Sempre attaccata al seno

Gentile dottoressa,

ho una bambina di 1 mese che pesa 3,5 kg, la allatto al seno a richiesta… ma c’è un piccolo problema… quando è sveglia passa tutto il tempo attaccata al mio seno!
Se la tengo 15 minuti per parte come mi ha consigliato il pediatra non le basta e piange finché non la riattacco.
Non riesco a capire se è un vizio o una necessità, è normale secondo lei che se sta quattro ore sveglia almeno due le passa attaccata?

È normale che a poche settimane di vita un lattantino senta il bisogno di ricreare il più possibile la situazione di totale simbiosi con la mamma da poco tempo interrotta dal taglio del cordone ombelicale ed è altrettanto normale che a questa età lo faccia con lo strumento più valido che ha, cioè con la suzione. Il latte caldo e dolce poi è sommamente gratificante così come la percezione del calore del corpo della mamma, del suo odore familiare e del contenimento rassicurante delle sue braccia.

Ciò non toglie, però, che, punto primo, non sempre i lattanti piangono per fame o per bisogno di contenimento: a volte si tratta soltanto di uno scarico energetico, di un modo, non solo per comunicare, ma per togliersi di dosso le tensioni emotive dovute alla valanga di nuove esperienze e sensazioni che la vita gli sta regalando, così diverse da quelle provate in utero. Questo scarico energetico, questo bisogno di comunicare emozioni, non sempre necessita di essere calmato o inibito tappando la bocca con ciuccio o capezzolo.

Nello stesso tempo la mamma deve avere fiducia in se stessa e deve imparare a non vedersi solo come mamma mammella ma anche come mamma che sa accogliere e gestire con serenità le emozioni espresse dal suo piccolo, che sa imparare a riconoscerle e a dare ad ognuna di loro una risposta precisa ed adeguata. Se è vero, infatti, che il seno può rappresentare la panacea e la soluzione a tutti i problemi e pianti di un neonato, non è altrettanto scontato che sia ogni volta la risposta più giusta. Pertanto ci vuole buon senso, serenità e un pizzico di fantasia. Che la mamma debba mettersi a completa disposizione del suo piccolo nelle prime settimane di vita è vero ed è altrettanto vero che non esistono regole univoche nella conduzione di un allattamento al seno; però è altrettanto vero che una mamma non può esaurirsi tenendo il suo piccolo sempre attaccato al seno ad oltranza.

Quindi, se orologio e bilancia non servono per una corretta conduzione di un allattamento, possono comunque essere elencati alcuni punti basilari: durata di ogni poppata: il bimbo deve essere tenuto attaccato ad un seno fintanto che la sua suzione è regolare, ritmica e produttiva, cioè fintanto che la mamma sente che il piccolo tira il latte e, ogni 4 o 5 tirate, lo deglutisce. Quando la suzione, dopo 15, 20, 25 minuti, da nutritiva si trasforma in ciucciata gratificante ma senza più tiraggio di latte, cioè quando il seno è stato svuotato, piano piano, il bimbo deve essere staccato in modo da potergli offrire l’altra mammella, alla quale rimarrà attaccato fintanto che non si addormenterà oppure mediamente lo stesso tempo del primo seno.

Tra una poppata e l’altra, ammesso che le mammelle siano state adeguatamente svuotate, sarebbe necessario un intervallo minimo di due ore e mezzo e massimo di tre ore e mezzo per due motivi: in meno di due ore, due ore e mezzo la mammella non ha tempo di riempirsi nuovamente in modo soddisfacente, mentre se l’intervallo tra le poppate supera regolarmente le 4 ore, non vi è stimolo ottimale per la produzione costante della prolattina ipofisaria, ormone la cui secrezione è stimolata tra l’altro anche dallo svuotamento completo delle mammelle durante la poppata.

Nell’arco delle 24 ore il numero di poppate di un lattante può quindi variare, ma dovrebbe non essere inferiore a 6 né, a mio avviso, superiore a 10, proprio per i motivi accennati prima. Nell’arco di queste 24 ore, poi, sarebbe opportuno, sia per la mamma che per il bimbo, che vi fosse un periodo di riposo continuativo di sei ore, a qualsiasi ora del giorno o della notte, per favorire un adeguato riposo alla mamma e all’intestino del piccolo dato che anche il sonno oltre alla suzione frequente, stimola la secrezione ipofisaria della prolattina.

Dato che gli orari delle poppate non sono imponibili categoricamente ad un lattante, è bene che la giornata sia scandita da vari eventi come una o due passeggiate al giorno fuori casa di un’oretta almeno, un bagnetto quotidiano sempre alla stessa ora, un momento di intima e intensa comunicazione tra mamma e bambino costituito da massaggio infantile o coccole tranquille non comprendenti però l’allattamento, un momento di interazione con altre persone oltre che papà e mamma e così via. Il bambino con il pianto intende comunicare un bisogno, si, ma anche una emozione, pertanto non bisogna avere eccessiva fretta di tappargli la bocca quando piange o strilla perché questo serve alla mamma per imparare a riconoscere i vari tipi di pianto del piccolo in modo da dargli risposte sempre più precise e al bimbo ad elaborare questa sua emozione, questo suo bisogno, in modo da capirlo sempre meglio man mano che passa il tempo e in modo anche da imparare a meglio godere della sua soddisfazione una volta che la mamma o chi lo accudisce riesce ad interpretare correttamente la richiesta e a dare di conseguenza la risposta giusta al problema che non sempre è di tipo nutritivo. Il bimbo, in questo modo, imparerà meglio a conoscere e a riconoscere i suoi stati d’animo e la mamma imparerà meglio, oltre che a decodificarli con sempre maggior precisione, a sostenere il pianto del suo bimbo senza farsi sopraffare dall’ansia di farlo smettere e di tappargli la bocca con il suo seno.

Ma questo non avviene in poco tempo e nessuna donna nasce mamma, ma lo diventa solo con l’aiuto che saprà darle il suo piccolo oltre alle persone che le stanno accanto.

Un caro saluto, Daniela

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