Il dolore di un lutto e il cambio di personalità di una mamma

Gentile dottoressa,
le scrivo perché mi sento proprio senza forze, senza più energie per affrontare momenti difficili.
Negli ultimi tre anni ho affrontato molti eventi che mi hanno creato molta insicurezza, come se la terra sotto i piedi si sgretolasse, come se tutto quello che nei passati trent’anni ha contribuito a formare la mia persona, d’improvviso non avesse più importanza né fondamento.
Tutto iniziò tre anni fa quando improvvisamente all’età di 56 anni mio padre fu colpito da un infarto.
Da lì, oltre a dover superare il dolore immenso per il lutto, ho dovuto scontrarmi con una figura materna fino a quel momento idealizzata e che si è manifestata l’esatto opposto della persona che fino a quel giorno mi aveva guidata nella crescita. Mia madre per me era un esempio, una persona infallibile, priva di difetti, una donna capace d’amare e che aveva come unico neo il fatto di essere molto timida ed estremamente riservata.
I miei genitori mi hanno cresciuto nel profondo rispetto per la famiglia. Mia madre è sempre stata molto dura e severa nel criticare chiunque non portasse rispetto per la persona che aveva a fianco e chiunque scegliesse di amare una persona che avesse già una famiglia.
Io sono fortemente legata e innamorata della persona che ho sposato e credo con tutta me stessa nella famiglia che insieme abbiamo creato (abbiamo tre splendidi bambini).
Tre mesi dopo la morte di mio padre, mia madre mi ha comunicato che si era rimessa in contatto con una persona conosciuta precedentemente a mio padre e da quel momento lei è diventata l’amante di questa persona, pretendendo da parte mia e di mio fratello l’accettazione e la condivisione delle sue scelte.
Da quel momento io ho perso anche mia madre, che ha cominciato a pensare solo a se stessa e alla sua nuova vita, negandoci anche la possibilità di condividere ricordi di nostro padre ma soprattutto negandoci l’affetto e le attenzioni partecipi che ci aveva riservato fino a quel momento.
Io e mia madre abitiamo a 400 km di distanza, perciò non pretendo né ho mai preteso aiuti che la impegnassero fisicamente, ma quello che fino ad allora c’era, cioè sostegno morale e la percezione di essere approvata nelle mie scelte di vita.
È difficile spiegare tutto quello che è cambiato, vorrei essere sintetica ed esaustiva ma non è semplice; mi sono accorta improvvisamente quanto "non perfetta" fosse mia madre e quanto in trent’anni mi avesse fatto percepire tutto quello che mi stava attorno solo con i suoi occhi, negandomi la possibilità di costruirmi un modo di vedere la realtà indipendente dal suo. Questo è avvenuto soprattutto in relazione a mio padre, che è stato sempre molto sottilmente criticato nel suo modo di essere e io non sono mai riuscita a vedere da sola quante qualità e aspetti positivi avesse la sua persona.
Mi sono riaffiorati alla memoria alcuni episodi vissuti in adolescenza in cui mia madre "usava" me come valvola di sfogo per criticare mio padre e io queste critiche le ho interiorizzate vedendo mio padre solo per i suoi difetti e le sue debolezze. Perciò addosso ho anche il grande rimpianto di non aver dato a mio padre la sensazione di enorme rispetto e affetto che provo nei suoi confronti.
Io sono cresciuta sentendo mia madre dire costantemente che la sua più grossa realizzazione siamo stati noi figli, che ha sempre amato il suo ruolo di madre e improvvisamente invece non perde occasione per farmi presente quanto dissenta dalle nostre scelte di avere una famiglia numerosa. Insomma, di fronte a me c’è un’altra persona, agli antipodi rispetto a quella che mi ha cresciuto.
Oltre a ciò, due anni fa è nato il mio terzo figlio, un bimbo splendido che però è nato con una malformazione congenita alla manina destra. Io da allora vivo con dei fortissimi sensi di colpa nei suoi confronti.
Inizialmente durante i suoi primi mesi di vita ero angosciata dall’idea che il suo problema potesse essere il sintomo più manifesto di una sindrome; dopo aver escluso ciò, sono iniziate le ricerche del centro medico per affrontare al meglio il suo problema. 
Abbiamo fatto due interventi riusciti e nei prossimi mesi dobbiamo affrontare una lunga e impegnativa fisioterapia a 150 km da casa, ma questo non mi spaventa, anzi, è quasi come se la mia fatica servisse a espiare chissà quale colpa. Ho bisogno di avere la sensazione di fare tutto il meglio per garantirgli la migliore funzionalità della manina.
Come se tutto questo non bastasse, un anno e mezzo fa è mancato anche mio suocero, fatto che ha comportato un inevitabile cambiamento in mio marito che con suo padre da vent’anni lavorava. 
Da quel momento, mio marito ha sviluppato una maggiore aggressività e durezza che gli servono nell’ambito lavorativo ma che porta anche a casa e io questi atteggiamenti li patisco. 
Spero di averle spiegato abbastanza esaustivamente tutta la situazione; oltre a tutto questo mi pare di doverle precisare che ho sempre vissuto tutto con la maggiore forza di reazione possibile cercando di non far mai trapelare ai bambini (come le dicevo ne ho tre, uno di cinque anni, uno di tre anni e mezzo e uno di due) la mia angoscia o il mio eccessivo sconforto e ora mi sembra di non aver più spazio per nascondere nulla!
La ringrazio anticipatamente per la sua attenzione.
Nina 


Gentile Nina,
quanta fatica essere figli!
Lo dico senza ironia, constatando come spesso la vita, attraverso le sue normali età evolutive, ci porti a rivisitare continuamente il nostro ruolo come membri di una famiglia, sia quella d’origine che quella acquisita, e come individui in perenne evoluzione.
La perdita di un genitore rimette sempre in discussione il nostro essere figli, perché ci induce in qualche modo a tirare le fila di un rapporto iniziato agli albori della nostra esistenza (addirittura,
iniziato per e da quella persona che non c’è più), e dunque ci induce a ricomporre una nuova auto-immagine, non senza sofferenza.
Se la perdita di una persona cara ci colpisce durante la gravidanza o il puerperio (come mi sembra sia accaduto a te), dobbiamo sommare il nostro dolore con la particolare situazione evolutiva della vita in cui ci troviamo, il passaggio da figlia a madre, o comunque la situazione di gravidanza; in questi casi il lutto, oltre ad essere particolarmente intenso, sottrae moltissime energie al resto della nostra vita, e viceversa non può essere vissuto a pieno perché tutto il nostro essere è impegnato ad allevare i figli.
Molto spesso l’equilibrio tra lutto e accudimento è molto precario, e le energie personali scendono "sotto i livelli di guardia".
Nel tuo caso, unitamente alla perdita del papà tu hai subito un altro lutto, forse peggiore dal punto di vista psicologico, legato alla rivelazione di una nuova figura materna, completamente diversa rispetto all’immagine materna originaria.
Questo grande cambiamento della tua mamma è forse la nota stonata di tutto il quadro, perché viene a mancare l’appoggio e la possibilità di condivisione del lutto di tuo padre.
Come figlia, tu vorresti poter "contare" sulla mamma, che però "sfugge" al suo ruolo, inventandosene uno completamente diverso.
È piuttosto difficile, per una persona sola, anche se brava e forte, riuscire a sostenere tutta questa raffica di eventi senza fatica e senza "stress", perché richiede di "smontare" idealmente il proprio albero genealogico e di rimettere a posto rami e caratteristiche con il minore danno emotivo possibile. In questi casi, un terapeuta esperto di relazioni familiari e di attaccamento (cognitivista o sistemico relazionale), può aiutare anche con poche sedute.
Ho volutamente lasciato per ultimo il commento sul piccolino.
Nina, da mamma a mamma, capisco quanto emotivamente stressante possa essere la presenza di un disturbo di un figlio, e so quindi che tutta l’energia viene incanalata lì.
Il percorso di riabilitazione è impegnativo, e traspare la sensazione di "difficoltà" legata al sentirti sola e senza appoggio nel dovere gestire tutta la situazione.
È proprio per il bene dei tuoi figli, e per il bisogno che i tuoi figli hanno di avere una mamma il più serena possibile e il più consapevole possibile, che credo sia giusto poter dare uno spazio a questa fatica, e poter chiedere aiuto per alleviare questo peso.
Non nascondere la tua stanchezza o la tua preoccupazione (i tuoi bambini, come tutti i bambini, hanno le antenne…), piuttosto manifestala, con amici e parenti, e condividi con loro anche praticamente, le cose da fare.
Prenditi uno spazio per stare coi tuoi figli, per il semplice gusto di stare, senza avere altro da fare, e prenditi SOLO per te, anche 10 minuti al giorno, per una buona lettura o per scrivere un diario (aiuta molto a riordinare le idee), per ascoltare una buona musica o per un massaggio.
Hai bisogno di tempo e di coccole, per ritrovare tutta l’energia che ti serve, e che, da qualche parte, aspetta di riemergere.
In bocca al lupo,
un bacino ai piccoli.

       

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