Trasferimento per lavoro

 
Buongiorno,

le scrivo per avere un suo parere in merito alla situazione che sto vivendo negli ultimi anni.
Circa quattro anni fa, sposato da sei anni, fui costretto con l’aumento delle spese (mutuo, nascita del primo figlio) a cercare altro lavoro. Trovai una nuova opportunità in una città che sta a circa 250 chilometri dalla città coniugale. Mia moglie non mi ha mai seguito e mostrato interesse nella nuova esperienza lavorativa, conti che è stata solo una settimana all’anno. Lei non lavora e non ha mai avuto motivo di non seguirmi, ho sempre avuto una casa grande e capace di ospitarla col bambino.

Ora è arrivato il secondo figlio (un anno di età) e le cose si complicano, visto che soffro per la distanza dai bambini e il grande (quattro anni di età) soffre per la distanza da me. Ho parlato con lei spiegandole in mille modi come fosse importante stare tutti vicini ma non ho mai ottenuto nulla. La famiglia è mantenuta dal mio solo stipendio e sono costretto a viaggiare tutte le settimane per vedere i bambini. Il rapporto non è più solido come una volta e non andiamo più d’accordo come prima, le spese sono aumentate e mi viene difficile gestire due case (sulla casa coniugale esiste un mutuo, sulla seconda un affitto).

Cosa posso fare? Vorrei tanto averli vicini ma lei ha rifiutato sempre e ormai da quattro anni. Se andassi in giudizio cosa potrei ottenere? Ora come ora non posso lasciare il lavoro attuale, unico sostegno per la famiglia.

La ringrazio

Alberto G.
Gentile Alberto,
la situazione che lei descrive non è facile da risolvere.
Non esiste norma che possa obbligare sua moglie a seguirla nel trasferimento.
Esiste però la norma che obbliga i coniugi alla convivenza.
Il codice civile prevede anche che ciascuno dei coniugi, in caso di disaccordo, può chiedere senza formalità l’intervento del giudice, il quale tenta di raggiungere una soluzione concordata (art. 145 c.c.)
Se poi il disaccordo riguarda la fissazione della residenza, lo stesso art. 145 c.c. prevede che il giudice, su istanza congiunta dei coniugi, adotta la soluzione che ritiene più adeguata alle esigenze dell’unità e della vita della famiglia.
La competenza è del Tribunale del luogo in cui è stabilita la residenza famigliare o, in mancanza, del domicilio di uno dei due coniugi (art. 41 att. C.c.)
Queste le norme di diritto positivo da cui trarre lo spunto per capire come risolvere la situazione. Nel vostro caso, si tratterebbe precisamente di risolvere la questione relativa alla residenza familiare ma, in tale ipotesi, il ricorso al Tribunale prevede un’istanza congiunta dei coniugi.
Credo comunque che, se non riesce a convincere sua moglie magari con l’aiuto di un esterno (un professionista, per esempio, anche un legale) a trasferirsi con i bambini nel luogo in cui lei lavora (sempre valutando anche l’interesse dei minori, anche se, essendo molto piccoli, non credo si creino particolari ostacoli al loro trasferimento), non le resti che rivolgersi al Tribunale secondo quanto sopra indicato.
Questo, naturalmente, in assenza di una volontà di separazione, quindi nell’ottica del mantenimento dell’unità familiare.
Se invece la sua volontà è quella della separazione, allora ogni provvedimento inerente l’affidamento e le modalità di frequentazione con i minori, nonché gli aspetti economici conseguenti, verrà preso dal Giudice della separazione una volta instaurato il relativo procedimento.
In tale ipotesi, dovrà conferire mandato ad un legale per valutare le istanze da proporre in sede di separazione e farsi rappresentare nel relativo giudizio.
Buona fortuna.
Avv. Chiara Donadon

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