio, lo porto in camera sua e gli dico “adesso stai qui perché un bimbo che urla non piace alla mamma”. Mio marito invece fa più fatica  a gestire questi momenti e lo sgrida in maniera decisa.

So che è una fase normale, ma non voglio che diventi il suo modo abituale di fare e desidero dargli “dei confini”…. Qual è il modo “giusto” per reagire?

2) Leonardo è un gran mammone. Fin da quando è nato (taglio cesareo per mio diabete gestazionale) ho notato questa sua caratteristica: il bisogno del contatto fisico con me e poi trasformatosi parzialmente in un grande attaccamento verso di me. Le puericultrici del nido stesso, in ospedale, la notte dopo il parto, la terza volta che me lo portarono per allattarlo mi dissero “Signora, lo tenga qui: ha bisogno di sentire la mamma vicina”!!! Ho allattato Leo 12 mesi e mezzo. Come ho detto sopra, a 13 mesi ha iniziato il nido: temevo questo distacco, invece è andato benissimo. Leonardo sta bene con altre persone … a patto che NON CI SIA IO VICINO. Se ci sono io, la adorata mamma, allora ha occhi solo per me. Gioca un po’, poi viene a fare il pieno di coccole: “mamma cochen” (= mamma coccole) e mi abbraccia, mi accarezza. Se ci sono io in casa, solo io posso cambiargli il pannolino, vestirlo, ecc. Cosa ne penso io? Che piano piano crescerà. Piccolissimi passi avanti ne sono stati fatti, il nido e la babysitter sono un esempio. Però intorno a me i commenti su come si atteggia Leonardo si moltiplicano e onestamente mi danno parecchio fastidio. Le nonne: “è troppo attaccato a te, non va bene” oppure “dovrebbe stare con altre persone” (cosa che avviene, visto che io lavoro e lui sta al nido). Il papà “io non so come gestire questo bambino, è impossible quando ci sei tu”. A questo punto le chiedo un consiglio: assecondando la necessità di coccole, faccio del male al mio bambino? Aspettando i suoi tempi e lasciandogli la possibilità di fare il mammone quando vuole, rimando lo sviluppo della sua autonomia?

Grazie

Patrizia

 

Cara Patrizia, i bambini sviluppano la loro autonomia nei tempi che sono loro propri, e in questo passaggio dalla completa simbiosi con la mamma, nel tuo caso felicemente protrattasi nel tempo grazie al lungo allattamento materno, alla più o meno completa autonomia (utopia!!), passano attraverso varie fasi di “rottura”, per loro sempre inevitabilmente dolorose anche se necessarie e arricchenti. Il taglio cesareo in qualche modo può avere contribuito al senso di insicurezza ” non ce l’ho fatta a nascere da solo, qualcuno lo ha fatto per me, non ho fatto esperienza della fatica del nascere, ho sempre bisogno di qualcuno per fare le cose perché da solo non ci riesco”ecc…Poi lo svezzamento, coincidente più o meno con i  primi passi, altra tappa ansiogena, poi l’inserimento al nido, anche questo in contemporanea agli altri due cambiamenti. Poi forse una certa costituzione caratteriale isterica (spasmi affettivi) e un gran bisogno di essere al centro dell’attenzione e dell’intero universo e la necessità costante di dividere lo spazio vitale con la sorella, tra l’altro così vicina a lui come età.

Il tutto esaspera in lui atteggiamenti egocentrici con il duplice scopo di essere appunto al centro dell’attenzione come quand’era più piccolo e per sondare il terreno, provocare e capire quali sono i suoi limiti, dove finiscono i si e dove cominciano i no.

Non avere paura a dirgli di no, quando serve, è proprio questo che chiede quando strilla e provoca, solo fallo in maniera autorevole chiara  decisa e univoca. A stessa provocazione rispondi con uguale ferma risposta. Trova assieme a tuo marito la strategia più consona ai vostri due caratteri, mettetevi d’accordo per dare le stesse risposte, sia tra di voi che nel tempo. Siate entrambe coerenti e autorevoli. Il bambino ormai sa piuttosto bene cosa può o non può fare, ma vi mette alla prova perché cerca l’ordine e le regole senza le quali vive in un angoscioso e indeterminato disordine mentale nel quale non sta affatto a suo agio. Quando ha gli atteggiamenti che mi descrivi cerca risposte, quindi fare finta che non esista per non dargli soddisfazione non è la via giusta. Alzare la voce poi è un po’ come agire proprio come fa lui. Quindi, pur non alzandola troppo, consiglio fermezza e un NO deciso e autorevole quando esagera. Ma a questo punto, chiunque dica NO non deve essere contraddetto dall’altro genitore che corre a consolare. Quando poi si sarà calmato si cerca di parlargli con un po’ più di calma, e di convincerlo che quello che ha appena fatto non è funzionale per nessuno nè tantomeno per lui che potrebbe esprimere le stesse cose con calma e in modo più tranquillo. A questa chiara fermezza poi bisogna affiancare uno sforzo di comunicazione e tanta pazienza di stargli vicino se di questo ha bisogno. Per permettersi di dire no bisogna avere la coscienza a posto ed essere convinti di avere dato, dato, dato già tanto e a sufficienza. I bambini oggi sperimentano la fretta: i ritmi della vita sono frenetici, si crede di dare molto ai bambini perché ci si sacrifica per loro anche se si è stanchissimi, ma chissà se la qualità della nostra presenza è per loro soddisfacente?

Un caro saluto,

Daniela

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