I clandestini non sono certo clandestini per scelta.NESSUNO sceglie di andarsene dal proprio paese a cuor leggero.
Perché in certi paesi noi, dall’esterno, vediamo solo povertà.
Ma per chi ci è nato, per chi ci è cresciuto, per chi ci vive… il proprio paese è tutto.
È amici e parenti, è tuo padre e tua madre, è i giochi dell’infanzia, è il tuo piatto preferito, è tuo figlio (che se te ne vai dovrai lasciare alla nonna o alla zia, e ti sentirai morire… ma se te ne vai è proprio per poter mandare dei soldi a lui, per dargli da mangiare e per mandarlo a scuola, che se non impara a leggere sarà condannato alla miseria).
Il tuo paese è il paesaggio davanti al quale apri gli occhi la mattina, è i colori del tramonto tra le palme, è l’odore della colazione che prepara tua moglie, è uscire di casa e incontrare per caso un vecchio amico, è prendere la bici e andare a trovare tuo fratello, è il vicino di casa che mette la musica tradizionale a palla il sabato sera…
Il tuo paese è il paesaggio davanti al quale apri gli occhi la mattina, è i colori del tramonto tra le palme, è l’odore della colazione che prepara tua moglie, è uscire di casa e incontrare per caso un vecchio amico, è prendere la bici e andare a trovare tuo fratello, è il vicino di casa che mette la musica tradizionale a palla il sabato sera…
La gente emigra perché è costretta.
E quando sei costretto (non dalla povertà, che non ti spaventa perché ci sei abituato, ma dalla miseria che vedi farsi sempre più vicina, e quella ti spaventa sì, perché vedi chiaramente i tuoi figli che restano senza cibo e medicine), la parola "clandestino" non significa nulla, tanto più che nel tuo paese (il tuo mondo, l’unica cosa che conosci, l’unica realtà con cui ti sei potuto confrontare in tutta la tua vita) clandestini non ne esistono.
E quando sei costretto (non dalla povertà, che non ti spaventa perché ci sei abituato, ma dalla miseria che vedi farsi sempre più vicina, e quella ti spaventa sì, perché vedi chiaramente i tuoi figli che restano senza cibo e medicine), la parola "clandestino" non significa nulla, tanto più che nel tuo paese (il tuo mondo, l’unica cosa che conosci, l’unica realtà con cui ti sei potuto confrontare in tutta la tua vita) clandestini non ne esistono.
Spesso noi vediamo solo l’occasione, la "fortuna", che per chi arriva dai paesi poveri rappresenta l’emigrazione, l’arrivare nel "primo mondo",
e non abbiamo idea di quello che si lasciano alle spalle,
di quanto costi, economicamente e emotivamente, partire,
di quanto sia difficile restare lontano, e non sapere quando (se) si potrà tornare…
Da una parte c’è la possibilità di migliorare materialmente,
dall’altra c’è il TUTTO di affetti e di relazioni.
Difficile dire cosa pesa di più sulla bilancia.
Tutte le realtà hanno diverse facce,
bisogna solo fare uno piccolo sforzo per vederle…
