Carezze

carezze2.jpgIn questo articolo avete modo di conoscere un po’ più da vicino uno dei temi centrali dell’Analisi Transazionale, mia corrente teorica di riferimento, ovvero il tema delle Carezze.
L’analisi Transazionale (AT) è una teoria psicologica ideata da Eric Berne negli anni cinquanta.
In quanto teoria della personalità, l’AT offre un quadro di come siamo strutturati dal punto di vista psicologico utilizzando il modello degli Stati dell’Io (GAB=Genitore/Adulto/Bambino), per aiutarci a comprendere come "funzioniamo" e come esprimiamo la nostra personalità in termini di comportamento. Inoltre, l’AT ci spiega come gli schemi della vita di adulti abbiano origine nell’infanzia, con il concetto di Copione.
Utilizza un linguaggio semplice e consente così che anche chi non abbia conoscenze psicologiche possa essere coinvolto e possa utilizzarne alcuni spunti per migliorare le relazioni e il suo benessere personale.

La filosofia di base dell’AT dice che:

  • Ognuno è ok
  • Ognuno ha la capacità di pensare
  • Ognuno decide il proprio destino e queste decisioni possono essere cambiate

E i 2 principi fondamentali sono:

 

  • il metodo contrattuale (la responsabilità congiunta analista transazionale-utente)
  • la comunicazione aperta

Questo articolo potrà esservi utile per riflettere sul vostro modo di relazionarvi agli altri (figli compresi) e a voi stessi.

Iniziamo subito con un esempio pratico.

Se io vi dico buongiorno! Voi cosa fate? Con buona probabilità risponderete al mio saluto: "Buongiorno!". In questo caso ci siamo appena scambiati una Carezza, cioè un’unità di riconoscimento esistenziale.
Altra domanda: immaginate di incontrarmi per strada per caso (ci conosciamo già), state camminando e all’improvviso ci incrociamo con lo sguardo e voi mi salutate. Immaginate che io, invece di ricambiare il vostro saluto, mi girassi dall’altra parte ignorandovi. Cosa provereste in quel momento? Qualcuno si infastidirebbe, qualcuno penserebbe "ma che presuntuosa!", qualcun altro magari potrebbe darsi delle spiegazioni razionali per dare un senso al mio "rifiuto", tipo "vabbé magari non mi ha risconosciuto" e via cosi. Questo succede perché noi tutti abbiamo bisogno di carezze e ci sentiamo deprivati se non le otteniamo.
Quando siamo bambini in particolare questo bisogno è fondamentale, è il bisogno di stimolazione fisica e mentale.
Molti ricercatori sullo sviluppo infantile si sono occupati di indagare su questo bisogno. Una ricerca particolarmente illuminante tenne in osservazione dei bambini allevati in un orfanotrofio. Questi bimbi erano ben nutriti, puliti e tenuti al caldo, ma tendevano ugualmente ad avere spesso dei problemi fisici ed emotivi. 
È stato dimostrato che ciò che mancava loro era una stimolazione fisica, mentale ed emotiva. Infatti, questi bambini avevano ben poco con cui giocare tutto il giorno e avevano, soprattutto, pochissimo contatto fisico, e di conseguenza emotivo, con chi si prendeva cura di loro.
Di qui la scelta dell’Analisi Transazionale di utilizzare il termine Carezza, in riferimento appunto a questo bisogno infantile di essere toccato.
Da adulti sicuramente ricerchiamo e abbiamo ancora bisogno di contatto fisico, ma impariamo anche a sostituirlo con altre forme di riconoscimento.

Esistono diversi tipi di carezze, carezze verbali, carezze non-verbali, condizionate e incondizionate, positive e negative.

LE CAREZZE VERBALI vanno da un semplice gesto di riconoscimento, come un banale "ciao" ad una conversazione in piena regola.
LE CAREZZE NON VERBALI, che possono essere fisiche o mimiche, vanno dall’agitare la mano per salutare, a un cenno con la testa, un’occhiataccia, un abbraccio, anche un calcio, o uno schiaffo. Per quanto riguarda quelle POSITIVE, sono quelle che chi le riceve vive come piacevoli; una CAREZZA NEGATIVA viene vissuta come spiacevole da chi la riceve.
Facciamo degli esempi concreti. Ad esempio una carezza non-verbale positiva: prendendo l’esempio del nostro incontro casuale, se io vi rispondessi con un sorriso al vostro saluto vi concederei una CAREZZA NON-VERBALE POSITIVA.
E una CAREZZA NON-VERBALE NEGATIVA? Se io rispondessi al vostro saluto guardandovi con un’occhiataccia dall’alto in basso esprimerei nei vostri confronti una carezza di questo genere.
Facciamo un esempio di CAREZZA VERBALE POSITIVA: se vi rispondessi al vostro saluto con un "ciao come stai?" Una VERBALE NEGATIVA: invece di rispondervi positivamente con "ciao come stai?" Dicendo per esempio "io non la conosco".
Per finire esistono anche CAREZZE CONDIZIONATE POSITIVE: un’insegnante dice al suo alunno "hai fatto proprio un bel compito!".
Oppure CAREZZE CONDIZIONATE NEGATIVE, un esempio può essere "non mi piace il tuo modo di parlare", o una CAREZZA INCONDIZIONATA POSITIVA è "che bello averti qui!", oppure "ti voglio bene". Un esempio di CAREZZA INCONDIZIONATA NEGATIVA  è "ti odio", oppure "non ti sopporto".
Come avrete notato, le Carezze condizionate sono quelle, appunto, condizionate da un comportamento o da una caratteristica della persona a cui si riferisce; e le Carezze incondizionate si riferiscono in modo diretto all’essenza stessa della persona.
Le Carezze possono anche essere interne (carezzare se stessi).
A questo punto si potrebbe pensare che noi cerchiamo sempre Carezze positive ed evitiamo quelle negative, ma in realtà noi operiamo secondo il principio che qualsiasi Carezza è meglio che nessuna Carezza, quindi meglio non rimanere senza.
Ad esempio, se un maestro sgrida un allievo ogni volta che sbaglia un compito, e lo ignora quando fa le cose per bene, l’allievo continuerà a sbagliare, pur di ricevere attenzione (in questo caso si tratta di una carezza negativa). In effetti, le Carezze oltreché unità di riconoscimento, sono anche rinforzi del comportamento.
Spesso se si viene abituati a ricevere Carezze negative si rischia di perpetuare un modello di disagio, in cui le Carezze negative o i sostituti di Carezze (come ad esempio, i beni materiali o le droghe) divengono la normalità e l’unico modo per sopravvivere emotivamente.

Secondo alcuni autori dell’AT, nel mondo occidentale i bambini sono allevati secondo una rigida gestione delle Carezze, che segue 5 leggi fondamentali:

1. non chiedere carezze: spesso anche quando sentiamo il bisogno di ricevere carezze non ci facciamo avanti richiedendole, magari ci aspettiamo che siano gli altri a darcele e magari pensiamo che quelle ricevute dietro richiesta non abbiano lo stesso valore di quelle ricevute spontaneamente, oppure che se chiedessimo all’altro rischieremmo un rifiuto.
2. non dare carezze: a volta i genitori inviano messaggi tesi a inibire l’espressione delle carezze tipo "che sono tutte queste smancerie…", oppure ritirandosi fisicamente quando il bambino si fa avanti dando loro carezze.
3. non accettare carezze: per fare un esempio, in un dialogo tra genitori tipo: la madre dice al figlio "sei stato bravo!" e il padre "non lodarlo sennò si monta la testa!" il messaggio che il bambino riceve è: non accettare carezze.
4. non rifiutare carezze negative: un esempio pratico, il padre dice al figlio "sei il solito incapace!" e il figlio risponde "non sono stato io!", e il padre "guai a te se mi rispondi, oppure non discutere!". Il messaggio inviato è "non rifiutare la carezza negativa anche se fa male!"
5. non carezzare te stesso: un bambino dice "oggi sono stato proprio bravo!" madre "non è bello vantarsi!". Qui la mamma passa il messaggio "non va bene che ti fai i complimenti (carezze positive) da solo".

Spesso quando siamo a corto di Carezze cerchiamo in tutti i modi di procurarcele, anche a costo di riceverne di negative, innescando dei giochi psicologici con gli altri, che si manifestano come lotte di potere, litigi senza un senso apparente, situazioni ripetitive alla fine delle quali ci ritroviamo spesso a chiederci "ma perché mi sta capitando di nuovo?".

Con un adeguata consapevolezza di sé e della propria personale amministrazione delle Carezze e una forte volontà e impegno, possiamo essere in grado di riorganizzare la nostra gestione delle Carezze, riconquistando il diritto a dare, accettare, chiedere carezze, rifiutare le Carezze negative e a carezzare noi stessi.

Ora voglio lasciarvi con un piccolo spunto di riflessione, un piccolo esercizio che ha l’obiettivo di stimolarvi a essere maggiormente consapevoli della vostra gestione delle Carezze. È una scheda che spero vi possa essere utile. Sarebbe utile poterne poi discutere insieme, ma, ovviamente, non essendo questa la sede adatta, vi lascio solo ai vostri spunti di riflessione…

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