Angoscia d’abbandono e desideri simbiotici a 4 anni

Cara Chiaretta,

mi sono decisa a scriverti perché ultimamente non so come aiutare mia figlia.

Carlotta ha 4 anni e mezzo e frequenta il secondo anno di asilo.

Fin da quando aveva sei mesi, da quando cioè ho ripreso a lavorare, prima a sei ore e poi a otto, non ha più dormito una notte intera.

Finché era piccola si svegliava verso le tre o le quattro di notte e mi chiamava; adesso che è più grande e più autonoma, prende cuscino e orsacchiotto e si piazza nel lettone. Ma questo non le basta, cerca insistentemente il contatto con me, mi si appiccica addosso tentando di "riempirsi di me" in ogni modo. Ti lascio immaginare come passo tutte le mie notti dalle tre in poi ogni notte da quattro anni a questa parte!

Ma non è questo il problema più grande: le crisi, quelle serie, sono a scuola.

Lo scorso anno, il primo, ci sono state le classiche crisi di pianto al mattino quando la lasciavo che poi, bene o male, dopo cinque o dieci minuti passavano. Quest’anno era cominciato forse meglio, nonostante le siano state cambiate entrambe le maestre e nonostante quelle di quest’anno siano, come dire, meno partecipi, il primo mese era andato tutto sommato bene, vuoi perché la bimba è più grande, vuoi perché ormai le erano chiare le dinamiche casa/scuola/casa.

Poi, il crack.

Il 6 ottobre sono partita per un viaggio di lavoro di una settimana (le avevo spiegato tutto e sembrava aver capito che non sarei stata con lei in quei giorni) nel frattempo, lei si è ammalata ed è stata a casa per tutta quella settimana.

Al rientro, il dramma.

Ogni mattina (nessuna esclusa) da quel 13 ottobre, non solo si ripete la scena straziante in cui le maestre tentano di strapparmela dal collo in lacrime, ma almeno tre volte son stata chiamata per andare a riprenderla perché dopo due o tre ore continuava a piangere chiedendo di me.

Non vuole più rimanere a dormire dai nonni (neppure da mia suocera, la sua preferita!) non si addormenta se non è in braccio a me.

Insomma, è abbastanza evidente che è in piena crisi da abbandono! Io però non so come aiutarla, le ripeto spesso che le voglio bene e che non me ne vado più. Cerco di ritagliarci momenti a due di coccole e giochi. Non so cosa fare, la cosa mi angoscia molto perché è chiaro che, se sta così, è colpa mia e mia soltanto.

Cara Kiaretta,

prima di tutto togliamo il termine "è colpa mia" sia dalla conclusione della lettera che mi hai scritto, sia dai tuoi sentimenti. Sentirsi in colpa non solo non è utile ma è anche controproducente perché questa sensazione ci paralizza impedendoci di analizzare la situazione e agire di conseguenza.

Mi sembra invece che tu abbia ben descritto cosa è accaduto nella tua famiglia sia in passato che recentemente ed è da questo che partiremo insieme.

Quando i bambini evidenziano un sintomo dovuto alla separazione materna, esso va visto sempre come la congiunzione di una predisposizione di quel particolare bambino unita a un atteggiamento materno particolare: in parole povere vuol dire che la stessa condizione (ad esempio quella da te descritta) avrà effetti diversi a seconda delle personalità di mamma e figlio e della loro relazione.

Molti bambini reagiscono alla prima separazione dalla madre, che di solito avviene verso l’ottavo mese di vita, con una sindrome specifica detta "angoscia da separazione e paura dell’estraneo" che in molti casi sfocia in disturbi del sonno e/dell’alimentazione. In alcuni bambini più sensibili questa separazione (che non necessariamente è reale – nel senso che la madre non li abbandona di certo) produce i comportamenti di ricerca del contatto da te descritti e un forte senso di angoscia se essi non si possono realizzare.

Io comprendo molto bene lo stato in cui tu ti possa trovare in questo periodo, ma se il fatto di assecondare Carlotta non ti crea problemi particolari, il mio consiglio è quello di farlo, a seconda delle sue richieste e dei suoi bisogni regressivi.

Ciò vuol dire che non devi trattarla da piccola di proposito, né proporle contatti che lei non richiede, ma di essere prontamente responsiva ai suoi bisogni affettivi primari e desideri di unione con te.

Tieni conto che ogni fase dello sviluppo affettivo, se non vissuta, può anche essere apparentemente superata all’esterno, ma permane all’interno ed è destinata a ripresentarsi in futuro in modalità anche non particolarmente sane per l’età: in pratica, se tu convincessi Carlotta a comportarsi da grande con discorsi e parole normative, potresti anche avere successo ma a costo di reprimere in lei un bisogno fondamentale.

Credo sia consigliabile invece fare vivere a questa bambina i momenti simbiotici che richiede, darle ancora l’esclusività del vostro rapporto, essere per lei in modo incondizionato, come quando era neonata.

Questo senza ovviamente senza rinunciare a educarla e farla crescere per l’età che ha: sì l’asilo, se all’uscita ha l’assicurazione che avrà te e che non dovrà dormire con la nonna sinché lei stessa non lo chiederà; sì le regole già acquisite; sì promuovere la sua socialità, ma non spingerla per adesso a fare cose di cui non si sente. Ovviamente per un po’ di tempo cerca di non assentarti da casa la notte, se puoi. Dopo qualche mese di cure affettive, carezze, contatto, baci, vedi se la situazione evolve verso una sua maggiore autonomia personale e sociale.

La cosa migliore che puoi fare per Carlotta è darle la certezza, con parole e fatti, che ci sarai sempre, anche se ovviamente in alcuni momenti della giornata non potrete vedervi e lasciale, per quando non ci sei, un oggetto tuo – reale o simbolico – cui poter fare riferimento affettivo.

Se lo ritieni, scrivi anche alla Psichiatra e psicoterapeuta Dott.ssa Ravaldi per un ulteriore parere in merito.

Con affetto,

Chiara Rizzello

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