Il sonno dei bambini

17052007508.jpgPer capire le caratteristiche del sonno dei bambini anche molto piccoli e le sue differenze in base all’età è necessario conoscere il sonno dei bambini più grandi, all’età in cui diventa sovrapponibile a quello di un adulto.

Il sonno di un adulto e di un bambino ormai grande è caratterizzato da 5 fasi distinte che corrispondono ad altrettanti tracciati elettroencefalografici caratteristici: le prime 4, contraddistinte da un numero progressivo da 1 a 4, sono dette fasi “non REM“, dove con la sigla REM, dall’inglese “rapid eyes mouvements”, si intende una fase durante la quale il soggetto sogna e muove rapidamente i bulbi oculari in senso orizzontale anche ad occhi chiusi. Pertanto, le prime 4 fasi non sono caratterizzate dai sogni, mentre la 5°, detta appunto fase REM, si.

Nel corso della notte, questi cinque stadi o fasi, si susseguono in maniera ciclica. Ogni ciclo, sempre nell’adulto, dura circa 70-90 minuti, sicché un sonno notturno di 6-7 ore vedrà il susseguirsi di almeno 4 o 6 cicli completi.

Gli stadi 1 e 2 della fase non-REM sono caratterizzati da un sonno leggero (stadio 1=addormentamento, stadio 2=sonno leggero), gli stadi 3 e 4 sono caratterizzati da sonno sempre più profondo. Nella prima parte della notte, nelle prime 3-4 ore, prevalgono le fasi 3 e 4, cioè, subito dopo l’addormentamento, si piomba, di solito, in un sonno molto profondo, mentre nelle ore successive prevalgono via via sempre più le fasi 1 e 2 e le fasi REM: si sogna, cioè, soprattutto nella seconda parte della notte e i sogni si alternano con fasi di sonno leggero durante il quale i risvegli sono più facili.

Il sonno non-REM è quello più vicino alla concezione comune di sonno: si tratta di un sonno tranquillo e molto ristoratore: è esperienza comune, infatti, che quando si va a dormire molto tardi, anche se complessivamente, risvegliandosi più tardi, le ore disonno sono state le stesse, non ci si sente riposati come quando si va a dormire prima. Durante il sonno non-REM si giace tranquilli nel letto con battito cardiaco regolare, piuttosto lento e respiro regolare. Il sogno è assente o quasi anche se nelle fasi 1 o 2 alcuni processi mentali possono continuare. Nel sonno REM, invece, fondamentalmente, si sogna.

Nei primissimi mesi di vita, le prime 4 fasi del sonno non-REM non sono ancora molto ben definite e il bimbopiccolo, con facilità, passa dallo stato di veglia a quello di sogno senza raggiungere lo stadio di sonno profondo e tranquillo. Ma dopo il 3° mese, disolito, si possono individuare abbastanza bene le fasi di addormentamento e di sonno via via più profondo anche solo con il comportamento del bambino, senza bisogno di ricorrere all’elettroencefalogramma.

Lo stadio 1 è il momento della sonnolenza e delle palpebre pesanti: tutti lo abbiamo sperimentato, magari intreno o durante un film o una conferenza noiosa. Si perdono allora alcune frasi degli attori ma ci si può svegliare con facilità, magari al richiamo del controllore o quando la testa cade bruscamente in avanti. Se ci svegliamo inquesta fase possiamo avere ancora qualche ricordo di quanto succedeva attorno a noi al momento dell’addormentamento oppure di quanto stavamo pensando ad occhi chiusi o nel primo abbozzo di sogno, solo immagini fugaci, però, sensazioni, non una trama da poter raccontare. Nel passaggio dalla fase 1 a quelle successive compaiono spesso le cosìddette “scosse ipnagogiche”, scatti degli arti rapidi ed improvvisi che possono anche essere generalizzati e risvegliare il soggetto. Dopo pochi minuti si entra nella fase 2 dove è ancora facile essere risvegliati, poi nella fase 3 che dura all’incirca 10 minuti e infine nella fase 4 di sonno profondo. Solo allora il respiro si fa lento e stabile e la frequenza cardiaca si riduce. Molti soggetti, adulti o bambini, in questa fase sudano abbondantemente e tutti hanno grosse difficoltà a risvegliarsi. È in questa fase che possono comparire i terrori notturni in alcuni bambini, così come molti altri disturbi del sonno compresa l’enuresi.

A questo stadio 4 segue la fase REM: i muscoli sono rilassati e sembra che non possano eseguire i comandi di uncervello che presenta un’ attività simile a quella della stato di veglia. Molte funzioni dell’organismo hanno difficoltà a mantenere una certa regolazione, i riflessi, le secrezioni ormonali, la funzione renale si modificano. L’organismo ha difficoltà a mantenere costante la temperatura corporea, se ha freddo non riesce ad avere brividi, se ha caldo non riesce a sudare. Nel maschio può manifestarsi una erezione e nella femmina un turgore del clitoride e della vagina. Lo stato di sonno REM è uno stato metabolicamente molto attivo. La mente è sveglia ma capace di rispondere esclusivamente a stimoli provenienti dall’interno del corpo, non da stimoli esterni. Il soggetto si adegua alla natura anche bizzarra dei sogni e interagisce con le situazioni che vive come se fosse sveglio senza minimamente porsi il problema dell’eventuale assurdità della situazione che sta vivendo. In questa fase, dal punto di vistan eurologico, gli impulsi nervosi che normalmente scorrono dal cervello alla periferia, cioè ai muscoli, dettando i movimenti oppure viceversa, dalle estremità del corpo al cervello, passando attraverso il midollo spinale, sono bloccati a livello, appunto, del midollo e i muscoli si comportano come se fossero paralizzati, così, eventuali impulsi a muoversi non producono nessun effetto. Fanno eccezione i muscoli oculomotori, quelli respiratori e i muscoli che presiedono alla funzione uditiva. Il risveglio in questa fase permette quasi sempre, sia al bambino già in grado di parlare che all’adulto, di ricordare cosa stava sognando e si sa ora che il sogno dura per tutta la durata della fase REM, cioè da alcuni minuti fino a circa mezz’ora.

Si ritiene che il sonno REM abbia delle importanti funzioni dal punto di vista psicologico e che i sogni consentano di elaborare le esperienze e le emozioni vissute durante il giorno per trasferirle e consegnarle alle aree cerebrali deputate alla conservazione dei ricordi a lungo termine. In questo senso avrebbero una importantissima funzione nei processi di apprendimento. Questo sarebbe uno dei motivi per cui i bambini piccoli, che hanno moltissime cose da imparare, sognano molto di più degli adulti o dei bambini più grandi.

La prima fase del sonno REM dura dai 5 ai 10 minuti negli adulti, di più nei bambini, e nel corso della notte i cicli REM diventano sempre più lunghi a spese dei cicli non-REM che si fanno sempre più brevi e quasi esclusivamente composti dalle fasi 1 e 2 del sonno, cioè composti di sonno leggero.

In conclusione, uomo e bambino vivono tre differenti stati: uno stato di veglia nel quale si è razionali e i pensieri possono essere trasformati in azioni; uno stato di sonno non-REM nel corso del quale il corpo si riposa e si recuperano le energie spese durante le ore di attività, con attività mentale ridotta al minimo; uno stato di sonno REM caratterizzato da vivace, benché non razionale, attività mentale, disconnessa dal corpo anche se il cervello manda segnali a muoversi.

Lo sviluppo del sonno nel neonato

L’attività mentale caratteristica dello stato di sonno è rilevabile sin dalla vita intrauterina: il sonno REM è registrabile nel feto sin dal sesto-settimo mese di età gestazionale, periodo durante il quale il feto sogna per quasi tutta la durata dei suoi periodi di sonno visto che le fasi di sonno non-REM compaiono solo un mese dopo, verso la fine del settimo e l’inizio dell’ottavo mese di gestazione.

Nel neonato, il sonno attivo,cioè REM, costituisce circa il 50% del suo sonno totale e si manifesta con una ricca attività motoria, con piccoli guizzi del viso, piccoli movimenti degli arti o delle dita, sorrisi, attività di ciucciamento e di masticazione. Il respiro è irregolare e spesso gli occhi si muovono sotto le palpebre chiuse; a volte dorme persino ad occhi aperti e ogni tanto presenta dei sussulti. Il sonno calmo o non-REM, invece, è caratterizzato da immobilità con rarissimi sussulti, respiro profondo e regolare, qualche volta attività di suzione delle labbra e raramente qualche tremore, soprattutto se si cambia di posizione. A volte,soprattutto nei prematuri e prima del compimento del primo mese, si possono registrare periodi di attività cerebrale intermedia tra lo stato di sonno REM e non-REM chiamata attività di transizione o indeterminata.

SonnoIl sonno REM, così prolungato e abbondante nel neonato e ancor più nel prematuro, sembra avere una funzione molto importante: nel sonno REM, infatti, i centri cerebrali alti, quelli situati nella corteccia cerebrale, quelli destinati, in futuro, alla formulazione del pensiero e alle attività più complesse della mente, ricevono stimolazioni provenienti dai centri più profondi, quelli appartenenti al cervello più primitivo, quella parte del cervello che abbiamo in comune con esseri meno evoluti come rettili e uccelli. Gli impulsi salgono al cervello utilizzando le stesse vie percorse dagli stimoli visivi, uditivi, tattili e gustativi, cioè da tutti gli stimoli sensoriali ed è per questo che si presume che i neonati o i bambini molto piccoli sognino sensazioni, cioè i rumori ambientali, il gusto del latte succhiato poco prima, il calore delle braccia che l’hanno tenuto accanto a se, l’odore della pelle della madre, ecc. Solo successivamente tutte queste sensazioni verranno incorporate in immagini oniriche vere e proprie. Lo stadio di sonno REM potrebbe quindi consentire al cervello in via di sviluppo di ricevere input sensoriali, cioè di vedere,sentire, ascoltare, anche prima della nascita, e questi input potrebbero essere molto importanti per lo sviluppo dei centri più alti del cervello. Già inutero, cioè, il feto, avendo già organi di senso sufficientemente maturi per ricevere stimoli di vario genere (uditivi, tattili, olfattivi, visivi, ecc.)provenienti dall’esterno, durante il sonno attiverebbe  quei processi mentali utili per mettere in atto i primi rudimenti di apprendimento basati sull’esercizio della memoria a più lungo termine, sui meccanismi di associazione e di elaborazione dei dati immagazzinati.

Sappiamo che già in utero,durante la fase di sonno REM, il feto compie atti respiratori come quando è sveglio, mentre non respira nelle brevi fasi di sonno non-REM: se il sonno non-REM fosse prolungato non riuscirebbe, quindi, a sviluppare sufficientemente i muscoli respiratori e avrebbe problemi dopo la nascita. Si sa, inoltre, che durante il sonno REM i centri più profondi e primitivi del cervello fetale mandano impulsi motori ai centri superiori che non sarebbero completamente bloccati come avviene nel sonno REM dei bambini più grandi e questo permetterebbe al feto di fare una certa pratica di movimenti corporei, che altrimenti sarebbero scarsissimi visto che il feto trascorre circa il 90% del suo tempo dormendo.

È quindi plausibile pensare che il sonno REM abbia una grande importanza nei periodi di intenso sviluppo cerebrale, come il periodo fetale e i primi mesi di vita, mentre perderebbe importanza in seguito. Infatti, bambini anche di pochi mesi, molto stimolati durante il giorno sognano meno di bambini della stessa età meno stimolati. E si sa ora che la percentuale di sonno REM, che occupa il 50% del sonno del neonato, scende al 33% a 3 anni, al 25% nell’adolescente e a 20% circa nell’adulto. È come se il sogno, con tutte le sue caratteristiche, sostituisse l’esperienza in un periodo della vita dove fare esperienza è fondamentale per lo sviluppo psichico.

 

Sviluppo dell’alternanza sonno-veglia nei primi sei mesi di vita

Appena nato, se non ha disturbi,un bimbo dorme quasi come un feto: sonnellini piuttosto brevi e frequenti che occupano quasi il 90% delle sue giornate. Con il passare dei mesi i periodi di sonno diventano sempre più lunghi e si evidenziano sempre più chiaramente i vari cicli. Il sonno REM lentamente diminuisce mentre il sonno calmo si differenzia nelle sue 4 fasi anche se ancora un po’ diverse rispetto a quelle degli adulti. La riduzione progressiva del sonno REM coincide con un incremento del tempo trascorso da sveglio nelle 24 ore. Il neonato si addormenta, infatti, subito in fase REM ma nell’arco del primo anno si evidenziano sempre di più le prime fasi di addormentamento e di sonno profondo. Dopo il terzo mese, il sonno inizia a differenziarsi tra sonno diurno di un tipo e sonno notturno con altre caratteristiche. Dopo le ore 20 il sonno si organizza con le classiche caratteristiche mentre durante il giorno i sonnellini sono più brevi e il sonno meno strutturato.

A sei mesi, da un’alternanza di cicli sonno-veglia di circa 3-4 ore sia di giorno che di notte, si passa ad un sonno prevalentemente notturno di 4-6 ore almeno al quale si aggiungono almeno due sonnellini diurni di circa due ore. Intorno al secondo, anno il sonno si concentra nelle ore notturne, circa 8 ore e resta un solo sonnellino pomeridiano di circa due ore. La lunghezza di ogni ciclo di sonno (5 fasi) passa dai 50 minuti dei primi mesi ai classici 90 minuti dell’adolescente.

Nel primo mese un neonato dorme in media 16-17 ore al giorno e riduce di circa un’ora al mese il suo sonno durante il primo anno per poi mantenersi stabile a circa 13 ore fino al secondo anno riducendo sempre più il sonno diurno a favore di quello notturno.

Il sonno, comunque, è anche fortemente influenzato da fattori ambientali, culturali e dagli stili di vita: nel mondo, non tutti i bambini dormono nello stesso modo.

 

I disturbi secondari del sonno nei primi anni di vita

 

Tra i disturbi del sonno dei bambini, quelli che maggiormente preoccupano o suscitano le lamentele dei genitori sono le insonnie che rappresentano ben circa il 70% dei disturbi riferiti dai genitori. Si calcola che un terzo dei bambini sotto i due anni soffra di difficoltà di addormentamento e di risvegli notturni troppo frequenti. Ma c’è da dire che a favorire questi risvegli frequenti ci sono quasi sempre abitudini e comportamenti errati dei genitori. In primis, bisogna sapere che un allattamento prolungato al seno tende a far mantenere al bambino comportamenti legati al sonno simili a quelli dei bambini più piccoli. In questo caso non si tratterebbe di errore comportamentale da parte del genitore,visto che l’allattamento materno prolungato è sempre più caldeggiato, solo è utile essere consapevoli che può esserci questo inconveniente quando l’allattamento viene prolungato oltre ai sei mesi di vita. Un’altra abitudine deleteria è quella di dare biberon di latte durante la notte ad un bambino già svezzato o di consolarlo con qualsiasi altro liquido dolce o comunque con un alimento tutte le volte che si sveglia e richiede attenzione. Un terzo motivo di risvegli notturni frequenti, anche dopo l’età in cui essi sono fisiologici, può essere l’abitudine di fare dormire il bambino nel lettone (anche se, di solito, l’abitudine nasce proprio dai risvegli frequenti che sembrano attenuarsi nel lettone).

Vi sono poi motivi organici veri che possono disturbare il sonno dei bambini, ed essi vanno diagnosticati con cura: normalmente sono le coliche gassose, le otiti medie catarrali, le infezioni delle vie urinarie, le allergie o le intolleranze alimentari, i casi, più rari ma da non dimenticare, di ipertensione arteriosa o di infezione delle vie urinarie, alcune malattie croniche, problemi di stress come può essere una ospedalizzazione o un cambiamento importante nella vita del bambino e patologie cerebrali varie che comunque danno solitamente ben altri sintomi oltre all’insonnia.

Tra questi disturbi secondari, ovviamente, il più frequente è quello legato alle coliche che possono avere tre livelli di intensità e gravità: le coliche soltanto serali, con pianto che inizia tra le 17 e le 18 e si prolunga, apparentemente inconsolabile, fino alle 21-23; le coliche post-prandiali che cominciano subito dopo la poppata: il bambino mangia a sazietà ma dopo, invece di addormentarsi sazio e beato, inizia a piangere in modo disperato contorcendosi e muovendo le gambe a scatti; infine le più intense, le coliche che iniziano durante la poppata e che impediscono al bambino di continuare ad alimentarsi. Sembra che alla base delle coliche, oltre alle non sempre provate allergie alimentari, vi sia un disturbo della regolazione neurovegetativa del bambino che comporta una risposta intensa agli stimoli della fame che crea, a sua volta, uno stato di tensione che determina,infine, una scarsa coordinazione tra suzione, respirazione e deglutizione. Questo porterebbe ad una eccessiva deglutizione di aria assieme al latte con conseguente veloce ed eccessiva distensione gastrica dolorosa prima ancora che addominale. Vi sarebbe inoltre una immatura funzionalità dei meccanismi che regolano la normale peristalsi dell’intestino, cioè dei movimenti delle anse intestinali caratterizzati da contrazione a monte della massa alimentare che deve progredire verso il basso e distensione a valle: si produrrebbe invece una contrazione intestinale sia a monte che a valle della massa intestinale con conseguente distensione dolorosa e difficoltà alla progressione regolare del cibo verso il colon-retto.

Vi può essere, a volte, un’otite catarrale a livello dell’orecchio medio: essa può non dare segno di se durante il giorno a causa della posizione più verticale della testa del bambino che permette il deflusso del catarro dall’orecchio medio al faringe ma creare accumulo di catarro e conseguente distensione dolorosa del timpano durante la notte. Ricordiamo che, in assenza di complicazioni infettive che possono dare febbre e alterazione degli esami ematochimici, spesso una condizione di otite catarrale, nel bambino piccolo, non viene presa in considerazione.

Allergie o intolleranze alimentari sono un’altra causa di insonnia dei bambini: gli alimenti incriminati come proteine del latte vaccino, carne bovina, uovo o glutine possono non essere direttamente mangiati dal bambino ma essere stati assunti dalla nutrice che deve, quindi, modificare la sua dieta per assistere alla miracolosa ripresa del sonno tranquillo del proprio bambino.

L’eruzione dei primi dentini può dare fastidi o fitte tali da disturbare il sonno, ma mai in modo così prolungato da determinare un disturbo cronico.

Alcuni farmaci possono dare insonnia: per esempio alcuni antibiotici, i farmaci per la cura dell’asma come la teofillina e il mataproterenolo e persino i barbiturici prescritti per la cura dell’epilessia. Buoni risultati si hanno invece con gli antistaminici, soprattutto la niaprazina (Nopron) per risolvere i problemi di risvegli notturni ma soprattutto le difficoltà di addormentamento.

Sorvoliamo sui casi di malattie renali e di ipertensione, troppo specifici per questa trattazione, ma precisiamo che i bambini che non hanno la possibilità di vivere a lungo alla luce e all’aria aperta come i malati di malattie croniche o prolungate , i bambini non vedenti, i cerebrolesi, sviluppano un’insonnia comportamentale a causa di un deficit nella strutturazione del ritmo sonno veglia tra notte e giorno.

I disturbi primitivi del sonno 

Oltre a questi disturbi, cosiddetti secondari, del sonno, vi sono dei disturbi primitivi, che non riconoscono, cioè, una concausa di altra natura. Si tratta delle cosiddette dissonnie e delle parasonnie.

Le dissonnie sono le difficoltà di addormentamento, le difficoltà a mantenere il sonno e quindi i risvegli notturni frequenti e la ridotta quantità complessiva delle ore di sonno durante la notte e anche durante l’intera giornata. Più rari, soprattutto nei bambini sotto i due anni, i casi di ipersonnia, cioè di sonno eccessivo e eccessivamente prolungato e le apnee notturne.

I problemi di addormentamento riguardano soprattutto la modalità e la durata del sonno: normalmente, messo nel suo lettino ad orario opportuno e regolare, il bambino dovrebbe addormentarsi da solo in 10-15 minuti. Può avere bisogno della presenza di un genitore e per qualche minuto in più ma non di rituali speciali o di un tempo superiore a mezz’ora. In Italia, circa il 60% dei bambini ha bisogno di un addormentamento facilitato, cioè con la presenza di un genitore vicino, ma in altri paesi europei o occidentali più del 70% dei bambini, alla stessa età, si addormenta da solo.

La patologia della durata dell’addormentamento è definita da una durata superiore ai 30 minuti. Nei primi due anni di vita, questa patologia interessa il 13% dei lattanti fino ai 5mesi, il 10% dei bambini nel secondo semestre di vita e il 7% dei bambini nel secondo anno. Di solito, in questi casi, bastano semplici strategie come ciuccio, oggetto consolatorio o movimenti di cullamento effettuati da un genitore – movimenti passivi – o effettuati dal bambino stesso – movimenti ritmici del capo o del corpo. Solo minima risulta la percentuale di bambini che ha necessità di assumere farmaci per addormentarsi dopo avere tentato inutilmente questi stratagemmi, anche se, negli ultimi decenni, si assiste ad un aumento piuttosto evidente di queste patologie.

La durata media di un sonno continuativo senza risvegli è di circa 4-5 ore nel primo anno dove, quindi, almeno due risvegli per notte, a distanza di 4 ore l’uno dall’altro, devono essere considerati normali. Tale abitudine può prolungarsi fino al secondo anno. Però c’è da dire che solo il 60% dei bambini che non hanno compiuto un anno si svegliano solo due volte per notte, quindi, anche tre o più risvegli notturni non sono poi da considerarsi patologici nel bambino molto piccolo.

Una forma grave di insonnia è quella di un bambino che non riesce a dormire più di due tre ore di filato; se poi non riesce a dormire in assoluto per più di 4 ore ogni notte, che sia agitato o tranquillo nelle altre ore passate sveglio, è un sintomo che deve allarmare i genitori e indurli ad effettuare una visita neurologica.

I neonati ipereccitabili e iperreattivi, che tendono a dormire poco e a piangere spesso, saranno più facilmente dei cattivi dormitori anche nel secondo anno di vita e spesso anche per il resto della vita.

Le ipersonnie sono, al contrario,degli stati morbosi caratterizzati da eccessiva presenza di sonno. Spesso questo sintomo cela disturbi importanti come encefaliti e patologie cerebrali serie. Altra cosa sono invece le sonnolenze diurne dei bambini che hanno dormito male, anche se a lungo, la notte, a causa di apnee notturne che alterano la qualità del sonno oltre che l’ossigenazione cerebrale. Un’apnea notturna è la sospensione della respirazione durante il sonno della durata di almeno 10 secondi. Le apnee si possono ripetere varie volte durante la notte. Esse, nel bambino molto piccolo e ancor di più nel prematuro, dipendono da un cattivo funzionamento dei meccanismi che regolano in maniera automatica la respirazione. Per di più, com’è stato detto, durante le fasi del sonno REM, i muscoli hanno difficoltà ad eseguire i comandi che ricevono dal cervello, come fossero paralizzati, quindi il diaframma ha difficoltà a contrarsi e ad espandersi e riduce i suoi movimenti riducendo la quantità di ossigeno che penetra nei polmoni. Nei primi mesi di vita le fasi REM occupano il 50% del sonno del bambino quindi, anche se gli atti respiratori, mentre il bambino sogna, sono più frequenti, producono meno ossigenazione. Per di più, sempre nei primi mesi, il bambino è incapace di respirare con la bocca se ha il naso ostruito da secrezioni: tutto questo e altre condizioni anatomiche più specifiche rendono l’ipoossigenazione del sonno più frequente nei bambini con conseguente sonno poco ristoratore e sonnolenza diurna.

Le parasonnie sono eventi che indicano un’attività del sistema nervoso centrale che si traduce sia alla muscolatura scheletrica creando movimenti, sia al sistema nervoso neurovegetativo. Le parasonnie sono frequenti soprattutto nei bambini tra i 3 ei 10 anni.

Possiamo distinguerle in eventi che si manifestano all’inizio del sonno, negli stadi 1 e 2 del sonno leggero e sono le clonie muscolari e gli scatti tipici dell’addormentamento, alcuni movimenti ritmici, soprattutto del capo, che hanno certi bambini quando si addormentano, le allucinazioni ipnagogiche, che sono distinte dai terrori notturni che avvengono nelle fasi 3 e 4 del sonno, e il bruxismo o digrignare dei denti.

Negli stadi 3 e 4 del sonno possono esserci i terrori notturni, il parlare nel sonno e il sonnambulismo,cioè nel primo terzo della notte, mentre nel secondo e ultimo terzo della notte, durante la fase REM, si manifestano gli incubi e le crisi psicomotorie a volte simili a convulsioni.

Le mioclonie ipniche: circa il 60% della popolazione, in fase di addormentamento, presenta scosse agli arti o a tutto il corpo: è un fenomeno spesso legato allo stress e all’ansia dell’addormentamento. I neonati possono avere, per alcuni mesi, queste manifestazioni anche molto accentuate con presenza di vere e proprie clonie persistenti per alcuni secondi a tutti e 4 gli arti. Questi sintomi sono benigni, spesso famigliari, scompaiono con l’età e sono, a volte, un segno di ipereccitabilità e di eretismo psichico.

Alcuni bambini, prima di dormire profondamente, sbattono il capo ritmicamente sul cuscino, talora invece producono movimenti ondulatori di tutto il corpo. Di solito sono bambini che vanno dai 9 mesi a 3 anni, maschi, e molto raramente presentano questi sintomi fino al settimo anno di vita. Le manifestazioni durano circa 10-15 minuti e sono state interpretate come sfogo di rabbia o ira o autoerotismo. Ma possono verificarsi anche altri movimenti ritmici e ripetitivi come il dondolare una gamba o il mettersi carponi e dondolare il corpo in avanti o in dietro. Di solito sono sintomi che possono comparire quando il bambino sta imparando a mettersi in piedi o a camminare.

I terrori notturni, il parlare nel sonno e il sonnambulismo sono manifestazioni che compaiono nelle fasi 3 e 4 del sonno non REM, di solito nella fase 4: vanno da semplici movimenti masticatori delle labbra, a borbottii, a sonniloquio, a sedersi sul letto confaccia inespressiva ma tranquilla, ad alzarsi per andare dai genitori o dirigersi verso una fonte luminosa come se avesse una qualche finalità, ad urinare magari nei posti più impensati come in un cassetto o nelle pantofole, ad urlare per veri e propri terrori notturni, a scalciare come in preda a possesso demoniaco, oppure a correre come se dovesse scappare da qualcosa o da qualcuno. Quando il bambino è in preda ai terrori notturni urla in modo raccapricciante,suda, ha gli occhi sbarrati, è tachicardico e in preda al panico. Queste manifestazioni si presentano in modi diversi a secondo dell’età. Queste paure dipendono dall’età e dal livello di sviluppo sia emotivo che fisico. La crescita porta il bambino a doversi confrontare con sempre nuove sfide: prima fra tutte, a dovere accettare una separazione: di solito si comincia con l’allontanamento della mamma che si trova, magari, solo in un’altra stanza,fino alla ripresa del lavoro della madre e l’affidamento del bambino ad una baby sitter o al nido; deve poi imparare ad accettare la separazione dalla mamma quando va a dormire nella sua cameretta. Queste e altre situazioni possono creare ansia e il bambino, quando si addormenta, deve saper rinunciare anche al piccolo controllo che ha imparato ad avere sul mondo circostante da sveglio. Le fantasie consce o inconsce prodotte dalle suddette ansie possono emergere durante la notte e prendere aspetto e dimensioni terrificanti con conseguente insorgenza dei terrori notturni.

Gli incubi, invece, sono dei sogni spaventosi che svegliano il bambino e lo fanno sentire terrorizzato. Si verificano nel sonno REM e fanno parte del normale processo di sviluppo psichico del bambino. Si verificano sicuramente a partire dal secondo anno di vita: lo sappiamo perché a quell’età sono in grado di raccontarli. Ma forse si manifestano anche prima visto che il sonno REM occupa una parte così importante del sonno dei piccolissimi.

Gli incubi dei bambini di un anno sono semplici in quanto a contenuto: riproducono esperienze traumatiche recenti come un grosso insetto che volava vicino a lui, un incidente stradale o una visita dal medico con prelievo di sangue. Gli incubi, spesso, riflettono stresso conflitti emozionali vissuti durante il giorno, a differenza dei terrori notturni che sembrano manifestazioni di pura fantasia. L’ansia che produce gli incubi è la stessa che rende difficoltoso l’addormentamento ed è fondamentalmente legata a situazioni che allontanano la madre dal bimbo come una sua ospedalizzazione, il suo rientro al lavoro, la nascita di un fratellino, l’ingresso all’asilo-nido e via discorrendo.

I disturbi primitivi del sonno riconoscono come loro causa fattori ambientali, stress, ma anche predisposizione genetica a manifestare l’ansia in questo modo e fattori neurofisiologici.

Per quanto riguarda i fattori ambientali, le abitudini errate elencate sopra come addormentare il bambino sempre in braccio, dargli da mangiare anche di notte, ecc., possono favorire il mantenimento di numerosi risvegli notturni, ma anche il troppo caldo o troppo freddo nella stanza, il troppo rumore, le troppe luci o il sovraffollamento o il troppo disordine nella stanza possono disturbare il sonno.

Per quanto riguarda la predisposizione genetica, se anche uno solo dei genitori, da piccolo, aveva presentato disturbi del sonno, il bambino ha un rischio almeno 4 volte maggiore di soffrirne lui stesso.

Per quanto riguarda i fattori neurofisiologici, le apnee notturne sono favorite da situazioni anatomiche che predispongono alla ostruzione delle vie aeree superiori durante il sonno (lingua ipertrofica, tonsille ipertrofiche, ecc.)

Gli eventi stressanti in bambini particolarmente emotivi possono procurare disturbi del sonno anche prolungati.

Terrori notturni e sonnambulismo sembrano essere in parte collegati e frequenti in bambini che, durante il loro sviluppo, presenteranno patologie caratteriali, mentre incubi e insonnie non sembrano correlati a tali disturbi caratteriali.

La terapia dei disturbi del sonno nei bambini va il più possibile individualizzata: bisogna innanzitutto inquadrare il disturbo nel modo più corretto possibile, trovarne le cause personali o ambientali, valutare accuratamente la personalità del bambino e dei genitori e far compilare ai genitori un diario del sonno del loro bambino prima di intraprendere una terapia, quando necessaria, che sarà sia farmacologia che psicoterapico-comportamentale.

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