Il mio allattamento: doveri e piaceri della maternità

41310610_35bd896ac3_m1.jpgIo non ho avuto difficoltà. Il mio allattamento è iniziato a mezz’ora dalla nascita del Nano, ho avuto solo un piccolo principio di ragade, bloccato subito dai rimedi della nonna e da un po’ di omeopatia. Mio figlio ha ciucciato come un forsennato da subito, fatta eccezione per i primi giorni di vita, in cui doveva sottoporsi alla fototerapia per un forte ittero.

L’allattamento è andato bene, benissimo. A quattro mesi era un ciccione maialone taglia oversize, la gente mi fermava per strada per chiedermi quanto pesasse, e portarlo nel marsupio si stava trasformando in un’impresa titanica.
È stato un allattamento di successo. Però.

Però.
Io non si può dire che sia una mamma felice di allattare. Lo sono stata un po’ i primi mesi, e forse neanche tanto. Adesso mi pesa da morire, per esempio, e non vedo l’ora che il Nano mi dica spontaneamente di non volerne più sapere.

Perché ho scelto di allattare, se non mi faceva piacere?
Semplice: non trovo eticamente accettabile non allattare per comodità propria. Penso alle madri del sud del mondo, e ai litri di latte materno che buttiamo nel cesso solo per qualche piccolo incidente di percorso, e mi viene subito un gran nervoso. E poi perché credo che nella maternità, l’unico modo di viverla da vera protagonista sia questo.
Il bambino ha bisogno di seno e di calore materno, non di surrogati. Se il latte c’è, le difficoltà sono superabili, anche se non fa piacere secondo me val la pena farlo.
E poi a me piace fare le cose per bene. Essere genitore comporta necessariamente dei sacrifici.

Non tutte le cose della maternità sono una gioia completa. Anzi, la maggior parte non sono piacevoli: parlo di emorroidi, di ragadi, di baby blues. Non capisco perché siamo disposti a sopportare le paturnie dei mariti, o le suocere invadenti, o la gente che rompe le palle, e si getta la spugna di fronte all’allattamento.

L’allattamento prolungato è una scelta difficile. L’allattamento stesso, è una scelta difficile: ti mette in comunicazione con la parte "selvatica" di te, quella più vicina alla donna primitiva che saresti potuta essere, se tu fossi nata qualche decina di migliaia di anni fa. Non è facile, per noi donne abituate all’autocontrollo, accettare il nostro io primitivo. E quella strana magia che si crea tra madre e figlio, quando sai che sta per piangere perché ti fanno male i seni, o quando il tuo corpo ti fa capire che LUI ha le coliche, facendoti sentire gli stessi spasmi…
È la cosa che è più difficile da accettare. È un legame molto più profondo, di quando si erano due entità fuse in una sola, mamma e bimbo nella pancia.


Quello che mi sento di dire alle mamme che ci provano, è questo: allattate. Non gettate la spugna. Fatelo con sacrificio, con amore, perchè è importante. Quante cose non fanno piacere, eppure le facciamo lo stesso? Imparate a sentire in voi stesse questo dovere, perché sarà solo il primo di tanti, nei confronti di vostro figlio.

 

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