Urla e gelosia

Buongiorno, sono Fabio e sono padre di due bambini.

Pietro di 23 mesi e Carlo di 6 mesi.

Entrambi sono stati allattati al seno da mia moglie, Pietro in tutta tranquillità e per lungo tempo,  Carlo un po’ meno in tranquillità (per non destare troppa gelosia in Pietro che manifestava disappunto e quindi mia moglie doveva farlo quasi di nascosto) e fino al mese scorso (mantenendo solo le poppate che non vedevano il fratellino sveglio altrimenti obbligava mia moglie a smettere, tant’è che ha smesso).

Ma veniamo al problema.

Da un mese e mezzo circa, Pietro mostra un comportamento alquanto inusuale, mai avuto sino ad ora:

–          alterna, soprattutto con la mamma, momenti di morboso attaccamento a momenti di isterismo puro (urla, rossore, tremolio) se la vede scomparire dal raggio di azione, anche solo per fare la doccia.

–          Non vuole più il papà o altri (nonne) ma solo la mamma  nel momento di andare a letto per la nanna serale, e solo nel lettone non più nel lettino (momento che è sempre stato nostro, tranquillo, fra coccole e favola raccontata da me) nella sua cameretta ecc.

–          A metà notte viene sempre nel lettone (atteggiamento che non contrastiamo) ma vuole stare attaccato alla mamma, incollato in un abbraccio o addirittura steso sul suo corpo.

In mancanza di noi genitori questo comportamento è quasi inesistente e anche l’addormentamento, se capita,  avviene in tutta tranquillità e se deve esprimere un disagio, (ad esempio all’asilo) lo fa semplicemente piangendo senza urlare.

Premetto che il bambino, da circa un mese e mezzo, ha iniziato l’asilo nido, al mattino per 3 ore e mezza e si ferma per il pranzo. Asilo che, dopo un primo momento di smarrimento, pare, a detta anche delle insegnanti, abbia accettato e sia riuscito ad inserirsi bene.

Altra cosa importante da aggiungere è che Pietro non ha ancora iniziato a parlare, ci sente bene, capisce tutto, si spiega benissimo con i segni, le espressioni e la gestualità, ma dice solo papà, mamma, chicchi, e qualche altra parola. Il pediatra in tal senso ci ha detto di non preoccuparci e di aspettare i suoi tempi, ma la cosa che ci mette "ansia" sono le urla.

Urla che sono potentissime e che esprimono dal disappunto, alla rabbia, al pianto e che lui ha capito che ci danno fastidio e a volte capiamo che urla e poi ride, consapevole di fare qualcosa che "non ci piace".

È un bambino vispo e coccolone, alla sera quando rientro e mi vede, mi accoglie facendomi segno che mi viene il mal di testa (cosa che io gli dico spesso quando urla), e che mi fa male la guancia (dove magari mi ha graffiato il giorno prima), da questo ho capito che lui è ben consapevole di quel che fa, ma evidentemente mi sta dicendo qualcosa, e non parlando lo fa con gli strumenti a sua disposizione.

Noi come genitori siamo un po’ preoccupati, non tanto per il linguaggio, (io ho iniziato a parlare attorno ai  tre anni), ma per le urla che francamente ci esasperano e ci poniamo soprattutto dei dubbi circa l’atteggiamento da tenere con lui, soprattutto nel momento in cui urla: dobbiamo essere permissivi? Duri? O ignorarlo? (questa terza opzione è praticamente impossibile senza impazzire).

Ultima cosa, non indifferente, ci sentiamo di trascurare un po’ il piccolo Carlo, per non dare adito alla gelosia di Pietro.

La ringrazio e attendo la sua risposta.

 

Fabio

(A onor del vero, ieri sera, proprio quando meditavo questa lettera, lui è tornato ad addormentarsi con me senza opporre resistenza, come il più coccoloso dei bambini)


 

Caro Fabio,

beh, do del tu anche a te, come faccio con tutte le mamme: colpa del web, quando visito a studio do del lei, visto che ricevo del lei, ma nel web, ognuno è a casa propria, mi sembra meno formale e più rilassante.

Il povero Pietro, in pochi mesi, ha dovuto metabolizzare: 1) la sua nascita, 2) il primo distacco dalla mamma quando ha cominciato a camminare ( a occhio e croce deve avere imparato presto a camminare, almeno da quello che mi sembra di leggere tra le righe ) 3) l’annuncio dell’arrivo di un fratellino, 4) l’arrivo vero e proprio del fratellino, 5) il secondo distacco dalla mamma con l’inserimento al nido proprio nel momento in cui, non solo stava elaborando piano piano il significato esistenziale della condivisione dello spazio famigliare con un fratello e magari cominciava già a prenderci gusto- visto che a 5-6 mesi i lattanti amano giocare con i fratelli più grandi, ridono e partecipano sufficientemente a quanto li circonda perché conoscenza e comunicazione abbiano luogo- ma quando ancora "l’altro", l’intruso, ha ancora totale monopolio delle braccia materne per necessità, mentre lui, "ormai grande" "può" farne a meno, perché sa fare da solo ormai mille cose! 6)  un’analoga lotta per la conquista dello spazio vitale all’asilo assieme a nuovi compagni!

Con tutte le dovute proporzioni, prova a pensare come ti sentiresti tu se un giorno, tornando a casa, la persona che ami di più al mondo ti dicesse che da quel momento, senza possibilità di replica, devi accettare di dividerla con un altro, si, proprio un altro e non un’altra; che quest’altro entrerà a breve dentro casa, la tua casa, la vostra casa, e non avendone altre e non potendo vivere da solo, rimarrà per sempre tra i piedi! Prova a pensare che magari, in quel momento, tu non hai neanche un lavoro, oppure sei invalido e dipendi al 100% da chi ti sta tradendo e non puoi nemmeno scappare per rifarti una vita! E come se non bastasse, quando cerchi di replicare, di fare intendere le tue sacrosante ragioni, i tuoi interlocutori, anche se fanno finta di capirti, non fanno nulla di quello che vorresti per tornare ad essere felice, anzi, si tappano le orecchie e dicono di avere mal di testa e per di più, sostenendo che in fondo, visto che non può farti che bene, in un certo senso ti "cacciano" di casa con spiegazioni che non ti convincono più di tanto per mandarti in un posto dove, al posto di elaborare la condivisione dello spazio con una sola persona, cosa che stavi già cominciando a fare, devi fare la stessa fatica moltiplicata per 10 o 20 o più!

Naturalmente, come avrai capito, ho esagerato. Ma quando hai un attimo di tranquillità prova a metterti nei panni di Pietro, prova soprattutto a vedere il mondo in generale e gli avvenimenti di questi ultimi mesi proprio con i suoi occhi, spogliandoti di tutto, delle tue responsabilità, delle tue stanchezze, dei tuoi dubbi, delle tue certezze…Fatti piccolo piccolo…Come se potessi azionare una moviola o agire in play-back, prova a rivederti bambino..Se hai altri fratelli più piccoli, prova a ricordare i tuoi vissuti in un’età simile a quella di Pietro, anche se è difficilissimo visto che è ancora l’età della memoria implicita, degli avvenimenti che la coscienza rimuove anche se la memoria conserva.

Anche se adesso mi pare di capire che la normalità si stia facendo strada piano piano, non soffrire e non offenderti se Pietro cerca la mamma nonostante la tua dolcezza e la tua disponibilità serali. Non è che non ti vuole bene o ne vuole di più alla mamma. Solo, in questo periodo ha bisogno di ricucire delle ferite che solo la mamma sa guarire. In un certo senso ce l’ha più con lei che con te.

Il padre-mammo è una figura preziosissima soprattutto nei primissimi tempi, quando i ritmi della vita sono talmente stravolti e il nuovo nato ha necessità di attenzioni talmente costanti che quattro braccia sono benvenute. Ma adesso Pietro, pur continuando ad avere bisogno di tutti e due, chiede ruoli distinti: dalla mamma recupera sicurezza, benessere e quel particolare amore incondizionato che ha conosciuto nei primi tempi e che adesso è tristemente "anche" per qualcun altro; dal papà vorrebbe l’esempio di quel coraggio e di quella saggia solidità che sente necessari per affrontare il mondo esterno, quel mondo allargato nel quale è stato, suo malgrado,catapultato e che, in fondo in fondo, nonostante tutto, comincia ad amare.

Strilla queste sue emozioni più forte che può perché il linguaggio ancora non lo aiuta ad esprimerle e tantomeno lo aiuta a formulare i concetti mentali più elaborati. Ma proprio per questa scarsa capacità di analisi e di inquadramento sono emozioni travolgenti che lui esterna con urla altrettanto travolgenti che scaricano tensioni mal espresse e attirano attenzioni troppo a lungo desiderate.

E’ ovvio che avete e state facendo tutto quello che è umanamente possibile per gestire la situazione e non penso proprio che stiate sbagliando in qualcosa. Ma l’elaborazione di tutti questi stati d’animo deve avere la durata necessaria. I tempi della consolazione non sono programmabili, né dall’interno né dall’esterno. I napoletani direbbero: "a da passà a nuttata" e loro, si sa, da sempre sono fatalisti!

Come papà, cerca di giocare con lui più che puoi; esci con lui, voi due da soli. Fallo sentire di nuovo unico, insegnali una nuova forma di unicità: quella di tutti noi che siamo esseri viventi. L’unicità della mamma l’ha già sperimentata. A te ora insegnargli la sua che non è affatto diminuita con l’arrivo del fratellino, anzi, si è rafforzata, perché i mesi sono passati e lui, crescendo, sta imparando tante cose, e tutte queste nuove competenze potrà insegnarle al fratellino, che la strada che ha  fatto Pietro ancora la deve percorrere… Accompagnalo tu all’asilo, se puoi, e quando puoi vallo a riprendere, così potrà raccontarti molte cose, a modo suo, s’intende, ma in fondo, anche a gesti, l’essenziale è capirsi. Per le formalità c’è ancora tempo.

I bambini iniziano a parlare né più né meno che quando sono pronti per farlo. Accertato che non abbiano deficit di udito, che comunque a questa età si sarebbe già ipotizzato, la familiarità gioca un ruolo importante. L’asilo farà il resto, non temere.

La mamma deve avere pazienza ancora per un po: Pietro non aveva ancora ultimato il suo processo di separazione dalla lei quando è nato il fratello. Ora è tornato un po indietro. Un delicato lavoro di cesello tra il concedergli il lettone con grande contatto corporeo materno e nuovi tentativi di riaddormentarsi nel suo lettino con la mamma presente fisicamente ma staccata da lui…Pretendere obbedienza ma solo dopo avere concesso…Prima di chiedere bisogna dare, dare, dare mille volte…Ma questo lo si impara da adulti. I bambini, per fortuna, ancora non lo sanno… Buona fortuna! Daniela

P.S. non penso che stiate trascurando il piccolo: lui, in fondo, è più fortunato: è nato nel caos, entrare nel mondo non gli sembrerà poi così strano…  Se Pietro fosse stato una femmina forse le cose si sarebbero svolte in modo più tranquillo. Le femmine, crescendo, si innamorano del padre, e per loro, in un certo senso, è più facile il distacco dalla mamma.

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