Diritti di un padre e modalità di affidamento

 
Buongiorno.

Il mio compagno è divorziato legalmente da circa un anno, ha un figlio di 10 anni – affidamento congiunto – e versava un assegno di mantenimento di euro 200 mensili. Da circa quattro mesi, poiché la mamma del bambino non si interessa molto di lui e lo lascia spesso a se stesso, hanno di comune accordo deciso di farlo vivere dalla nonna paterna pensionata, per una maggiore stabilità, dal momento che il padre fa i turni e vive da solo. Ma è pur sempre il padre che si occupa della gestione completa del piccolo (non versando più a lei il mantenimento), con l’unica eccezione che dorme quasi sempre dalla nonna. 

Il tribunale non è a conoscenza di questi cambiamenti e il mio compagno ha paura di affrontare l’argomento con l’ex moglie, che potrebbe decidere di riprenderselo e ricreargli instabilità. Per giunta lei ha deciso a priori di continuare a prendere gli assegni familiari che, dice, verserà su un conto solo del bimbo. Abbiamo possibilità di ufficializzare il tutto senza correre il pericolo che il bambino torni da lei, visto che così è molto più sereno? Se si riuscisse a risolvere il tutto, il padre avrebbe diritto ad avere un aiuto economico dalla ex visto che è regolarmente assunta? 

Grazie mille.

Vita
Cara Vita,
onestamente la situazione di questo bambino mi lascia perplessa. 
Adire il Tribunale per ufficializzare le nuove modalità concordate nella gestione del bambino – cosa che, legalmente parlando, sarebbe la più corretta – potrebbe innescare una reazione sfavorevole laddove il Tribunale ravvisi che nel caso di specie vengono violati i diritti del minore. Il Tribunale, infatti, dovrebbe (il condizionale è d’obbligo, viste certe prassi dei Tribunali) verificare se le nuove modalità sono congrue rispetto all’interesse del minore (che, di fatto, mi sembra "scaricato" alla nonna). Diversamente, il Tribunale potrebbe non avallare gli accordi e decidere autonomamente quale sia la modalità di affidamento/gestione migliore nell’interesse del bambino.
Lei asserisce che il bambino così è sereno ma, verosimilmente, il Tribunale vorrà verificare se sia realmente così, sottoponendo di regola il minore a perizia.
C’è poi il rischio – sulla cui attualità però non posso dire, visto che ho una visione limitata delle circostanze di fatto reali – che l’atteggiamento della madre o, addirittura, di entrambi i genitori, sia considerato pregiudizievole per il minore. Ciò potrebbe accadere solo se nei fatti si ravvisasse una sorta di "abbandono" ovvero di "deresponsabilizzazione" dei genitori o di uno di essi nella gestione e nell’accudimento del minore.
Mi viene spontaneo chiederle cosa significhi che la madre da qualche mese non si interessa molto al bambino: lo vede il figlio? Lo tiene con sé quando non è al lavoro? Perché non dorme a casa con la mamma? Fa i turni anche lei? Insomma, soprattutto in relazione alla posizione della madre, c’è da capire cosa impedisce a questo bambino di risiedere stabilmente con uno dei due genitori, e quindi perché è obbligato a dormire prevalentemente a casa della nonna paterna.
Ovviamente queste domande se le porrà anche il Tribunale una volta che lo stesso sia adito.
Consiglio al suo compagno (e anche alla madre del bambino, se è interessata al proprio figlio) di rivolgersi ad un legale, il quale, venendo a conoscenza dei dettagli di tutta la situazione, possa consigliarvi nel migliore dei modi per la tutela sia dei diritti del bambino che di quelli del suo compagno.
Saluti
Avv. Chiara Donadon

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