Depressione post parto e insicurezze

Gent.ma Dottoressa,

mi chiamo Alice e ho 27 anni. Sono mamma di un bimbo di 16 mesi, cercato e voluto con tutto il cuore.

Nato di 33 settimane, ha passato 15 gg in ospedale fra terapia intensiva e sub intensiva. Inutile dire che tutto quello che mi aspettavo rispetto alla nascita del bimbo è andato in fanteria, nel senso che tutte le mie aspettative romantiche circa il parto (fra l’altro non ho mai temuto i dolori del travaglio che ho affrontato con tranquillità), l’arrivo a casa, l’allattamento, ecc. non sono state appagate.

Razionalmente capisco e giustifico, ma molto probabilmente a livello emotivo questo deve essere stato per me un trauma. Da subito ho sentito un senso di necessità di allontanarmi dal bambino: volevo dormire sempre e non potevo, volevo mangiare a tavola ma non potevo, volevo farmi una doccia ma non potevo… Come tutte le mamme, ma a me sembrava insopportabile.

Nonostante questa sensazione, ho sempre fatto fronte a tutto e non sono mai mancata in nulla. La cosa che mi sembrava strana e che mi faceva sentire male, è che non trovavo sano provare queste sensazioni. Poi mio marito: i primi 3 gg che il bimbo è tornato a casa non ha alzato un dito. Ho dormito solo 3 ore in 3 giorni. Non si è mai alzato la notte, non ha mai preso il bimbo in braccio. Mi ha lasciato da sola e io avevo paura anche di respirare.

Ho quindi deciso di andare qualche settimana da mia mamma tutti insieme per farmi aiutare. È iniziato da allora un calvario con mio marito, che è sempre stato dolce e premuroso, che di colpo mi trattava male e a male parole (mi ha lasciato sola anche durante il travaglio e il parto e io, ingenuamente, non avevo fatto venire mia mamma con me per non offenderlo) e con mia mamma, che ha un carattere forte e una grande esperienza di bambini, che mi ha completamente schiacciato.

Volevo solo scappare. Io sono sempre stata una persona estremamente razionale e analitica e il non riuscire a sbrogliare la matassa mi ha mandato in tilt.

Ho sofferto molto dentro di me, avevo paura a stare sola col bambino, anche se non ho mai pensato di fagli male, volevo solo che stesse il più possibile con mia mamma o con chiunque altro era più competente di me perché mi sentivo davvero inutile.

Tutto questo nero si è parzialmente dissolto da quando, a 10 mesi del bambino, sono rientrata a lavoro. Sono tornata a vivere e subito il mio lato razionale si è ribellato a tutto quello che ho passato inconsapevolmente e mi sono messa a leggere e a cercare, riscontrando che i sintomi da me provati possono essere associati a una depressione post parto (quella che va oltre diciamo al baby blues) e sono comuni a molte altre mamme. Inutile dire che piano piano mi sono sentita meno mostro e più "affetta da patologia". Ho iniziato a capire ed accettare tante cose.

Purtroppo il rapporto con mio marito non è più quello di prima. Ho pensato seriamente di lasciarlo e non l’ho fatto solo per dare al bimbo una possibilità di avere una famiglia normale. Piano piano lui è cambiato tornando un po’ al suo normale e sta diventando sempre più bravo.

L’unica cosa è che l’amore sconfinato che provavo per lui, ora si è molto ridotto e sono diventata io più cinica e critica. Un po’ come dire, te non mi hai risparmiato nulla nel momento in cui avevo bisogno di te e adesso io non mi sento obbligata a trattarti con i guanti.

Mia mamma imperversa nella mia vita pretendendo e facendo come vuole, dato che mi guarda il bimbo tutto il giorno. Essere stata fondamentale per me quando mio marito mi ha abbandonata le ha dato una forza enorme sulla mia vita. Lei ha sempre teso al comando delle mie cose e ora ho di nuovo preso parte dell’emancipazione che avevo guadagnato andando via di casa col matrimonio e il resto.

Piano piano riuscirò ad affrontare anche questo. Mi dà forza sapere che con lei il bimbo il giorno è in ottime mani, è attenta, premurosa, lo stimola nel gioco e se non è proprio proprio in linea con le mie idee, pazienza, lei è un po’ più permissiva circa lo stare in braccio, il mangiare giocando, ma pazienza, quando il bimbo è con me si comporta comunque bene, adeguandosi a me o a mia mamma a seconda dei casi.

Il mio "problema", se così si può chiamare adesso, è che nonostante tutto, non è sparita in me la necessità ogni tanto di avere spazi per me. Mi sento terribilmente in colpa perché la mia persona non si esaurisce nel ruolo di mamma.

Il bimbo è bello, sano e buono, rispetto alla media della birbanteria che può avere un cucciolo. Lo amo immensamente, ma non mi completa. Cerco di spiegarmi meglio: credevo che una volta diventata mamma sarei cambiata anche io, trovando in un figlio tutto l’appagamento possibile, mentre in realtà i miei interessi di persona sono sempre gli stessi e ne sento comunque il bisogno.

Mi sento in colpa perché vado al lavoro, ma mi piace il mio lavoro e mi rende felice. Qualche volta vorrei uscire e mi chiedo: com’è possibile che mi venga voglia di uscire se devo pensare al bambino? Molto probabilmente il bimbo sente questo mio distacco perché non è attaccato a me come gli altri bimbi. Se siamo in casa io, lui e mio marito sì, ma se c’è mia mamma no. Lei gli fa fare sempre quello che vuole e si intromette spesso, quindi per il bimbo lei è buona, e io cattiva, e la preferisce.

Non posso per il bene del bambino e dell’educazione che gli voglio dare (che alla fine si limita per ora al mangiare tutti insieme a sedere e stare ogni tanto nel passeggino per fare una passeggiata, cosa che fa quando sono sola e che non fa quando c’è mia mamma) abbassarmi a cedere con mia mamma, ma questo mi fa stare male e mi fa sentire inadeguata.

Forse il mio non istinto materno è alimentato da questo conflitto e il bambino, avvertendolo, si allontana da me come in un cerchio. Non lo so, ma devo dire che di tutte le cose, sempre ben riuscite che ho fatto nella mia vita, per ora quella di avere un figlio è quella venuta peggio.

Spero tanto che quando il bimbo andrà all’asilo, il rapporto si riequilibri da sé, perché le ore che starà con me saranno di più di quelle in cui sta con mia mamma.

Oltretutto ho sempre avuto una maggiore affinità con i bimbi non proprio piccolissimi, capaci di giocare, inventare. Da ragazzina spesso ho fatto anche la baby sitter e i bimbi con me sono sempre stati bene, divertendosi un mondo. Forse il mio è ancora troppo piccolo per le mie capacità o forse il senso di responsabilità che ho per lui mi fa essere meno bambina nel rapportarmi al suo giocare. Mi sento sempre in esame ultimamente.

La ringrazio per la pazienza per leggere questo mio sfogo. Qualsiasi risposta o consiglio sarà estremamente gradito.

Un caro saluto,

Alice


Gentile Alice,

mi perdoni il ritardo ma ho avuto problemi con la posta elettronica.

Le sue parole sono parole di una mamma affaticata, così affaticata da perdere di vista l’obiettività che sempre ci serve quando dobbiamo risolvere un problema.

Nella sua lettera ci sono infatti molte critiche, molti giudizi, molti dubbi sulla sua capacità di madre, che rischiano di rendere il suo nuovo compito davvero pesante e sovraccarico.

Nella prima maternità le donne hanno la possibilità di imparare un nuovo ruolo, quello appunto di mamme, ruolo che non è una metamorfosi rispetto al passato, ma anzi, va ad intrecciare le diverse identità precedenti (moglie, figlia, persona) con una nuova identità, quella di genitore.

Questo passaggio obbligatorio per tutte, non sempre è così facile, soprattutto se la donna non si sente compresa e sostenuta nelle varie difficoltà dei primi mesi.

Lei mi racconta di un parto prematuro, che certo è un intenso momento di stress e paura, mi racconta di un rientro a casa tiepido, e di una crescente ansia, relativamente alla gestione delle cose di tutti i giorni.

La sua ansia e la carenza di aiuto, o la difficoltà a chiedere aiuto (aiuto che peraltro tutti dovrebbero dare, visto che il suo bambino è anche loro), hanno a mio parere condizionato la spontaneità nel rapporto tra lei e il suo bambino, che adesso sembra distante e distaccato.

Nessun bambino può essere distante dalla sua mamma, solo la paura o l’ansia ci fanno vedere il distacco là dove non c’è. Credo che suo figlio stia cercando di stabilire un rapporto con lei, e non è detto che debba per forza essere il rapporto più facile di tutti o più permissivo.

Lasciamo alla nonna il compito di fare la nonna (che magari vizia un po’ il bambino) e si prenda tutto il tempo necessario per stabilire un suo rapporto con questo bambino, in base a cosa lei sente di fare e alle reazioni del piccolo rispetto alle sue azioni. Ogni rapporto si fa in due, e ogni mamma ha sufficienti capacità per migliorarsi, sempre.

Per fare tutto questo, non dovremmo dare troppo spazio ai sensi di colpa e ai dubbi rispetto alla sua capacità di fare la mamma. Il fatto stesso che lei ci pensi e ne soffra, indica forse che l’origine del problema sta nella sua stanchezza e nell’ansia che prova, oggi, nel prendere le misure di questo nuovo ruolo.

Non è bene che il ruolo di mamma soffochi le altre sue identità, e certo è difficile, soprattutto nei primi mesi, trovare un equilibrio tra tutti i ruoli, aspettative e desideri.

La invito a ritrovare maggiore fiducia e curiosità nelle sue capacità di fare anche la mamma, e le chiedo una piccola rivoluzione: impari a chiedere aiuto, impari a parlare dei suoi dubbi (anche su questo forum, altre mamme potrebbero aiutarla), si dia come obiettivo il raggiungimento di un equilibrio tra aspettative e realtà. Anche se questo volesse dire rivolgersi a uno psicologo psicoterapeuta e intraprendere con lui un cammino verso la sua genitorialità.

Molti auguri,

Claudia

 

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