La triste fine dei Dico?

focusceccantiLi avevano chiamati Dico, che sarebbe stata una sigla (brutta invero!) per “Diritti e doveri dei conviventi”. Sembrava puntare più l’accento sui diritti, ma era solo un abbaglio, visto che nella sostanza diritti non ce n’erano molti.

La reversibilità della pensione non era inclusa, rimandata alle calende greche con la riforma del sistema pensionistico; altri diritti (successione degli immobili, possibilità di ereditare) richiedevano da un minimo di 3 a un massimo di 9 anni di convivenza dimostrata, il tutto in un clima di sospetto che prevedeva controlli e multe in caso non si convivesse.

 

Per quanto riguarda l’assistenza ospedaliera e le decisioni riguardanti la salute, vi invito a leggere questa frase sibillina contenuta nella bozza del testo:

“Le strutture ospedaliere e di assistenza pubbliche e private disciplinano le modalità di esercizio del diritto di accesso del convivente per fini di visita e di assistenza nel caso di malattia o ricovero dell’altro convivente”.

Inoltre ho letto, ma di questo sinceramente non trovo riscontro nel testo (forse perché non sono avvezza al linguaggio giuridico) che per evitare che l’atto di stipulare il Dico potesse vagamente somigliare a una cerimonia, i contraenti avrebbero dovuto presentarsi di fronte all’impiegato comunale separatamente.

Un panorama volutamente squallido, svilente, che sembra scontentare gli eventuali interessati quanto coloro che ai Dico sono contrari.

Meglio allora che siano naufragati sulle onde in burrasca di un governo ostaggio, come sempre in Italia, di una politica filoclericale, molto più di quanto lo sia la società?

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